giovedì 29 novembre 2012

Il nostro western è in libreria!

Carissimi, la normale collocazione di un libro appena uscito sono gli scaffali di una libreria. O forse è meglio dire sarebbero, vista la difficoltà con cui la narrativa della piccola editoria indipendente arriva all'attenzione dei distributori. Ebbene, dopo anni di vendite online (delle quali comunque, non ci lamentiamo, anzi), i nostri romanzi arrivano nelle librerie vere. ora, è chiaro che per vederli dovrete guadare fiumi di Bruni Vespa, di ricettari con la divetta del momento, di bibliotecari incazzati nei cimiteri maledetti, di sfumature erotiche assortite, ma i nostri romanzi CI SONO!
E qui sotto trovate la lista delle librerie romane dove potete entrare, prenderli e arrivare alla cassa. Figo, no? ;-)



Elenco librerie di Roma:

DPE                                     Viale Somalia 50/A

Fastbook                           Via di Tor Vergata 432

Feltrinelli Appia                      Via Camilla 8/C

Feltrinelli Argentina         Largo Torre Argentina

Feltrinelli Babuino                 Via del Babuino 40

Feltrinelli Chigi                                Centro Commerciale in Galleria Sordi

Feltrinelli Giulio Cesare                 Viale Giulio Cesare 88

Feltrinelli Libia                                Viale Libia

Feltrinelli Marconi                           Viale Marconi 176

Feltrinelli Orlando                           Via Vittorio Emanuele Orlando

IBS.it (ex Melbookstore)                Via Nazionale 254

Mondadori Appia                            Via Appia Nuova 51

Mondadori Cola di Rienzo             Piazza Cola di Rienzo 81

Mondadori Romanina                     Via Enrico Ferri 8

Adesso non avete più scuse. Sapevatelo.

lunedì 26 novembre 2012

Cronisti cronici apocalittici (incogniti): Ulissa Erre

Disse di sé: Ho scelto di chiamarmi Ulissa Erre. Altezza 1.55 per 58 kg.
Possibilista, curiosa, lettrice accanita e onnivora, da sempre cerco di esplorare i territori dell’anima e della psiche in modo trasversale, in bilico fra scetticismo e fantasia. Non mi precludo alcuna strada con la speranza di incontrare, un giorno, il divino, la piccola particella di Dio che scorazza nell’Universo. Ambizione assurda, certo, ma si deve pur avere uno scopo nella vita.
Spero che l’umanità rinsavisca e la smetta di sentirsi in diritto di distruggere il pianeta e gli altri viventi. Perciò tifo per gli animali e per la Terra che ci subiscono, incolpevoli. Dovesse continuare così, specie in Italia, con i disastri ambientali e tutto il resto, altro che profezia Maya. Ci vorrebbe davvero un Dio biblico. Anzi, due.
Penso che più importanti di me, siano le parole, i concetti. Perciò preferisco sia il mio scritto a essere in primo piano, se dovesse piacere.
Diciamo di lei: Il racconto "Fine del mondo in 3D" ci piacque, anche se gli occhialetti per la visione non ce li ha forniti. Se dovessimo indire un concorso sull'autrice più misteriosa lo vincerebbe senza ballottaggio. Nonn sappiamo chi sia, dove sia, che faccia. Dice che verrà a una qualche presentazione, senza specificare quale. Di sicuro non è lei il misterioso scrittore Rizzoli Perboni. Tutto il resto è... Mistero (e qui parte la canzone di Enrico Ruggeri)

