La
tecnica dei flashback e dei flashforward
Dicesi
flashback la struttura narrativa in
cui l'ordine cronologico degli avvenimenti viene interrotto per lasciar spazio
alla rievocazione di episodi precedenti.
Il termine nostrano è analessi.
Dicesi
flashforward l’interruzione di una
sequenza cronologica per anticipare eventi che appartengono al seguito della
storia. Il termine nostrano è prolessi.
Esempio
pratico: il personaggio A incontra il personaggio B, si conoscono da tanto e si
odiano da ancora di più; un breve dialogo fa capire che i rapporti sono tesi da
sempre e l’autore in gamba ha già portato il lettore a chiedersi quale evento,
tradimento, incidente abbia generato tanto persistente rancore. Ed è qui che
scatta il flashback. Rivedremo A e B,
più giovani e fiduciosi alle prese con una situazione che li porterà a rompere
ogni rapporto. Non sarà un ricordo, sarà un filone narrativo a parte che l’autore
potrebbe usare una sola volta, oppure decidere di seguire in parallelo creando
due piani temporali diversi all’interno del romanzo. Una scelta stilistica che
personalmente apprezzo, per amor di contrasto, è usare per il piano narrativo
principale (quello attuale) un comunissimo passato remoto – disse, fece,
camminò – e riservare al flashback il
cosiddetto presente storico, ovvero
un presente indicativo usato per fare riferimento a eventi anteriori al momento
dell’enunciazione. “L’effetto – cito dalla Treccani - è quello di un
avvicinamento prospettico e di un’attualizzazione degli eventi narrati, che pur
appartenendo al passato vengono presentati come se fossero appunto
contemporanei”. Attenzione, alle volte questo escamotage letterario può
disturbare il lettore, ma noi contiamo di incontrarne di appassionati ai cambi
di prospettiva o di inquadratura. Il presente
storico ha l’effetto di un’improvvisa zoomata, quasi che si volesse
catapultare il lettore in quel luogo, in quella situazione, farlo partecipe
degli eventi. Il primo incontro con il presente
storico l’ho avuto da ragazzina leggendo Salgari. Non ricordo quale fosse
il romanzo – li ho letti tutti – ma il buon Emilio, spesso sottovalutato, usava
tale tecnica per una battaglia tra pirati e inglesi. Un attimo prima c’era qualcosa
tipo: “il praho abbordò il veliero
inglese” e un attimo dopo “Yanez impugna la pistola e spara mentre Sandokan fa
mulinare la scimitarra”. Confesso, all’epoca pensai si trattasse di un errore,
ma avevo solo 11 o 12 anni, mi si può perdonare. Come dite? Ci siamo persi il
tema principale? No, adesso lo riprendiamo e passiamo al flashforward. Esempio pratico: incontriamo il personaggio A bambino
che tiene un diario delle proprie vicissitudini. Il piano narrativo principale
quindi è questo. Poi scopriamo che il personaggio A, ormai cresciuto, sta
leggendo quel diario mentre vive una situazione difficile. Se il passato è il
piano principale, A ormai adulto è un flashforward
che ci offre squarci del futuro. E, attenzione, spoilera un dato fondamentale. Per quanti rischi A possa correre da
ragazzino, il lettore scopre fin da subito che è diventato adulto, quindi non è
morto.
Come
per il flashback, il flashforward può creare un percorso
parallelo e, se la distanza temporale è molta, fornire all’autore la
possibilità di esplorare ambientazioni ed epoche diverse. L’esempio che mi
viene in mente riguarda una saga che sto leggendo in questo periodo. RVH, ovvero le iniziali di Raistan Van
Hoeck, di Lucia Guglielminetti. Cinque
volumi per ascoltare la voce in presa diretta (e in prima persona, sempre) di
un vampiro di 300 anni che, mentre vive nella nostra epoca, guida macchine
sportive, usa computer e smartphone e incappa pure nel fondamentalismo
islamico, sta scrivendo la propria autobiografia. Le due linee narrative
procedono prendendo, a volte, il sopravvento l’una sull’altra. Possiamo dire
che nel primo volume il presente del vampiro è, a tutti gli effetti, un flashforward intarsiato nella linea
narrativa del XVIII secolo. Mentre nei volumi seguenti è il passato a passare
in secondo piano, diventando un corposo flashback.
