venerdì 23 settembre 2016

Di condivisione, di plagio, di editoria e di lettori

Credo sarà un post lungo. Siete avvisati.
Comincio dall'inizio. Ai tempi di Splinder io e Loredana avevamo due blog. Uno legato alle esternazioni estemporanee (diciamo tipo bacheca Facebook), l'altro - chiamato non a caso Le storie di Lauraetlory - legato alla nostra produzione narrativa (tipo una attuale pagina autore). Neofite nel mondo digitale, comunque molto meno frequentato di oggi, e incatenate al ruolo di esordienti, volevamo farci leggere. E sul blog più narrativo cominciammo a pubblicare, a puntate, un intero nostro romanzo. L'adesione dei lettori, a loro volta tutti blogger, andò oltre le nostre aspettative. Ci fu chi definì quel romanzo "il più bel film che abbia mai letto". E ci fu chi ci scrisse in privato per chiederci se fossimo interessate a pubblicarlo, quel romanzo. Saltammo sulla sedia. Quel romanzo era "Le colpe dei padri" e nel 2008 vide la luce quale primissima uscita della casa editrice Historica di Francesco Giubilei. Ci prendemmo gusto. E cominciammo a pubblicare, a puntate, altri romanzi. Lo facemmo anche sul sito dedicato alle fanfiction, EFP, notoriamente dedicato alle seguaci di saghe e serie tv per immaginare avventure alternative per i loro personaggi preferiti. Ma c'era, e c'è ancora, uno spazio dedicato alle opere originali. Lì uscì, completo fino alla fine e con decine e decine di recensioni, il nostro western. Tanto che il romanzo trovò un altro coraggioso editore, Las Vegas Edizioni. Ci siete?
Non ci furono plagi e copiature. Ci furono troll e hater assortiti, ma quelli fanno parte del gioco. Mi dicono che oggi tutti è cambiato. In un lasso oggettivamente breve in termini di tempo, la Rete ha spalancato le porte a tutto e il contrario di tutto. E pare che adesso essere plagiati sia quasi la norma, mentre è scontato vedersi piratare gli e-book. Ora, come molti di voi sanno, ho il fondato sospetto che il mio romanzo a due sole mani, "Un diario vittoriano", che stava uscendo a puntate sul portale www.cultora.it , sia stato plagiato. E l'opera molto, troppo simile, sta per uscire in self. La comprerò, leggerò, capirò. Intanto però devo sospendere la pubblicazione. E, forse non lo crederete, ma è la cosa che mi dispiace di più. Come tutte le cose che mi riguardano, la storia di Robert e Kiran è partita piano, pianissimo. Pochi riscontri, pochi lettori. Poi, piano piano, si è conquistata attenzioni e sono arrivati lettori che attendevano con ansia la nuova puntata. L'attenderanno invano, da oggi in poi. E vi dirò che ne sono talmente spiacente da aver ventilato, tra me e me, di contattarli e spedire loro i capitoli in privato. Mi dicono, però, che così sminuisco la mia opera, il mio valore come autrice. Pare che per essere riconosciuta come autrice valida si debbano avere sì, lettori, ma lettori paganti. I soldi, diciamocelo, non fanno schifo a nessuno. Pretendere, come sento fanno in molti, di arricchirsi a suon di libri, e-book e uscite quindicinali, è velleitario. Io quando ricevo il rendiconto dei diritti da parte dei nostri editori, mi sento piena di gratitudine, come se mi stessero facendo un regalo. Sì, lo so, non dovrei neanche dirlo. Ma la cosa più importante, per me, è sempre stata la condivisione. Vedere le nostre storie attraverso gli occhi, il cuore e le emozioni di chi ci legge. Un commento, un'osservazione, un ringraziamento o una maledizione (ce ne giungono da chi perde il sonno sui nostri libri) sono il compenso più grande e più gradito. E qui veniamo al discorso lettori (ve lo avevo detto che sarebbe stato un post lungo). 
