sabato 31 maggio 2014

Ma quanto ci odiano?

La socia mi perdonerà se mi permetto una piccola incursione per riflettere. E voglio farlo qui perché su FB è sempre troppo dispersivo. Leggo sui social, sui profili di giovani uomini, spesso di cultura medio-alta, con posizioni di apertura e tolleranza, reddito buono (a quel che si capisce), foto di orologi di pregio, macchine, viaggi. Leggo sui social, dicevo, questi giovani uomini dichiarare senza mezzi termini che le donne costano troppo. Non le escort, quelle va bene che costino, son disposti a spenderci. Le donne che di professione non fanno le operatrici sessuali, quelle che loro possono prendere in considerazione come compagne di vita.
Costano troppo, si diceva. Perché prima di darla, vogliono essere invitate a cena in un locale di pregio, poi a ballare in un posto esclusivo, e non una sola volta. E quando si decidono a darla (si esprimono proprio così, il loro scopo è raggiungere e utilizzare QUELLA, o quelle, parti del corpo della donna in questione), vogliono regali, viaggi, soggiorni in hotel a cinque stelle, anelli di diamanti. Una escort costa meno e frutta di più.
Ora, a fronte di queste dichiarazioni (cui si aggiungono faccine assortite per un'evidente excusatio rispetto alla quantità di cazzate appena proferite), mi chiedo: ma quanto ci odiano?
Perché io non ho mai sentito o letto dichiarazioni di questo genere in bocca alle donne. Non conosco donne che danno un prezzo al proprio sesso e che pretendano l'uso di carte di credito e regali da un certo budget in su. Le donne si lamentano, certo, di non trovare comprensione, complicità, aiuto (quando si è in coppia e tutta la mole del lavoro ricade sulle spalle di lei, soprattutto se ci sono figli). Possono ascrivere molti maschi nella categoria degli stronzi perché son state tradite, deluse, ferite.
Ma la cattiveria che ci mettono gli uomini (alcuni uomini), ragazzi, è tale da investirti come una corrente di liquami di fogna.
Ma quanto ci odiano? e, soprattutto, perché?

Laura

mercoledì 28 maggio 2014

Diamanti onirici

Buongiorno a tutti.
Dovete sapere che spesso e volentieri fornisco alla socia delle consulenze medico - psicologico -interpretative.
Non perché ne abbia competenza (anche se, in verità...), bensì perché la socia ha la benevolenza di ascoltarmi come dicessi cose sensate. E veniamo a noi.
La socia ha sognato di perdere una veretta di brillanti che indossa sempre (e alla quale tiene moltissimo). Poi la ritrova, ma manca un diamantino. Ci mettiamo a cercarlo e scopriamo che il pavimento è praticamente ricoperto di brillanti che scintillano ammiccanti. Solo che noi (c'ero anch'io nel sogno, sì) sappiamo che poco prima è passato un corteo in maschera e che tutte quelle pietre preziose in realtà sono fondi di bicchiere. Uno solo, quello staccato dall'anello, è vero e noi, per recuperarlo, dobbiamo raccogliergli tutti.
Ci siete?
La mia interpretazione:
stiamo lavorando assiduamente per arrivare a farci conoscere dal grande (oddio, grande...) pubblico dei lettori. Le proposte che arrivano, per lo più, non avranno grande valore, ma dobbiamo raccoglierle, una per una, ed esaminarle, per trovare quella vera. Il nostro diamante editoriale.

Okay, a questo punto sono pronta per una rubrica di interpretazione dei sogni. Che dite?

Loredana

lunedì 26 maggio 2014

Le mie (rare) impressioni di lettura: Una per mille

Chi mi conosce lo sa.
Leggo moltissimo, ma raramente mi esprimo.
Tanto più che è difficile esprimersi sul lavoro di una persona che conosco bene e a cui voglio bene.
Stavolta, però, tanto difficile non è stato.
E quindi ecco per voi le mie impressioni di lettura sul romanzo "Una per mille" di Cristina Bove, Ed. Smasher.
Ultima cosa: leggetelo.