martedì 20 novembre 2012

Quanto vale una vita

È di venerdì scorso la notizia che il professor Umberto Veronesi, uno che di valore della vita se ne intende, ha deciso di sostenere la campagna a favore dell’abolizione dell’ergastolo. Risale a giovedì scorso la prima udienza del processo d’appello a carico di Salvatore Capone, sergente dell’Aeronautica, condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio volontario aggravato ai danni della moglie Maria Rita Russo e il tentato omicidio dei loro due bambini di tre anni. La difesa vuole ottenere la riduzione della pena sulla base di una nuova perizia psichiatrica che vorrebbe Capone incapace di intendere e di volere al momento dei fatti. E risale allo scorso 11 novembre la morte di Antonetta Paparo uccisa con quattro stilettate al cuore dal marito, Pasquale Iamone, in circostanze ancora da chiarire. Sostiene il professor Veronesi, poiché il nostro cervello ha cellule staminali che possono colmare il vuoto lasciato dalle cellule cerebrali che scompaiono, che il carcerato dopo 20 anni può essere una persona diversa da quando ha commesso il reato. “Dunque l’ ergastolo non risponde al bisogno di giustizia” argomenta, “ma a quello di vendetta, per soddisfare la reazione istintiva ed emotiva dei cittadini. Ma non risolve il problema reale, che è quello di vivere in un Paese civile e avanzato, in cui la sicurezza individuale è tutelata da una giustizia equa.” Come abbiamo già detto, Veronesi, impegnato da decenni nella lotta contro il cancro, è  persona che ben conosce il valore della vita. E lo rispetta, come tutti noi dovremmo rispettarlo. Ma il sergente Capone, che adesso invoca l’infermità mentale, ha dato fuoco a sua moglie alimentando le fiamme con la benzina acquistata il giorno prima. E Pasquale Iamone, che dice di aver ucciso Antonetta per esaudire il desiderio che lei aveva di morire, teneva in macchina uno stiletto. Quanti di noi hanno una tanica di benzina pronta in garage o uno stiletto nel portaoggetti dell’auto? Maria Rita Russo aveva due bambini di tre anni. Antonetta era madre di un bimbo. Melania Rea non vedrà mai crescere la sua bambina. Madri che mancheranno ai loro figli e noi, fortunati, non sapremo mai quanto. Figlie che mancheranno ai loro genitori costretti a sopravvivere al danno supremo. Le vite del sergente Capone, del caporal maggiore Parolisi e di tutti coloro che sono stati condannati all’ergastolo, meritano rispetto. Hanno un valore. Sono senz’altro vite defraudate del loro naturale sviluppo, anche ai sensi del dettato della Costituzione che, ci ricorda Veronesi, “all’articolo 27 recita che le pene devono essere tese alla rieducazione del condannato. Ma per chi è condannato a morire in carcere, il futuro si consuma nei pochi metri della sua cella, e senza futuro non ci può essere ravvedimento.” Ha ragione. Loro, i colpevoli, potranno cambiare e ravvedersi. La vita delle loro vittime, invece, sarà svanita. Come non avesse valore.

Laura Costantini

sabato 17 novembre 2012

Cronisti cronici apocalittici: Donatella Righi

Dice di sé: vive da sempre in provincia di Reggio Emilia, a ridosso del fiume Po, per il quale nutre un’infatuazione inesauribile pur sognando costantemente esperienze in altri lidi. 
Svolge la professione di insegnante presso una sperduta scuola primaria di campagna, dove è ancora possibile fare capriole in giardino e andare in cerca di girini e tritoni nei canali,  oltre che imparare a leggere, scrivere e far di conto.
Scrive pigramente racconti che poi abbandona nei cassetti o negli interstizi del computer, finché, pungolata da amici, non decide di arieggiarli offrendoli in lettura.
Le piace scrivere in modo cooperativo avvalendosi di altre mani, quattro ma finanche 26, e con queste ultime ha partecipato alla stesura di un romanzo collettivo, “Malta femmina” Ed. Zona, scritto esclusivamente attraverso scambi di posta elettronica con 13 donne sconosciute, disseminate in tutta Italia. Alcune sue poesie sono contenute in raccolte di vari editori (Perrone, Aletti) e collabora più o meno attivamente con il lit-blog  “Viadellebelledonne”.
Diciamo di lei: Misteriosa e sfuggente e in questo non è certo sola nel gruppo dei 25 autori delle Cronache dalla fine del mondo. Di sicuro il suo "Sole notturno" splenderà alto nei cuori e nelle menti dei lettori prossimi venturi, spandendo raggi di pessimismo cosmico su ciò che ci aspetta dopo la data fatidica. Resta la curiosità di capire come sia possibile scrivere un romanzo a 26 mani a botte di e-mail e (lo diciamo forti dell'esperienza da giurati di questa selezione) non a botte di mazza da baseball.

