giovedì 25 maggio 2017

Questo NON è un corso di scrittura #7

Ambientazioni storiche e documentazione

Pronti per le dolenti note? Siamo alla settima amabile chiacchierata e arriviamo a un argomento che mi è particolarmente caro. Dovete sapere che io e la mia socia siamo laureate in Storia moderna e contemporanea. Questa informazione non vi è di alcuna utilità, ma potrebbe spiegarvi perché sul discorso delle ambientazioni storiche e della documentazione io sia particolarmente rompiscatole. È che mi scatta la sindrome della maestrina dalla penna rossa quando leggo errori, anacronismi, forzature e, chiamiamola con il suo nome, ignoranza vera e propria.
Partiamo col dire che alcuni distinguono tra romanzo storico e romanzo di ambientazione storica.
Il romanzo storico dovrebbe essere quello che fa agire un personaggio, o più personaggi, realmente esistiti in un contesto che rientra nella loro vicenda umana ma che consente un esercizio di fantasia nell’ambito ristretto della veridicità storica. Un esempio? Immaginare una vicenda familiare di Vittorio Emanuele II tra una guerra d’indipendenza e l’altra. Un esempio di romanzo storico attuale è la serie sui Medici di Firenze scritta in modo magistrale da Matteo Strukul.
Il romanzo di ambientazione storica dovrebbe essere quello che inserisce personaggi di fantasia in un contesto storico preciso. Eventualmente possono interagire con personaggi realmente esistiti, ma i protagonisti rientrano nella fiction e non nella ricostruzione storica. Un esempio di romanzo di ambientazione storica è il nostro Ricardo y Carolina, ambientato nel Messico di Massimiliano d’Asburgo e di Benito Juarez.
La distinzione non mi trova del tutto d’accordo, ma in questa nostra NON lezione ha poca importanza perché in entrambi i casi l’ambientazione storica e la documentazione sono fondamentali.
Ne abbiamo già accennato parlando delle ambientazioni contemporanee. Se a te, autore o autrice, sembra figo immaginare i tuoi personaggi in armatura, in calzamaglia, in corsetto e crinolina, sei nel tuo diritto. Ma il costume che sceglierai ti porterà a parlare di un’epoca e io lettore esigo che tu quell’epoca me la faccia vivere.
Immaginate una scena medievale. Un borgo, un sentiero fangoso, una baracca. All’interno una povera famiglia riunita intorno al desco, stoviglie di terraglia, cucchiai di legno, una misera panca per sedersi, nessuna tovaglia. Hanno addosso delle tuniche e mangiano in silenzio una zuppa di patate accompagnandola con fette di pane raffermo… Fermi tutti! Patate? Nel medioevo, ovvero prima della scoperta dell’America? Impossibile. E il vostro romanzo finisce dritto nel riciclo della carta. Oppure viene cancellato dall’e-reader. Mi pare già di sentirvi: “Sì, però quella zuppa non era fondamentale ai fini della storia, poteva essere di cipolla, di erbe di campo. Che importa?”
Importa. Perché se parlando di New York oggi non potete inserire nello skyline le Torri Gemelle, parlando di Roma medievale non potrete immaginare il vostro personaggio commosso davanti alla maestà di San Pietro.
Quando decidete di ambientare una storia in un’epoca, il primo passo da compiere è studiare quell’epoca. E studiarla nei particolari minori, quelli che nessun libro di storia aperto a scuola vi ha mai fatto conoscere. Verso la fine dell’800 esisteva un farmaco contro le convulsioni? Sì, esisteva. Tra i pellerossa del XIX secolo era tollerata l’omosessualità? Tollerata e considerata addirittura sacra. In che anno in Gran Bretagna fu abolita la pena di morte per sodomia? Nel 1861, ma si continuava a condannare ai lavori forzati i maschi e al manicomio le femmine omosessuali. È vero che l’imperatrice Carlotta ebbe dei gravi crolli nervosi a causa di una cura empirica contro la sterilità a base di funghi dagli effetti allucinogeni? Pare sia vero, ne