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Quello di Cristina Bove non è un romanzo e nemmeno un'autobiografia. È un viaggio nell'anima. Le prime pagine possono trarre in inganno aprendoci le porte di un mondo di bambina, una piccola bambina con le treccine annodate in testa  che già nei gesti quotidiani, nelle parole e nelle carezze dei propri cari, cercava risposte a domande ancora sconosciute. C'è in quella bambina il presagio di una vita che l'avrebbe portata a respirare odori e popoli lontani. Ci sono in quegli occhi d'azzurro innocente, le scintille di una sensibilità capace di penetrare un'anima. La cifra stilistica è insolita, spesso spigolosa. Non è facile seguire gli eventi che si intrecciano a formare una trama fittissima di sogno e realtà, di ego e alter, di unicità e universalità. È un mondo di contrasti, una lotta tra essere e divenire che non lascia spazio né al dolore, né alla gioia. Le emozioni si accavallano, prendi fiato e un attimo dopo tutto si fa nero e soffocante. Poi ritorna la luce. Quella luce che consola e rigenera, che dona un guizzo di speranza quando la strada sembra condurre verso un'ineluttabile fine.  Perché se la morte è una presenza costante è la vita che sgorga in queste pagine di poetica prosa. La vita e la lotta che essa stessa ci impone giorno dopo giorno. E Cristina è abituata a lottare, contro un corpo che la tradisce, contro la morale ottusa che vorrebbe impedirle di essere pienamente donna, contro la malvagità degli uomini che pensavano di annientarla, contro le banali difficoltà del vivere quotidiano, contro chiunque osi allungare la mano verso quei figli che ama e rispetta nella loro unicità. Ma non dimentica mai l'amore, questo immenso incondizionato amore che la circonda, che emana da lei abbracciando tutto e tutti. E forse è questa la vera chiave di lettura di Una per mille: l'amore, nella sua forma più pura, nella sua esaltazione più vera, nella sua essenza più viva.

venerdì 23 maggio 2014

In difesa del fancazzismo narrativo

Lo so, vi eravate già abituati alle rampogne della metà oscura ai danni della sottoscritta, con tanto di corso di rieducazione. E quindi vi mancano le esternazioni quotidiane.
Niente paura, Lory tornerà a breve.
Piccolo momento di convalescenza, questo.
Ne approfitto io per fare le sue veci e darmi una regola:
ho tanti libri da leggere, da leggere perché poi ne devo scrivere; ma ho anche tanti libri da leggere, semplicemente per mio personale piacere.
Robette disimpegnate, narrativa di intrattenimento.
Libri da sotto l'ombrellone, ché mica è scritto da nessuna parte che devi leggerli solo in spiaggia.
Ecco, mi rieduco da me: per ogni libro letto per interviste/recensioni/pareri, un libro letto per semplice fancazzismo narrativo.
La socia sarà fiera di me.
Ciao.

Laura

lunedì 19 maggio 2014

Scrivo da sola, alle volte

Scrivo da sola, alle volte.
Il più delle volte, lascio incompiuto.
Oppure cancello.
Non mi piace quello che scrivo.
Non lo trovo giusto.
La socia, quando riesce, salva quel che scrivo.
Lo conserva, anche dai crash del mio hard disk.
Anche dalla mia mania di gettar via il passato.
Questo racconto non lo avrei con me, se non fosse per la socia.
Lei lo ha conservato.
Io ve lo ripropongo. 
Si intitola "Il sepolcro"