venerdì 16 novembre 2012

Riflusso al femminile

Negli anni ’80 del secolo scorso andava di moda la parola riflusso. L’immagine che suggeriva era quella di una marea che, dopo essere salita al massimo, tristemente si ritrae lasciando solo detriti. All’epoca il riflusso riguardava l’impegno politico e le contrapposte ideologie dopo gli anni di piombo. Tempi lontani. Ma oggi si potrebbe tornare a parlare di riflusso e lo spunto potrebbe fornircelo quella che è stata la foto della scorsa settimana. Barack Obama è stato rieletto, come tutti sappiamo. In molti in Italia hanno gioito e si sono commossi davanti alle parole immediatamente post-elezione. Quelle dedicate a Michelle e che sono la perfetta didascalia della foto di cui sopra. Barack in maniche di camicia che abbraccia Michelle. Lui, ovviamente, porge il volto all’obiettivo. Michelle è di spalle. Perché, è risaputo, dietro ogni grande uomo c’è una grande donna. La cui importanza è riconosciuta. “Non sarei l’uomo che sono se 20 anni fa non avessi sposato Michelle”, ha dichiarato il neo-eletto presidente degli Stati Uniti. Ma riconosciuta a patto, appunto, che la grande donna resti alle spalle del grande uomo. Riflusso. Rifluiscono verso il focolare le manager in carriera americane, ammettendo la sconfitta. Perché una donna, nel secondo decennio del terzo millennio, ormai lo sa che non si può avere tutto: casa, amore, figli, successo personale. A una cosa si deve rinunciare e sarebbe egoistico farlo per aspetti dell’esistenza che coinvolgono terze persone (casa, amore, figli). Quindi via il successo personale. Via il lavoro. Via gli obiettivi di realizzazione. Via l’indipendenza. Così succede, come racconta Natalia Aspesi in un editoriale di domenica scorsa, che il film ebraico ultraortodosso “La sposa promessa”, in uscita questa settimana ma visto in anteprima alla Mostra di Venezia, abbia “sedotto e turbato” le donne presenti. Scopriamo così dalla penna di una donna di acuta e ironica intelligenza qual è la Aspesi, che la regista del film si chiama Rama Burshtein, ha 46 anni. Era laica e americana, oggi è ortodossa ed ebraica, ha cinque figli, come prescrive la legge ebraica, obbedisce al marito e al rabbino ed è felice. Talmente felice che “dovunque l film venga proiettato, conquista soprattutto le donne, per lo meno quelle che cominciano a sentirsi affaticate dalla loro indipendenza”. Per la cronaca, il film racconta di una ragazza cui i genitori scelgono il marito in una società dove le donne vivono separate dagli uomini, si sposano vergini con uno sconosciuto e lo rendono padre di quanti più figli possibili mentre lo servono e lo riveriscono ben chiuse in casa. Dopo i contratti sadomaso, le sottomesse e i dominatori, scopriamo che le donne italiane anelano a rifluire in massa nell’apartheid sessista delle religioni più estreme. Stanche come sono di lottare per una parità che sembrava a portata di mano solo pochi anni fa. Poi la marea si è ritratta e Cenerentola è tornata di gran moda.

Laura Costantini

martedì 13 novembre 2012

Progetto Scrivere Donna: Barbara Risoli

Barbara è una scrittrice di romance storici. E' appena approdata al self-publishing sulla piattaforma digitale di Amazon con il suo romanzo (già pubblicato in cartaceo anni fa) "Il veleno del cuore"

Hai mai avuto la sensazione che il tuo essere donna potesse, in qualche modo, ostacolare/favorire la tua passione per la scrittura?

Assolutamente no. Non concepisco la superiorità/inferiorità presunte della donna rispetto all’uomo e viceversa. Non sono femminista e neppure vittima del mio sesso, semplicemente uomo e donna sono diversi, è come parlare del giorno e della notte che comunque si compensano. Se dovessi trovarmi davanti a un simile dilemma, il problema non sarebbe mio...

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lunedì 12 novembre 2012

SCRIVERE DONNA, le linee guida

So che saranno molte le voci contrarie. Ma ritengo che, così come esiste nella società italiana di oggi, una questione femminile sia viva e presente anche nel mondo rarefatto dell’editoria. Non sto preparando il terreno per le quote rosa, cui non credo neanche dal punto di vista economico, politico e sociale. Ma ci sono dei dati di fatto sui quali vale la pena ragionare. Entrate in libreria e girate tra gli scaffali, focalizzate i libri esposti e, così a colpo d’occhio, cercate di quantificare quanti nomi di autori e quanti nomi di autrici. Vi accorgerete, soprattutto in ambito italiano, che sono molti di più gli autori. Poi allargate il punto di vista e concentratevi sulle persone che, come voi, circolano tra gli scaffali, prendono volumi, vanno alla cassa e acquistano. Senza troppo sforzo vi accorgerete che sono soprattutto donne. La dicotomia esasperata che ne potrebbe uscire è: gli uomini scrivono, le donne leggono. Ma solo la seconda parte della frase si avvicinerebbe alla realtà. Le donne leggono. In un paese come il nostro, dove i lettori cosiddetti forti sono una sparuta, ma agguerrita, minoranza, le lettrici sono di più. Il dato curioso è che anche le scrittrici, o aspiranti tali, sarebbero di più. Ma a parte pochi esempi di estrema e a volte discutibile attualità, gli editori non cercano donne. Mi si dirà che l’editore cerca la storia efficace. Giustissimo. Ma poiché le maggiori frequentatrici dei cosiddetti corsi di scrittura creativa sono donne, per la legge dei grandi numeri, verrebbe da pensare che la maggior parte dei manoscritti che giungano alle case editrici siano firmati da donne. E che qualcosa di efficace, tra tutti quei fogli, ci sia...
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venerdì 9 novembre 2012