I lettori in Italia sono pochi. E di quei pochi, la maggior parte sono quelli che nella scelta si lasciano guidare da classifiche, anche quelle istantanee di Amazon (alzi la mano chi non è stato primo in classifica su Amazon almeno una volta), prezzi modici e appartenenza a determinati generi. Tutte motivazioni valide e ricordiamoci sempre che de gustibus e quel che segue. Ma mentre siam sempre lì a sparare a zero sugli editori vigliacchi, gli autori incapaci, la distribuzione cinica e bara e i librai pigri, non spendiamo mai una parola sulle responsabilità dei lettori. Perché una responsabilità esiste e pesa.
Spostiamo lo sguardo sulla tv, tasto meno dolente perché meno coinvolgente per tutti noi. Ci sono serie tv superlative, scritte con tocchi di genio, girate con perizia e dovizia di mezzi, recitate da veri e propri artisti. Hanno seguito? Sì, molto, Ma non moltissimo, attenzione. A ben vedere c'è una tribe planetaria di orgogliosi nerd che si passano le dritte e i link per questa o quella serie, per poi affollare forum di dibattito e condivisione dell'immenso piacere di una bella storia ancor meglio raccontata. Poi ci sono le fiction e soap opera. Colori spenti, tutto girato in uno scalcagnato teatro di posa, recitazione basica, costumi tirati via (ho visto dei falsi storici per quanto riguarda i costumi... meglio che taccia), emozioni di quelle genialmente raccontate da Boris. Colpi di scena prevedibilissimi, situazioni sbrodolate per mesi. Ci siete? Ebbene, il seguito di tali fiction e soap opera è irraggiungibile da una qualsiasi delle suddette superlative serie tv. Cosa voglio dire? Ebbene, se un lettore da un libro (ma stento a definirli tali) pretende solo intrattenimento banale e fine a se stesso, se non gli importa della qualità della scrittura, dell'uso della punteggiatura, della sintassi a pene di segugio, se, anzi, pretende un uso della lingua italiana basico, elementare, che non preveda alcun tipo di sforzo. Insomma, se siamo di fronte a un lettore passivo esattamente come un telespettatore di quelle fiction e soap opera di cui sopra, allora di cosa vogliamo parlare? Perché sono gli stessi lettori ai quali non interessa se quella storia sia o meno farina del sacco di chi l'ha scritta, non interessa capire come sia possibile sfornare un libro (?) ogni quindici giorni. Sono gli stessi che affollano Amazon di stelline e aggettivi superlativi per storie che non stanno in piedi a partire dalla sinossi. Sono gli stessi, alla fine, che determinano che quell'autore (?) si veda proporre da una CE medio-grande una pubblicazione, certi del riscontro.
Guardando in faccia questa desolante realtà io proporrei di tutelare i veri lettori, quelli che sanno riconoscere uno stile, un'idea, un uso della lingua diverso per lo meno da quello dei pensierini della terza elementare. Rendiamoli specie protetta. Coccoliamoli, vezzeggiamoli, teniamoceli ben stretti. Io e Loredana ne abbiamo una bella raccolta e, grate da sempre, da oggi in poi li ameremo con convinzione e consapevolezza della fortuna di averli incontrati. Non ci renderanno ricche, no. Ma non li cambieremmo per niente al mondo con quella massa che sparge stelline a piene mani tra le recensioni di Amazon.