“E’ la sua tomba?”
Quello del ragazzo fu poco più che un sussurro tra lo stormire delle fronde e le frustate del vento contro la scogliera. Ma quella voce incerta, inattesa come l’amore quando non hai ancora cominciato a raderti il mento, costrinse il vecchio a voltarsi. Spostò lo sguardo da quell’icona vuota nel freddo del marmo, nella quale aveva disperatamente cercato un volto, un’appartenenza ,al calore di quelle iridi nocciola.
 “Ho sempre pensato che lei fosse semplicemente scomparsa”, ancora un sussurro, ma più deciso, con uno strascico dell’uomo che non sarebbe mai diventato. “Insomma, non mi aspettavo di trovarmi qui, di fronte alle sue spoglie mortali… è così che si dice?”
Il vecchio si chinò a strappare un ciuffo d’erba dalle crepe che il tempo aveva scavato nel sepolcro.
“E’ così che si diceva, ragazzo”, precisò con voce fioca. “Perché mi segui?”
“Perché voglio conoscere la verità. E’ un mio diritto.”
Il vecchio sorrise con l’impertinenza delle sue rughe.
“Diritto? Anche questa è una parola in disuso. Non ci sono più diritti o doveri  ma solo il lento svolgersi del tempo. Quel tempo che non ci consuma ma che ogni volta che ci sfiora ci strappa un lamento. Era questo che lei temeva. Questo ciò che si è avverato.”
“Dimmi quello che sai, vecchio.”
Una nuvola in forma di vela si spiegò sullo loro teste. Le prime gocce di pioggia scesero a picchiettare ciò che restava del mausoleo, si rincorsero sulle foglie morte strappate dal vento, caracollarono lungo la tesa del suo cappello, portato per abitudine perché la necessità non albergava più tra gli uomini.
“Io non so niente.”
 “Non ti credo”, disse il ragazzo seguendo con un dito il solco che gli attraversava la fronte, sfiorandogli il viso con mani fredde. “Tu non sei come tutti noi. La tua pelle ha la consistenza della carta, i tuoi capelli hanno il colore della neve e i tuoi occhi… sono offuscati. E’ per questo che ti nascondi. ”
Si sottrasse a quell’esame, a quelle dita indagatrici che cercavano conferma ad un sospetto che ormai era certezza. Ma sapeva che non avrebbe potuto sottrarsi alla voracità di quel bisogno, alla spinta inconsapevole e perversa di chi non si accontenta di ciò che ha, di quel che è, ma brama di andare oltre, di ripercorrere quel passato ormai lasciato alla dimenticanza, all’oblio.
“Ti sbagli. Neanche a me è concesso ciò che tu desideri. Neanche a me è concesso il sollievo della morte.”
 Fece per allontanarsi.
“Perché?”, chiese il ragazzo afferrandogli un braccio. “Perché per noi è diverso? Le piante, gli animali nascono e muoiono e noi, noi siamo costretti a restare qui, attaccati ad una vita che non ci appartiene. Senza radici, con un futuro che è insieme presente e passato. Dimmelo. Dimmi cosa ci lega a questa tomba senza nome e senza volto. Ti prego.”
Non avrebbe voluto tradirla. Ma era stanco di portare sulle spalle il peso della verità. Stanco di non poterne dividere la pena con qualcun altro.
“Era mia madre.”
“Non capisco, noi non abbiamo genitori.”
Il vecchio annuì.
“Non ne abbiamo nel senso che la storia ricordi. Ma ognuno di noi ha una madre e un padre biologico.”
Il vento rinforzò da nord strappando lamenti alle cime degli alberi. L’antico cimitero sembrò riprendere vita nel turbinio di foglie brune che danzavano tutt’intorno a loro. Il vecchio accarezzò la cavità che avrebbe dovuto ospitare il ritratto della donna defunta.
“Fu merito suo se il genere umano riuscì a sopravvivere alla più grande pandemia che ricordasse. Ma il frutto dei suoi studi, dei suoi esperimenti fu al contempo la salvezza e la dannazione dell’umanità. Quando lo capì tentò di rimediare. Unì una delle sue cellule di mortale a quella di un immortale. Lo scopo era ripercorrere il processo inverso. Ridare all’umanità la propria essenza ripristinando il circolo della vita e della morte. Non le riuscì. Ho provato invano a togliermi la vita. Diversamente da tutti gli altri io posso invecchiare ma niente può distruggermi.”
La disperazione allagò il viso del ragazzo, gli piegò le ginocchia gettandolo a terra. Il vecchio si inginocchiò accanto a lui e abbracciò i suoi muti singhiozzi.
“Mi dispiace”, mormorò. “Avrei voluto che le mie ossa scricchiolanti, i miei passi incerti, il battito soffuso del mio cuore ti dessero la risposta che cercavi, ma la realtà è che siamo condannati a calpestare questa terra all’infinito.”
Lo sfrigolio di un lampo squarciò la volta del cielo. Il viso del ragazzo riaffiorò dietro le mani tremanti. Nel suo sguardo liquido di lacrime il vecchio scorse un luccichio nuovo, il bagliore di una flebile illusione, in un tempo lontano qualcuno l’avrebbe detta speranza.
Il ragazzo lo aiutò a sollevarsi.