Cronisti cronici apocalittici: Vito Ferro

Dice di sé: Vito Ferro è nato a Torino, dove vive, nel 1977.
Autore di “L’ho lasciata perché l’amavo troppo” (Coniglio editore, Roma), “Condominio reale” (Edizioni di Latta, Milano), “Mentre la luce sale” (Lietocolle, Como). In uscita “Festival Maracan
ã” (Las Vegas edizioni, Torino).
E’ presidente e fondatore dell’Associazione Ombre.
Vive di espedienti, è felice.

Diciamo di lui: Che è felice si vede dalla sottostante foto:
notare la collana hawaian style, l'aria da turista del caso, la cresta smosciatella e il cerchietto al sopracciglio che richiama una recente pubblicità della Settimana Enigmistica. Avete presente quei tizi che, per avviare il cervello dovevano tirare la cordicella... ecco, per dire.
Ma non lasciatevi ingannare perché ha una vena polemica inesauribile e un scrittura efficace. Il suo racconto "La rivoluzione" riconciliò noi giurati perfidi e bistrattati con le Cronache dalla fine del mondo, convincendoci a non suicidarci su una pira di file disperanti.
Per inciso "Festival Maracana" (Las Vegas Edizioni) dovrebbe essere su piazza, se non vado errata. E credo valga la pena leggerlo... nonostante quell'inguardabile ghirlanda fluo O.o

mercoledì 7 novembre 2012

Progetto Scrivere Donna

Il mio lavoro principale, quello che mi dà di che vivere, consiste nel fare domande. Certo, oggi le domande, e quindi le interviste, le fanno tutti e tutti ritengono di cavarsela egregiamente anche se non lo fanno per mestiere o non hanno una qualsiasi qualifica professionale. Così va il mondo. Quindi, vi starete chiedendo, ha ancora senso fare interviste?
Non lo so. Io le faccio perché mi piace. Per questo ho proposto al sito www.scrivendovolo.com una rubrica quindicinale (ma non è detto che non diventi settimanale) di interviste.



Titolo: Progetto Scrivere Donna

Intervistare donne che scrivono, alcune già affermate, altre esordienti, tutte animate dall'entusiasmo per l'avventura creativa e dalla grinta necessaria per conciliare ciò che a nessun uomo verrebbe mai chiesto: vita e sogno, panni da stirare e capitoli da finire, cene che rischiano di bruciare e personaggi che pretendono attenzione, successi in pubblico e sensi di colpa nel privato. Perché vogliono quel tutto che quasi mai si declina in rosa

Come dite? Discrimino gli uomini? Beh, sì. Loro di spazi ne hanno tanti e a me interessa il punto di vista femminile. Anzi, se avete scrittrici da segnalarmi, donne di cui vi piacerebbe sapere di più, fatelo. Ve ne sarò grata.

martedì 6 novembre 2012

La prima recensione per il nostro Carne innocente

La prima cosa che salta agli occhi di "Carne innocente" è la precisione con la quale vengono descritti episodi e contesti del passato così come luoghi e particolari del presente. Potrebbe sembrare un dettaglio ininfluente, mentre invece impreziosisce la struttura del racconto. Un racconto che, in questo caso, viaggia su due piani paralleli: il rastrellamento degli ebrei da parte dei nazisti e la vicenda investigativa ai giorni nostri. Premetto che ho sempre avuto una idiosincrasia per i romanzi basati su più storie che si intersecano. Ma in "Carne innocente" avviene una separazione temporale ben definita pur conservando il filo ideale e necessario alla storia. In sostanza il lettore non dovrebbe fare sforzi nel riuscire a seguire entrambi i "tronconi" del romanzo. Credo che a Laura e Lory abbia giovato molto il fatto di essere innanzitutto delle lettrici "forti" e aver appreso (come giusto che sia) come rendere scorrevole anche una storia basata su un intreccio complesso. Peraltro la complessità è davvero limitata, visto che i personaggi si confrontano più volte a ripercorrere le tappe investigative in modo da accompagnare il lettore fino alla conclusione. Anche il linguaggio aiuta. Non c'è esasperata ricerca linguistica e stilistica che, a volte, serve a camuffare l'assenza di contenuto. In "Carne innocente", piaccia o meno, la storia c'è e il modo migliore per raccontarla è l'esposizione lineare e la scioltezza dei dialoghi. La linearità, se posso fare una personalissima e minuscola critica, talvolta porta le autrici all'utilizzo di cliché un po' abusati. Ma, essendo questa una sensazione puramente soggettiva, è possibile che anche certi passaggi possano colpire l'immaginario collettivo. Avendo letto anche "Fiume pagano", ossia il romanzo precedente della annunciata trilogia, noto un salto di qualità sia nell'elaborazione dell'intreccio quanto nei particolari che riguardano l'ambiente investigativo. Ho notato che a volte i personaggi sono un po' troppo (secondo me ovviamente) "caricati". Credo dipenda dall'affetto che le autrici hanno per i medesimi. Se alcune minuzie, che a mio sommesso parere ritengo evitabili, verranno sottoposte a una attenta revisione, c'è da attendere il terzo romanzo della trilogia con grandissima curiosità.