Funziona? In questo caso sì, ma la maestria sta nel saper dosare, interrompere,
riprendere. Creare un’attesa condita di ansia. Noi sappiamo che il vampiro è
immortale, ma non invulnerabile. Sappiamo che i volumi sono cinque, quindi pur
vedendolo affrontare prove allucinanti, dovrebbe scamparla. Dovrebbe? Dovrebbe,
perché la tecnica del flashback può
permettervi di far parlare, vivere, agire un personaggio ormai defunto.
Qualche
anno fa, tra le mille idee di storie che mi affollano il cervello, accarezzai
la possibilità di scrivere di un detective chiamato a indagare sull’omicidio di
una sconosciuta. Raccogliendo prove, indizi e racconti, tra testimonianze e il
ricordo di chi la conosceva, il detective si innamora della vittima. Un amore
ovviamente senza speranza e che sarebbe stato un trionfo di flashback. Esperimento non facile, ma devo
riparlarne con la socia, hai visto mai?
E
parlando di salti nel passato e squarci di futuro, si arriva senza difficoltà
al più suggestivo (e difficile) degli spunti narrativi: il viaggio del tempo.
E qui
bisogna anticipare argomenti che tratteremo meglio in seguito. Assodato che i
viaggi nel tempo non sono (ancora?) possibili, verrebbe da pensare che ogni
autore sia libero di inventarseli per come più gli piacciono. In parte è vero,
ma una cosa che ho imparato leggendo e scrivendo è che fare i conti con la
realtà è molto più semplice che creare ambientazioni fantasy o fantascientifiche
o soprannaturali. Perché il lettore accetta molto, ma non tutto. E se è un
lettore attento, non vorrà essere preso in giro. Mai. Quindi vi seguirà se
creerete una macchina del tempo, vi seguirà se lancerete un’astronave in un passaggio
temporale (alla Interstellar, per
capirci) o se creerete una diversa concezione del tempo (come accade in Arrival). La sospensione dell’incredulità del lettore è estremamente duttile. Ma
diventa un muro di cemento armato davanti ai pastrocchi. Se vi date delle
regole, le dovete rispettare. Sinceramente non so chi per primo ha voluto fare
i conti con i temibilissimi paradossi
temporali, ma se usate la logica non potrete bypassarli. Se un figlio torna
nel passato e uccide il proprio padre, ovvio che elimina se stesso e tutto
quello che ha compiuto fino a quel momento. Non può essere diversamente. Un
bellissimo romanzo sul viaggiare nel tempo è 22/11/63 di Stephen King. Come sapete (perché lo avete letto,
giusto?) la storia prende le mosse dal tentativo di salvare John Fitzgerald
Kennedy dall’attentato di Dallas. Si tratta quindi di tornare nel passato e
cambiare la storia. Ma la storia vuole essere cambiata? La domanda di base del
romanzo è se sia giusto tentare di cambiare le cose, grandi e piccole che
siano, una volta accadute. La risposta ve la lascio scoprire da soli. Diverso
il discorso se il vostro personaggio viaggia nel futuro, vede succede qualcosa
di molto grave e, tornato al presente, fa il possibile per evitare che si
creino le condizioni perché quel qualcosa accada. Anche in questo caso ci viene
in soccorso Stephen King con il suo splendido La zona morta. Mi auguro che lo abbiate letto. Se così non fosse,
non vi rivelerò molto se non che salvare il mondo dalla catastrofe ha un prezzo
altissimo.
Una
riflessione potrebbe sorgere dalla tendenza di tutti i cantastorie a considerare
gli interventi sul passato e sul futuro decisamente rischiosi. Forse lo fanno e
lo facciamo per consolarci dell’impossibilità di agire, nella nostra
quotidianità, su premesse e conseguenze. Come se volessimo dirci: se tornassi
indietro non rifarei quell’errore, ma di sicuro andrei a toccare equilibri tali
da ottenere conseguenze ancora peggiori. E allora va bene così com’è andata e come
andrà. Tanto per dare un senso alla vita, posso sempre scriverne in un libro.
Quale onore essere usati come esempi esplicativi delle varie tecniche di flashback e compagnia bella! Grazie a complimenti per queste non lezioni, sempre interessanti e utili.
RispondiElimina