“La risposta che cercavo” disse alzando gli occhi al cielo, alle nuvole che si sfilacciavano nella furia del vento, a un pallido raggio di sole incuneato nel blu cobalto che li sovrastava “è sempre stata sotto i nostri occhi. La risposta è questo universo inviolato, frutto del caso e scevro da manipolazioni. Con lui siamo nati”,  sorrise. “Con lui troveremo la fine.” 

Loredana

sabato 17 maggio 2014

Imparare a dire di no


Seconda lezione per la socia: N - O
Non è difficile: No.
Eppure è una parolina che a lei non esce quasi mai.
Lo scrivete un racconto?
Lo leggete 'sto libro?
Lo recensite 'sto romanzo?
E lei giù a dire sì, certo, con piacere, subito subito.
Dovete sapere che lei, la socia è generosa, altruista, sempre pronta a vedere il lato buono.
A Roma si userebbe una parola non bella che inizia per co... e finisce per ...iona.
Perché dico questo? Semplice. Perché moltissime delle cose che lei fa (lei, io spesso la seguo solo perché costretta) non trovano alcun riscontro.
Non parlo di soldi, parlo di reciprocità.
Noi (lei) leggiamo, recensiamo, commentiamo persone (non tutte, se volete faccio i nomi delle eccezioni) che, ne sono certa, pensano che la cosa sia dovuta al loro eccelso valore letterario e umano. Quindi si guardano bene dal contraccambiare le attenzioni.
Ergo, socia, da oggi si dice NO.
(a tutti, o quasi, per le eccezioni si decide caso per caso)

Loredana

venerdì 16 maggio 2014

Cose che è meglio non dire

Buongiorno.
La socia che fa i turni dell'alba non è la sola a svegliarsi presto la mattina, siatene consapevoli.
Detto questo, sto intraprendendo un corso intensivo di rieducazione nei confronti di Laura. Sì. Lei, deformazione professionale, ha la tendenza alla divulgazione. Io, da metà oscura quale sono, le cose preferisco tenermele per me.
Così accadono telefonate come questa:

Laura: Mi ha finalmente chiamato (omissis). Dice che (omissis). Pensa che potrebbe essere interessato anche (omissis). Adesso non ci resta che aspettare e tenere le dita incrociate. Sei contenta?
Io: Sì.
Laura (che mi conosce bene): Ma?
Io: Ma adesso non cominciare a chiacchierarne in giro, facebook, twitter, telefonate...
Laura: Hai ragione, però magari a (omissis) potrei...
Io: No!
Laura: No?
Io: No. Ci sono cose che è meglio non dire.
Laura: Uhm...
Io: Da oggi si cambia musica.
Laura: Ma mica crederai alla sfiga?
Io: No. Però, fidati, meglio tenersi per sé le cose che contano.
Laura: Uhm...
Io: Piantala di mugugnare e torna a lavoro.
Laura: Okay.

Fine della prima lezione. Buona giornata a tutti.

