lunedì 22 febbraio 2016

Loredana ha letto "Florence" di Stefania Auci

Chi mi conosce sa che non amo scrivere recensioni, le mie sono impressioni di lettura dettate dall'amore per le parole e dalla stima che nutro per chiunque si cimenti con la narrativa. Qualche giorno fa ho avuto il piacere di ricevere in dono il romanzo di Stefania Auci, "Florence". L'ho letto tutto d'un fiato, spero che quello che segue, ve ne chiarirà il motivo.



Quello che sto per dire farà storcere il naso a qualcuno. Qualcun altro penserà che sono piena di me, di noi dovrei dire visto che nell'affermazione che sta per seguire, è inclusa anche la socia. Okay, non la tiro per le lunghe: finalmente ho letto un romanzo che mi ricorda uno dei nostri. Non saprei dire se è scritto meglio o peggio, se lo stile è migliore o la trama più avvincente, ma è un romanzo vero  con personaggi di fantasia, certo, ma inscritti in una storia che racconta la Storia, quella vera.
Il romanzo in questione è "Florence", di Stefania Auci. E di quello che accade nelle quattrocentosei pagine di cui si compone non vi dirò molto. Per non rovinarvi il piacere di farvi catturare pagina dopo pagina, riga dopo riga, parola dopo parola.  Vi basti sapere che il protagonista è Ludovico Aldisi, giornalista della "Nazione" e che la vicenda ha inizio nove mesi prima dell'entrata dell'Italia nel primo conflitto mondiale.
Ludovico è un cinico, un opportunista. Un uomo pronto a sacrificare gli affetti più cari per affrancarsi da umili natali, per riscattare un passato fatto di umiliazioni, per costruirsi un ruolo in una società che lo rigetta. Ma la guerra, vissuta nelle trincee insieme agli uomini del capitano Jasper Freeman, stravolgerà la sua visione del mondo. La guerra e l'incontro con Irene Laurenti, una giovane donna attraverso i cui occhi Ludovico vedrà la parte più vera e più nascosta di sé.
La grandezza di questo romanzo sta anche qui, nella cura che Stefania dedica ai personaggi secondari facendone dei coprotagonisti. È il caso di Claudia, donna bellissima e fragile che nella trasgressione di una relazione adulterina soffoca il dolore della propria sterilità. Di Dante, amico sincero di Ludovico e Irene, la cui bontà d'animo, la cui gentilezza nascondono il disagio per un amore impossibile. Perfino il "cattivo" ha un suo fascino, l'avvocato Mario Anselmi concentra su di sé quanto di più negativo possa aver espresso il genere maschile in un'epoca in cui la donna non aveva libertà di scelta alcuna.
La scrittura di Stefania è attenta, precisa eppure meravigliosamente fluida. Il lavoro di ricerca che si intuisce leggendo queste pagine intense è puntiglioso, metodico. Nella ricostruzione delle  battaglie, nella descrizione dei luoghi, delle strade di Firenze, dei costumi e dello stile di vita dell'epoca. Quando si scrive un romanzo storico è facile cadere in qualche sbavatura, soprattutto nel linguaggio, nell'incalzare di alcuni dialoghi. Qui non accade. Fin dalle prime pagine si viene sbalzati indietro di cento anni, tra il boato dei cannoni, il calpestio degli zoccoli sul selciato, la  pace operosa  della campagna del Chianti.
È la magia della scrittura che si compie trasportandoci in una dimensione fantastica che per qualche ora diventa la nostra realtà.
È un dono. Che non si impara nei corsi di scrittura creativa. O ce  l'hai, ed è il caso di Stefania, o non puoi fare altro che rassegnarti alla mediocrità.

Loredana Falcone



giovedì 4 febbraio 2016

Lettera al barone Luigi Alfredo Ricciardi di Malomonte

Quelli di voi che pensano che alla mia età non sia possibile innamorarsi di un personaggio di fantasia sono, perdonatemi, degli sciocchi. Oppure ignorano come sia possibile vivere una vita parallela, fatta di pagine e parole, mie e altrui, di un mondo che ignora ogni legge, per essere libero di rappresentare e di rappresentarsi così come esso stesso reclama. E in quel mondo trova la giusta collocazione la lettera che segue, uscita dalla penna di un'inconsistente e devota ammiratrice.



Illustrissimo barone di Malomonte,
spero vogliate perdonare l'ardire di questa mia.
Voi non mi conoscete e del resto non potrebbe essere altrimenti, ma io vi seguo da anni.
La vostra vita, la vostra carriera, i vostri sentimenti mi stanno a cuore molto più dei miei.
Non so come sia possibile che uno sconosciuto, tanto lontano da me nel tempo, nello spazio, nella realtà, sia riuscito a entrarmi nell'anima. Non so e ho smesso di chiedermelo il giorno in cui ho capito che non posso nulla contro questa passione che mi brucia dentro come una fiamma inestinguibile.
Se chiudo gli occhi vi immagino solo e tormentato in quella casa vuota, sento il profumo della vostra tristezza, assorbo la cupezza del vostro sguardo, accarezzo silenziosa il ciuffo ribelle che esprime così tanto di voi.
Mi struggo al pensiero che nulla è in mio potere per lenire il vostro dolore, per dare a pace all'irrequietezza che vi toglie il sonno e l'appetito, per riempire il vuoto che impedisce al vostro cuore di scegliere tra le tante che vorrebbero il vostro amore.
E tra quelle ci sono anch'io, lo confesso, spudorata, ignorando il rossore che mi imporpora le guance, che mi fa abbassare lo sguardo come se voi foste qui, come se poteste ascoltarmi.
E invece non potete. Imprigionato come siete nelle pagine di un libro, invischiato in casi di morte e di sangue che non fanno altro che aggiungere pena alla pena, dolore al dolore.
Quante volte avrei voluto essere al vostro fianco, coprirvi la vista di quei morti che vi torturano con le loro ultime parole. Quante volte avrei voluto prendere su di me quella maledizione che fa di voi un bravo investigatore ma che, passo passo, vi trascina nell'abisso della disperazione.
E disperata sono anch'io.
Di non potervi vedere, di non potervi toccare, di non poter dare un corpo  e  un respiro e la parola all'unico uomo in grado di rapire il mio cuore.
Ma i nostri mondi sono troppo lontani e, sebbene io lo brami come l'aria che respiro, non potranno mai incontrarsi. Dentro e fuori da una pagina, questo è il nostro destino. Dentro e fuori da un libro che è tutto ciò che posseggo di voi.
La vostra esistenza è la mia pazzia eppure non saprei immaginare la vita senza di voi. Perché non c'è dolore se non c'è sentimento e non c'è vita se non c'è amore.
E voi, Luigi Alfredo, questo lo sapete bene.
Quindi, se posso permettermi l'ardire di un consiglio, io vi scongiuro di dare ascolto a quella voce, l'unica vera e saggia, che vi chiede di liberare i sentimenti che nutrite per Enrica e lasciarli liberi di donarvi la felicità che meritate.
Dimenticate quella sciocca, vanesia di Livia.
Evitate di unire il vostro tormento a quello della contessa di Roccaspina.
L'unica donna in grado di restituirvi la pace è quella che da anni spiate dietro un vetro. L'unica alla quale posso perdonare di occupare il posto che sento mio.
E voi, Luigi Alfredo, se potete, perdonate me. Dietro questo mio scellerato delirio si cela una devozione immensa che mi fa sperare nella vostra benevolenza.
Abbiate cura di voi, mio caro e fedelissimo amico, come io avrò cura di tenervi sempre al riparo del mio cuore.

Per sempre vostra...

(Loredana)