13 commenti:

  1. Io vi amo, anche per post come questi. Felice e orgogliosa di essere una vostra lettrice. Francesca Fossa

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  2. Ti capisco, e l'ho sperimentato con un romanzo mio, copiatissimo come soggetto e sviluppo della storia, personaggi, ( è originale e quindi facilmente riconducibile) piccole modifiche e pubblicato da una francese e, ironia della sorte, campione di incassi, pure tradotto ora in italiano... Io penso che partecipare a concorsi molto vasti in cui si da in mano propri romanzi completi a perfetti sconosciuti sia pericoloso e infatti ho smesso da due anni di farne, ma ormai il "pupetto" era stato preso e risistemato dall' "autrice". Purtroppo il plagio in editoria è difficile da provare. E comunque tante menti incapaci di creare, spesso pure noti scrittori o sceneggiatori, scopiazzano modificando un poco i lavori dei piccoli o usano i soggetti creati e letti sui siti di fiction. E' sempre pericoloso divulgare anche solo per il piacere di farlo, e di condividere, spesso quando ce lo raccomandano non ci crediamo fino a che, zac! qualcuno ci viene a derubare. Spero che tu risolva presto e non come me a libro fatto trovato in libreria :(

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  3. Domanda: ma non sarebbe il caso, prima di rilasciare testi in rete, di depositare copia dell'opera iscrivendosi alla Siae?
    Domando da ignorante, non so bene come funzioni la cosa, ma immagino che se esiste la famigerata Siae forse in questi casi potrebbe essere utile a stabilire la proprietà intellettuale di un'opera che viene rubata per essere poi pubblicata con poche variazioni al punto da essere riconoscibile come plagio?
    Altra cosa ancora: forse sarebbe opportuno, quando si pubblica in rete per il piacere di condividere, apporre in calce al testo il preciso divieto di riportare o copiare l'opera senza la specifica autirizzazione dell'autore.
    Poi, ovvio che uno lo può fare comunque; però, poi, se beccato, come il caso dell'autrice che commenta sopra che si è vista pubblicare il proprio testo in francese, almeno avrebbe qualcosa in mano per intentare causa pretendendo parte dei diritti d'autore che ne derivano: la pubblicazione riporta giorno e ora della pubblicazione, a dimostrazione della origininalità e proprietà del proprio testo.
    Non mi pare toglierebbe nulla al piacere di farsi legere senza però arrivare a dispensare gratuitamente materiali da cui altri ricavano profitti.
    So che è un problemone e che forse è più facile risolverlo a parole che nei fatti, è che davvero mi pare che un po' di autotutela non farebbe male, in questa rete diventata ormai un covo di banditi...

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  4. La registrazione siae è facilmente aggirabile e tutela solo i big delle grandi ce. Il divieto di utilizzare parti del testo non ha alcun valore legale. La data di pubblicazione online fa testo. Se il plagio c'è esce in self a breve. Il mio romanzo è online a puntate dallo scorso aprile. E il sito dove l'ho pubblicato è pronto a darmi sopporto legale. Io spero ancora che si sia limitato a prendere l'idea di base e posso farne omaggio a chi non è in grado di averne di proprie. Poi è lo sviluppo che fa la differenza. Per il resto lezione imparata. Ma che pena...

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  5. La registrazione siae è facilmente aggirabile e tutela solo i big delle grandi ce. Il divieto di utilizzare parti del testo non ha alcun valore legale. La data di pubblicazione online fa testo. Se il plagio c'è esce in self a breve. Il mio romanzo è online a puntate dallo scorso aprile. E il sito dove l'ho pubblicato è pronto a darmi sopporto legale. Io spero ancora che si sia limitato a prendere l'idea di base e posso farne omaggio a chi non è in grado di averne di proprie. Poi è lo sviluppo che fa la differenza. Per il resto lezione imparata. Ma che pena...

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  6. Mi metto in coda nel gruppo (piccolo? Forse, ma agguerrito) di quei lettori che PRETENDONO una storia ben scritta, personaggi credibili, linguaggio corretto. Che non si accontentano, che spronano gli autori a dare sempre di più. Perché leggere un buon libro è una delle cose più belle del mondo.

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  7. Condivido tutto di quanto scritto. Anche la rabbia sul plagio e tanto altro ancora. Non mollate, siete grandi

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  8. Mah, sono francamente perplesso.

    Trovo che il voler pubblicare i propri lavori in rete, a puntate, man mano che li si scrive, serva a soddisfare il desiderio - molto comprensibile, del tutto legittimo - di venire gratificati immediatamente dall'attenzione e, si spera, dall'approvazione dei lettori, cosa che non può avvenire con una pubblicazone tradizionale. Del resto, questo feedback immediato non potrà non influenzare lo scrivente/la scrivente, che a quel punto, è inevitabile, tenderà a scrivere solo quello che immagina potrà compiacere i suoi lettori, i cui gusti ormai gli sono perfettamente noti: io non credo proprio che questo sia un bene. Per questo, parlare in quest'ambito di veri lettori o lettori superiori, contrapposti a lettori presunti inferiori, mi sembra molto fuori luogo (ma lo è già l'idea che ci siano lettori di serie A - quelli a cui piacciono le robe che scrivo io - e lettori di serie B - tutti gli altri).

    Del resto, l'internet è quello che è ed è sempre stato, e meravigliarsi che la gente si approprî di quello che vi trova è forse un po' peggio che un'ingenuità dimostra che chi si meraviglia non ha proprio capito come funziona l'internet, nel bene e nel male, neanche dopo tanti anni di frequentazione.

