Chi mi conosce sa che non amo
scrivere recensioni, le mie sono impressioni di lettura dettate dall'amore per
le parole e dalla stima che nutro per chiunque si cimenti con la narrativa.
Qualche giorno fa ho avuto il piacere di ricevere in dono il romanzo di
Stefania Auci, "Florence". L'ho letto tutto d'un fiato, spero che
quello che segue, ve ne chiarirà il motivo.
Quello che sto per dire farà storcere
il naso a qualcuno. Qualcun altro penserà che sono piena di me, di noi dovrei
dire visto che nell'affermazione che sta per seguire, è inclusa anche la socia.
Okay, non la tiro per le lunghe: finalmente ho letto un romanzo che mi ricorda
uno dei nostri. Non saprei dire se è scritto meglio o peggio, se lo stile è
migliore o la trama più avvincente, ma è un romanzo vero con personaggi di fantasia, certo, ma
inscritti in una storia che racconta la Storia, quella vera.
Il romanzo in questione è
"Florence", di Stefania Auci. E di quello che accade nelle
quattrocentosei pagine di cui si compone non vi dirò molto. Per non rovinarvi
il piacere di farvi catturare pagina dopo pagina, riga dopo riga, parola dopo
parola. Vi basti sapere che il
protagonista è Ludovico Aldisi, giornalista della "Nazione" e che la
vicenda ha inizio nove mesi prima dell'entrata dell'Italia nel primo conflitto
mondiale.
Ludovico è un cinico, un
opportunista. Un uomo pronto a sacrificare gli affetti più cari per affrancarsi
da umili natali, per riscattare un passato fatto di umiliazioni, per costruirsi
un ruolo in una società che lo rigetta. Ma la guerra, vissuta nelle trincee
insieme agli uomini del capitano Jasper Freeman, stravolgerà la sua visione del
mondo. La guerra e l'incontro con Irene Laurenti, una giovane donna attraverso
i cui occhi Ludovico vedrà la parte più vera e più nascosta di sé.
La grandezza di questo romanzo sta
anche qui, nella cura che Stefania dedica ai personaggi secondari facendone dei
coprotagonisti. È il caso di Claudia, donna bellissima e fragile che nella
trasgressione di una relazione adulterina soffoca il dolore della propria
sterilità. Di Dante, amico sincero di Ludovico e Irene, la cui bontà d'animo,
la cui gentilezza nascondono il disagio per un amore impossibile. Perfino il
"cattivo" ha un suo fascino, l'avvocato Mario Anselmi concentra su di
sé quanto di più negativo possa aver espresso il genere maschile in un'epoca in
cui la donna non aveva libertà di scelta alcuna.
La scrittura di Stefania è attenta,
precisa eppure meravigliosamente fluida. Il lavoro di ricerca che si intuisce
leggendo queste pagine intense è puntiglioso, metodico. Nella ricostruzione
delle battaglie, nella descrizione dei
luoghi, delle strade di Firenze, dei costumi e dello stile di vita dell'epoca.
Quando si scrive un romanzo storico è facile cadere in qualche sbavatura,
soprattutto nel linguaggio, nell'incalzare di alcuni dialoghi. Qui non accade.
Fin dalle prime pagine si viene sbalzati indietro di cento anni, tra il boato
dei cannoni, il calpestio degli zoccoli sul selciato, la pace operosa
della campagna del Chianti.
È la magia della scrittura che si
compie trasportandoci in una dimensione fantastica che per qualche ora diventa
la nostra realtà.
È un dono. Che non si impara nei
corsi di scrittura creativa. O ce l'hai,
ed è il caso di Stefania, o non puoi fare altro che rassegnarti alla
mediocrità.
Loredana
Falcone