martedì 24 novembre 2015

Personaggi (di Lauraetlory) in subbuglio. Ancora

“Ma nun s’era detto che ce se rivedeva pe’ Allouin?”
“Oh, te le regole gnente, eh! Nome e romanzo, come al solito.”
“Cheppalle, Quirì, come ar solito. Nemo Rossini, Fiume pagano e Carne innocente. E, ribadisco, non s’era detto che ci saremmo rivisti tutti per Halloween 2015?”
“Sì, s’era detto. Ma non ci siamo riusciti.”
“Quirì, nome e romanzo, e pure grado visto che sei un carabiniere. Tiè!”
La cucina di Lory, di nuovo. Affollata, come sempre.
“Maresciallo luogotenente Quirino Vergassola, Fiume pagano e Carne innocente. Come sapete l’assemblea è convocata per fare il punto della situazione dei personaggi creati dalle autrici Lauraetlory.”
“Pe’ noi er punto è sempre quello. Ce se so’ scordate, quelle due str…”
“Stravaganti signore, giusto? Però mi è giunta voce che potrebbero avere intenzione di riprenderci in mano.”
“Seh, come no? Mettece n’artro condizionale, se te riesce. Quelle ormai se so’ date al romance. Che nun ce lo sai?”
“Immagino che vi stiate riferendo a me, signore. Sono Carolina Crivelli, dal romanzo Ricardo y Carolina, e vorrei chiarire che a me e a tutti coloro che hanno condiviso il mio viaggio nel mondo della revolución di Benito Juarez si è richiesto di esercitare la dote della pazienza, visto che da almeno tre anni le autrici ci avevano dato vita.”
“Arieccoteli, quelli della telenovela!”
“Nemo, se non la pianti ti caccio a calci nel sedere.”
“Non si preoccupi seňor Vergassola. Stavolta don Ricardo Calleja de Hormigas, di Ricardo y Carolina, appena pubblicato, è qui per dirvi che se la storia vale, prima o poi viene alla luce."
“Ma quella che parlava in terza persona n’era la pellerossa?”
“Shenandoah Aquila che grida, Il destino attende a Canyon Apache."
"Ariecchetela, pure questa!"
"Nemo, sta' zitto. Signorina, dica pure."
"Mi sono messa in viaggio ormai da tre anni fa per ritrovare il mio David e le creatrici non hanno alcuna intenzione di scrivere di me."
"To’ ridico come l’anno scorso: benvenuta ner club, regazzì. Noi è dal 2012 che aspettamo de vedè come annamo a finì. Se prometti 'na trilogia, poi non è che te poi rimagnà l'impegno. C'è gente che c'aspetta. Lettori che se sò appassionati."
"Nemo, per favore. Lei, lì dietro, che alza la mano."
"Sergente Lanee Marler, Viole(n)t red. Il caso mio e dei miei compagni di pagina è ancora più complesso. Le creatrici ci hanno concesso altre pagine, ma non le hanno mai proposte a un editore. L'idea, anche per noi, era di una trilogia noir. E la seconda avventura ha un finale che più aperto e sospeso non si potrebbe."
"Il problema è che una trilogia noir, ambientata tra Stati Uniti e Italia, scritta da due donne difficilmente trova mercato. Il noir è inflazionato, dicono gli addetti ai lavori."
"Perché il giallo te lo riccomanno. A Quirì, a me me pareno tutte scuse. Er problema è che so' femmine. Volubili. Te pensano, te creano, te danno n'anima e poi se stufeno e passano al prossimo. Tiè, guarda questi, appena usciti da 'n firm de Star Trek. Io t’avevo detto che l’inediti non li devi convocà!"
"Nemo, per gli inediti è ancora più frustrante, ma siamo tutti nella stessa barca. Vorremmo altre pagine, altra vita. Ma non abbiamo alcun modo per far pressione sulle creatrici. E loro intanto..."
"Intanto?"
Un coro di voci, di sguardi, di costumi, colori, origini diverse.
"Intanto hanno creato una storia nuova..."
"N’artra? O è quella dell’anno scorso?"