Lory

giovedì 15 maggio 2014

NEW DEAL




A partire da oggi questo blog torna alla sua concezione primigenia: Lauraetlory, duo scrittorio.
Si parlerà di scrittura, di nuove uscite, di libri che ci sono piaciuti e di altri che invece no, di nostri progetti e di nostre personalissime opinioni e incazzature eventuali.
Fuori dalle balle tutto il resto, ivi compreso il lavoro di Laura che lavoro è e quindi molto poco interessante.
Riprendo in mano io la situazione.
Ciao

Loredana

giovedì 8 maggio 2014

E poi decidi che te ne freghi, e scrivi un romanzo di fantascienza

E' andata proprio così. 
Abbiamo ascoltato saggi consigli e dritte di esperti.
Il noir è inflazionato.
Lo storico non tira.
Magari una roba sentimentale.
Perché non provate un seriale, tipo fiction tv?
Certo, lo young adult sarebbe una garanzia...
Alla fine, parafrasando il finale del film "Bianco, rosso e Verdone", abbiamo raccolto la messe di indicazioni editorial-markettare indirizzandole verso un luogo ameno e abbiamo deciso di salire a bordo di un'astronave chiamata Ulisse e partire alla volta dello spazio sconosciuto.
Se vi va, questo è un piccolo estratto. Dedicato a un uovo molto, molto particolare.












La scena che mi trovo davanti entrando nel laboratorio di Al è curiosa: il nostro esperto di intelligenza artificiale ha insaccato la propria mole su uno sgabello e, mento sulle mani, fissa concentrato quello che ormai tutti noi chiamiamo l'uovo. L'oggetto, sottratto al nostro ospite prima degli esami clinici, levita a pochi centimetri dal suo naso. Non ho mai avuto modo di vederlo da vicino. La superficie in questo momento è opaca, dà un'impressione di pienezza che contrasta con la capacità di librarsi. Non so fino a che punto sia Al a studiarlo o viceversa. Di sicuro appare insondabile.
Al non si è accorto della mia presenza, l'uovo sì. Ruota con la parte più affusolata verso di me, come a puntarmi. Al si gira.
Vorrei poterti dare delle risposte, comandante. Ma è buio assoluto. Ho provato con i sensori, con i raggi, col cacciavite, anche, ma non ha fessure, non ha comandi, non è permeabile a qualsiasi tipo di ispezione interna. Ho provato col freddo, col caldo, l'ho immerso in un fluido, l'ho colpito, ho provato a scalfirlo, graffiarlo, insultarlo. Ho tentato di instaurare un dialogo, anche telepatico, ma niente da fare.”
E' piacevole scoprire che qualcuno abbia ancora voglia di scherzare.”
Non è uno scherzo, l'ho anche usato come pallone da rugby, ma torna indietro, come un boomerang. Ah, per la cronaca, non ha peso... Nel senso che è impossibile pesarlo, non si posa mai su una superficie. Ha un intenso campo magnetico antigravitazionale.”
Mi siedo. La superficie dell'uovo adesso è vagamente traslucida e lascia intravedere un simbolo come quelli sul viso e sulla mano dell'alieno.
Impressioni?”
Sembra dotato di vita propria. E' evidente che mi ha lasciato fare tutti i tentativi perché lo ha voluto. Altrimenti non sarei riuscito neanche a toccarlo.”
Che sensazione ne hai avuto, toccandolo?”
Strana... prova, non ti farà del male.”
Esito, poi sollevo la mano e l'uovo sembra facilitarmi il compito spostandosi verso le mie dita. E' morbido, elastico, vibrante... vivo. Per un attimo mi si forma nella mente l'immagine di un grosso gatto scuro che fa le fusa e mi fissa. Con occhi grigio ghiaccio. Ritraggo la mano, come scottasse. Cerco lo sguardo di Al.
Che ti dicevo? In realtà nessuno di noi può riuscire a toccare la superficie vera e propria. Il campo magnetico lo protegge e la sensazione che hai avuto è determinata da questa specie di scudo protettivo.”
Hai idea di cosa accadrebbe se decidesse che non vuole essere toccato?”

Cerco di non averne. Da un punto di vista strettamente scientifico è quanto di più interessante mi sia capitato, ma non ti nascondo che a livello energetico ha un potenziale illimitato. E' come tenersi in grembo una bomba atomica.”

© Laura Costantini - Loredana Falcone