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    1. condivido e sottoscrivo, in considerazione del fatto, tra l'altro, che in caso di disapprovazione dei lettori, anche civile, la censura da parte del/la padrone/a di casa è garantita.

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  9. Voglio precisare: se è vero che hai subìto un plagio (ma come dici tu stessa, la nozione di plagio, in un'opera letteraria, non è lampante), ti hanno fatto un torto e il plagiario è una brutta persona, questo non si discute. Ma tu hai pur sempre pubblicato in luogo pubblico senza preoccuparti della minima tutela: giuridicamente, non so quanto la situazione sia difendibile.

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    1. Alemacazz, tu non smentisci te stesso negli anni. Gli stessi anni che costituiscono la nostra reciproca vietuale conoscenza.
      Ti assicuro che giuridicamente le tutele ci sono, non lo dico io ma i legali del portale dove la pubblicazione avveniva. Ma non è questo il punto. Il punto è che la condivisione della scrittura, che noi abbiamo sempre amato, non ha niente a che vedere con la volontà di scrivere ciò che liace ai più. Come abbiamo scritto in un altro post che tu hai aspramente criticato, noi scriviamo ciò che amiamo noi non quello che sappiamo piacerebbe ai lettori. Primo perché si scrive per esprimere in primis se stessi, secondo perché nessuno può veramente dire cosa piaccia ai lettori. Non abbiamo mai pubblicato storie che venissero scritte man mano che venivano messe online. Le nostre storie erano complete e scritte per come le avevamo pensate - bene, male, da schifo, gusti e valutazioni che non faccio qui - complete. Poi chi leggeva apprezzava oppure no, ma non sono mai state modificate per venire incontro ai gusti del lettore. E la distinzione tra lettori di serie A e quella di serie B è legata all'osservazione quotidiana di quanto avviene nel variegato mondo di Amazon. Ho la presunzione di avere una scrittura valida, non pretendo che piaccia a tutti, non pretendo che piaccia a te. Ma non mi trincero dietro finte modestie. Se un lettore si soertica in lodi oer un testo banale e scritto senza neanche la cura della punteggiatura e della sintassi, e lo vedo accadere quotidianamente, ebbene quel lettore ha un gusto che non è un vero gusto. Posso dirlo? In ogni caso voglio dirlo. E se fino a oggi un plagio non era mai accaduto, e non so ancora se stavolta sia effettivamente accaduto, vuol dire che Internet non è quel posto senza regole che descrivi. Come tu noti, lo frequento da una decina di anni. Non ho mai rubato niente, non mi hanno mai rubato niente. Sarebbe la prima volta. Spero non lo sia. In ogni caso ritengo la condivisione ben più importante della mera gratificazione da feed back. Quella arriva comunque, dalle pubblicazioni editoriali.

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  10. Alemacazz, tu non smentisci te stesso negli anni. Gli stessi anni che costituiscono la nostra reciproca vietuale conoscenza.

    E questo, conviénine, è bello. È confortante: puoi (potete? Non so mai se parlo con Laura, con Lory o con la bimurti - parola che ho appena inventato sulla base di una paretimologia di «trimurti”) negarlo?

    [Nota Bene: il periodo che precede è impeccabile quanto a punteggiatura e sintassi, eppure è illeggibile. Fa pensare, no?)

    quel lettore ha un gusto che non è un vero gusto.

    Santi numi, L, L o B, da voi scrittrici mi aspetto non solo sintassi e punteggiatura, ma un uso delle parole che abbia un qualche senso.

    Siete voi a parlare di «gusto»: beh, il gusto, per sua natura, è indiscutibile; non è una regola sintattica, non è una regola estetica, ciascuno ha i suoi gusti, dei gusti non si discute etc etc. Questo per dire che «non è un vero gusto» è una frase che non ha il minimo senso… Vogliamo parlare di letteratura, di letterarietà, di stile, di coerenza testuale? Parliamone. Perché se invece tiriamo in ballo «il gusto», è ovvio che non c'è niente da dire, perché i gusti sono gusti…

    Cambiamo discorso che è meglio, va'. Mai letto niente della Ferrante? Che cosa ne pensate?

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