"Colonnello Yael Logie Baird, romanzo di fantascienza ancora senza titolo. Confermo. Erano appena scese dalla nostra astronave. Non ci hanno neanche rivisto e corretto. Subito sono corse dietro a quegli altri…"
"Lo so. Ma ormai dovreste conoscerle. Una ne scrivono e mille ne pensano."
"Guardate che non c'è niente da invidiare a una nuova storia."
"Te chi saresti, scusa?"
"Guglielmo Zoltan, romanzo senza titolo che si svolge in un castello. A me e ai miei compagni ci hanno mollati a poche pagine dalla fine."
"Bastarde!"
"Anche stronze, direi. Non sapete cosa ci hanno fatto passare."
"Quindi non siete voi la nuova storia", sancisce il sergente Marler.
"No", si inserisce Quirino. "La nuova storia l’hanno appena terminata. Top secret. L’unica cosa che sono riuscito a scoprire, attraverso indagini approfondite…”
“Taja, Quirì, vieni ar dunque.”
“Il dunque è che una dei protagonisti si chiama Giuditta. C’è di mezzo il mare…”
“Seh, tra il dire e il fare. Scusa, Quirì, annamola a pijà 'sta Giuditta e scatenamoie Mister Liberty e tutti li colonnelli presenti. Mica perché è inventata non se po’ più ‘na fraccata de botte."
"Nemo, la violenza non è una soluzione."
"Questo lo dici te. Io a quelle due le pijerei a schiaffi a due a due finché..."
"Però, scusate, ribadisco quanto detto la volta scorsa: voi l'occasione l'avete appunto avuta e dovreste lasciar spazio a noi..."
"Nome e romanzo, per piacere."
"Pepper, anzi, Rebecca Black, Pepper & Cream."
"Sì, me ricordo. Er pornazzo anni '80."
"Nemo, un'altra parola e ti faccio accompagnare fuori da Mister Liberty. Signorina Black..."
"Io e i miei compagni di storia aspettiamo un'occasione dal 1986. Adesso pare stiano meditando di buttarci in pasto a Babelcube..."
“E che robba è?”
“Un sito per far tradurre i romanzi e aprire loro il mercato estero. In fondo noi siamo americani e quindi potremmo avere una qualche chance.”
“In bocca al lupo. Insomma, mi pare che la situazione non sia molto diversa da quella che avevamo lasciato lo scorso Halloween.”
“Beh, una novità ci sarebbe…”
“Nome e romanzo, per favore.”
“Maggiore Mattias Landi, Il puzzle di Dio. Le autrici ci hanno fatto partecipare a un premio letterario e siamo arrivati secondi.”
“Mejo che ‘n carcio nelle palle…”
“Molto meglio direi. Complimenti maggiore, a lei e agli altri personaggi. E ritiene che questo possa, al di là del valore della notizia in sé, fare la differenza per tutti noi?”
“Sì, ne sono convinto. E’ una strada lunga e difficile, ma mi sento di dire che tutti noi, inediti compresi, dovremmo accordare maggior fiducia alle nostre creatrici. Vogliamo scommettere che il prossimo anno saremo qui a raccontarci grandi novità?”
“Ce sto’. Se scommettemo ‘na matriciana. E se nel frattempo quarcuno de voi militari riesce a beccà ‘sta Giuditta che c’ha a che fa’ cor mare, portatemela. Che je le vojo proprio dì du’ paroline.”
"Ssssttttt!", lo zittisce il colonnello Logie Baird.
"Che c’è, ve parte lo shuttle?"
"Una delle creatrici sta per entrare qui."
"Via, via tutti, presto!"
"Sì, ma che avemo deciso?"
"Che di Giuditta mi occupo io", risponde Mister Liberty.
"Conto sul maggiore Landi per impedire che vengano usate maniere non consone. La seduta è tolta. Ci aggiorniamo al prossimo Halloween."
Fuggi fuggi generale. Rumore di sedie smosse. Voci bisbigliate. Lory apre la porta della cucina e accende la luce. Nessuno. Un sorrisetto, poi impugna la macchinetta del caffè.