parlano documenti dell’epoca. Un gangster della New York del 1920 poteva imbracciare un mitra? Sì. Un modello Thompson reso famoso dai film sui gangster? No, nel 1920 non era ancora prodotto. E se una gentildonna con i capelli a caschetto e il vestito scivolato sui fianchi soffriva di mal di testa, poteva prendere un’aspirina? Sì, era in produzione da prima degli anni ’20. Capito il senso? Studiare gli abiti, gli accessori, la biancheria intima, i farmaci, il linguaggio. Ragazzi, il linguaggio! Se un gladiatore in procinto di scendere nell’arena apostrofa il proprio avversario figlio di puttana fa subito sfida all’OK Corral. Ci sarà stato di sicuro un modo per insultarsi, ma varrebbe la pena di aprire qualche volume di Marziale e cercare gli epiteti adatti, magari lasciandoli in latino. I lettori non sono gli svogliati che ci piace pensare. Amano essere sorpresi e amano, anche, scoprire cose nuove.
La documentazione è fatica? Vero. E vi dirò di più. Per esperienza diretta userete meno di un quarto della mole di informazioni che avrete accumulato compulsando testi e siti, ma avere molte informazioni avrà operato nella vostra mente una mutazione. Voi avrete ben chiaro lo spirito di quell’epoca e riuscirete a renderlo, vero e vivido. Perché poi potreste incappare in un editor di una casa editrice che, a fronte della descrizione di un inseguimento a bordo di splendide auto d’epoca nella New York del 1920, vi contesterà il tragitto scelto e vi chiederà di verificare se in quell’anno Broadway Avenue fosse a senso unico. E non me lo sto inventando. Per inciso questa informazione non sono riuscita a trovarla.
Accettata la necessità di una documentazione a tappeto, come documentarsi? Molti demonizzano Wikipedia e irridono chi la consulta. Ma in questo sottovalutano un mezzo che ha i suoi pregi. Perché Wikipedia fornisce dei link nelle note bibliografiche che possono celare veri e propri tesori. Divertitevi a consultarle un giorno e vi sorprenderete. Poi, ovvio vengono i testi cartacei e le biblioteche. Ma, faccio un esempio dalla mia esperienza, se si sa cercare – e si ha anche una bottarella di fortuna – in Rete si può scoprire un piccolo tesoro scaricabile legalmente. Il diario di Sarah Yorke, americana alla corte di Massimiliano d’Asburgo, per il nostro romanzo sul Messico juarista è stato una miniera di informazioni introvabili.
E ribadisco che la maggior parte non le abbiamo usate perché nelle ambientazioni storiche non c’è niente di peggio del cosiddetto info-dumping. Il fatto che tu autore sappia quanto era alta la residenza imperiale di Chapultepec a Città del Messico, o quanti anni vennero impiegati a costruirla, o chi dipinse gli affreschi e quali temi vennero scelti, non significa che al lettore tutto ciò interessi. Il lettore vuole essere lì, sul terrazzo insieme all’imperatore Massimiliano e alla sua Carlotta e sentirli parlare come una coppia di coniugi innamorati e moderni, quali in fondo erano.

Lo sfondo conta, è un personaggio a sua volta, ma non deve soffocare la vicenda, la sola che sia veramente importante. Lo scopo di ogni romanzo.

3 commenti:

  1. Grazie per questa lezione-non lezione. Molto interessante! Sono alle prese con un romanzo che prevede un'ambientazione di inizio novecento, all'epoca della nascita della psicoanalisi. Sto cercando di mettere a punto i dialoghi. Se faccio parlare i personaggi come all'epoca, non rischio di annoiare il lettore di oggi? Come riuscire a trovare il giusto equilibrio?

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    1. Ciao Rosalia, grazie di leggermi. Nei dialoghi io inserirei una sfumatura antiquata senza esagerare. Il voi invece del Lei e qualche vocabolo un po' desueto. Non è necessario essere perfettamente fedeli, ma restituirne il sapore.

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