Enrico Gregori

domenica 4 novembre 2012

Cronisti cronici apocalittici: Fabrizio Billero e Davide Belgradi

Dicono di sé: 

Fabrizio Billero è nato a Palermo nel 1987.
Da sempre vive a Torino, dove è laureando in Scienze Linguistiche presso la Facoltà di Lettere e Filosofia e dove lavora come educatore in un Centro per ragazzi con disturbi dellapprendimento.
Da quasi un decennio il suo tempo libero è dedicato all'animazione e alla formazione di giovani e adolescenti del quartiere in cui abita, nella periferia sud della città.
Sogna un futuro da precario nella Pubblica Istruzione.

Davide Belgradi è nato l11 maggio del 1993.
Diplomatosi in un Istituto Professionale Commerciale, ora studia Lettere all'Università di Torino.
Onorato dall'amicizia del poeta Roberto Rossi Precerutti, suo insegnante durante lultimo anno scolastico, scopre e approfondisce la sua passione per la letteratura e per la poesia.
Troppo giovane per il futuro, sogna solo di avere diciannove anni.

Diciamo di loro: Nella foto, con la quale abbiamo lottato perché si rifiutava di essere esposta alla pubblica gogna, Billero è quello con la barbetta e Belgradi è quello con la kefiah. Sono in due, ma non scrivono insieme (prima che li torturiate con la solita domanda) perché Billero è un prosatore, Belgradi è un poeta. E nel bel racconto "Il silenzio perfetto delle ultime cose" difficile dire se sia meglio la parte in prosa o quella in poesia. Noi, per saper né leggere (come dicono tutti quelli che sono stati esclusi dall'antologia) né scrivere (come dicono tutti quelli di cui ci rifiutiamo di leggere e osannare i parti), abbiamo scritto loro in pvt. A Billero abbiamo detto che la poesia faceva pena, a Belgradi che il racconto si salva solo con i suoi versi. Così sono contenti tutti e due.

p.s. ovviamente si scherza, ma meglio chiarirlo, hai visto mai?


sabato 3 novembre 2012

Soggettiva di ZG: Quando il cielo era sempre più blu di Enrico Gregori

Conosco l'autore. Ho pubblicato e pubblico con lo stesso editore. L'editore è, anche, un carissimo amico. È giusto che lo sappiate, perché sto per scrivere una recensione assolutamente entusiastica. Sincera, ma vi dovrete fidare, viste le premesse. Non impazzivo per Rino Gaetano. Sì, Gianna, sì, Nuntereggaepiù, sì, Ma il cielo è sempre più blu. Ma non persi la testa per il menestrello in cilindro e ukulele a Sanremo. Mi dispiacque quando morì, perché era troppo giovane, perché era una morte stupida, perché non credo nel muor giovane colui che al cielo è caro. Lo conoscevo poco. Ora lo conosco come se lo avessi incontrato, frequentato, amato. L'autore questo libro non lo voleva scrivere, perché non si trattava solo di raccontare Rino, si trattava di raccontare un'amicizia di quelle che lasciano il segno. Non oso immaginare il dolore per quella notizia alla radio il 2 giugno 1981.  Eppure quel dolore c'è in queste pagine, così come c'è una dolente consapevolezza della fine. Certo, l'autore sapeva tutto mentre scriveva. Ma la consapevolezza di cui parlo serpeggia nelle parle di Rino, nei suoi silenzi, nei malumori. Senno di poi? Forzatura romanzata? Non lo direste se conosceste l'autore. Di sicuro questo libro ci restituisce Rino in una dimensione che nessuno di noi, prima, aveva avuto la fortuna di vivere. Da leggere, conservare, rileggere.

Quando il cielo era sempre più blu
Enrico Gregori
Historica Edizioni