venerdì 13 novembre 2015

Lory ha letto "Il coraggio delle madri" di Marco Proietti Mancini - Edizioni della Sera

Ci sono molti modi di raccontare la guerra. Molte angolazioni dalle quali affrontare il bagaglio di tragedie che porta con sé. E ci sono molti romanzi che parlano di guerra. Ma quello di Marco è diverso da tutti. Non ci sono scene di atrocità e sangue. Non c'è il pathos della battaglia. Nella guerra raccontata da Marco c'è l'uomo. Nella totalità del suo essere.  Ci sono le sue paure, le sue speranze. La disperata ricerca della normalità in un mondo che va allo sfascio portandosi dietro ogni cosa. 
Ma Benedetto, il protagonista della splendida epopea della famiglia Properzi, una cosa proprio non vuole dargliela alla guerra, la speranza. Quel filo sottilissimo e fragile che lo tiene legato alla vita, che lo rivuole a casa, accanto alla bella Elinu'  tra la gente del quartiere San Lorenzo che ha imparato ad amare e da cui è riamato. È questo barlume indistinto, questa tenue fiammella che lo aiuta a sopportare la durezza della guerra in Africa, della prigionia, delle privazioni  e del dolore che lo accompagnano mentre l'Europa si ribella alla follia omicida di Hitler. 
Quello di Marco non può definirsi un romanzo storico, la guerra è il fulcro dove si rincorrono  i sentimenti, i più disparati. Il vero protagonista di queste pagine imperdibili è l'amore.
Quello che lega un uomo alla propria donna. Una madre ai figli. Un padre alla propria famiglia.
L'amore che ha mille sfaccettature ma una sola verità: la semplicità. Perché non è artefatto, perché viene dal cuore. Come le pagine di questo romanzo che si snodano tra l'Africa e Roma, tra Roma e Subiaco in un alternarsi di emozioni che ci ricordano la sensibilità di questo scrittore, capace di cogliere e tradurre in parole anche le più piccole sfumature del sentimento.  
E allora anche lo stile è semplice. Perché il soggetto non ha bisogno di artifizi per arrivare alla pancia e renderci partecipi di una vita che potrebbe essere quella di tutti noi. Se amiamo.
Ho sentito il bisogno di rileggere più volte i brani di cui sono protagonisti Benedetto ed Elena. La quotidianità spesso ci porta a dimenticare ciò che ci lega al nostro partner. La complicità, l'intesa che non ha bisogno di parole. La consapevolezza di essere una cosa sola. 
Le ho rilette e mi hanno commosso, così come mi ha commosso il padre di Benedetto. Un omone di cinquant'anni, l'età della saggezza se pensiamo che parliamo di settant'anni fa, che riesce  a superare la propria ruvida timidezza, per esternare, unica volta nella sua vita, il proprio bene al figlio. C'è la grandezza della gente semplice in Bittuccio, la generosità del mondo contadino che rivive nelle pagine di Marco riportandomi alla mente l'atmosfera, i contenuti, i personaggi usciti dalla penna di Antonio Pennacchi nel suo "Canale Mussolini". 
"Il coraggio delle madri" è un romanzo che fa riflettere perché riconduce la famiglia al ruolo principe che ha avuto nel nostro passato spingendoci a riconsiderare le nostre priorità. E se anche, personalmente, non amo la scrittura che si sofferma troppo sui sentimenti, che eviscera le emozioni in tutte le sue sfaccettature, questa volta sono riuscita a superare questo mio limite, per godermi un libro che mi sento di consigliare al lettore di qualunque età, di qualunque estrazione sociale o formazione culturale. Perché il vero scopo della narrativa deve essere quello di arricchire non di insegnarci qualcosa. 

Loredana Falcone