Mi è piaciuto. Buona scrittura. Grande caratterizzazione dei personaggi. Introspezione il giusto. Una vicenda umanissima, semplice, un intreccio di storie di persone qualunque, pur essendo, alcuni, personaggi calati nel mondo dello spettacolo, della musica. Di solito i trentenni irrisolti mi fanno venire l'orticaria, ma qui le trentenni abbastanza irrisolte sono donne e sono vere. Non riuscirò mai e poi mai ad apprezzare Vanessa (non potrei mai esserle amica), mentre trovo adorabile Diana. Finale dolce-amaro, ma giusto perché la vita non è un romanzo e questo è un romanzo che racconta la vita. Anche se lo fa con una tecnica di continui flashback che mi ha messo a dura prova, fin quando non ho deciso che avrei smesso di guardare location e data a inizio capitolo e avrei seguito la storia lasciandomi guidare dalle parole. Che hanno un peso specifico forte e tutta questa storia, tutti questi personaggi, ce lo dimostrano. Consigliato.
1) Partiamo dalla struttura del romanzo: hai utilizzato un
continuo ping pong tra il presente, che ci viene presentato nel prologo e
nell'epilogo, e una serie di flashback ambientati in anni e luoghi diversi.
Perché questa scelta?
Ciao Laura e grazie
per questo spazio! Personalmente amo molto i salti temporali nei romanzi, forse
perché mi attirano le strutture meno semplici e lineari. Ma soprattutto mi
affascina il modo in cui il passato possa influire sul presente così come sul futuro
e il modo migliore per far vedere questa connessione è proprio attraverso i
salti temporali. Ho deciso che ci sarebbe stato un capitolo ambientato al
presente (2014) alternato a uno al passato (2012) per rendere il tutto ordinato
e per permettere al lettore di ricostruire la storia. Come ci si è arrivati dal
punto A (2012) al punto B (2014)? Perché i personaggi sono cambiati? Perché le
loro relazioni sono cambiate? Cosa è successo loro? Sono queste le domande che
spero che il lettore si ponga e che lo invoglino a proseguire la lettura.
2) la prima domanda porta la seconda: le
location. Roma, Molfetta, Londra. In tutti e tre i casi è evidente una
familiarità con i luoghi che sconfessa tutti coloro che impongono agli autori
la necessità di ambientare le storie nel cortile di casa. Come scegli le
location?
Onestamente penso che al giorno d’oggi si possa conoscere
una città anche senza averci necessariamente vissuto. Gli strumenti ci sono e
sono anche tanti: non solo guide e Google Maps per i luoghi e le strade, quanto
anche leggere libri di autori italiani o stranieri ambientati in quelle città,
avere amici che vivono o che hanno vissuto in quelle città, magari anche
visitarle se si può, e così via. Io ho scelto tre città a cui sono
particolarmente legata: Molfetta è la città in cui sono nata e in cui ho
passato ventiquattro anni della mia vita; Roma è la mia città d’adozione, in
cui vivo ormai da cinque anni e in cui spero di rimanere a lungo; e Londra è la
città dei miei sogni, quella in cui vorrei vivere, anche se probabilmente non
succederà mai, da quando a undici anni ho letto Sherlock Holmes. Il mio legame
con Londra è molto complicato e profondo, anche se sono riuscita a visitarla
finalmente più di un anno dopo aver finito di scrivere questo libro.
3) Uno dei protagonisti, oltre a essere uno gnocco spaziale
ben noto a chi sa leggere tra le righe, è un violinista. La musica è una delle
protagoniste e la tecnica del violino sembra non abbia segreti per te. Spiegaci
come mai.
Magari la tecnica del violino non avesse segreti per me, ho
dovuto per anni combattere con le doppie corde e non ho mai saputo davvero
padroneggiarle. Comunque il motivo per cui ne so parecchio di violino, è che
l’ho studiato per sedici anni. Ho iniziato a quattro anni in una scuola di
musica di Molfetta e poi mi sono diplomata in conservatorio a vent’anni.
Dopodiché ho smesso completamente e oggi il mio violino lascia davvero
raramente la sua custodia. Non mi sono mai pentita di questa scelta, ma amo
ancora molto questo strumento perché è stata una parte davvero importante della
mia vita. Peraltro è stata una mia scelta quella di suonare (sì, avevo quattro
anni, ma già le idee molto chiare, mi hanno raccontato che ho insistito per sei
mesi per avere il mio violino e, conoscendomi, è molto da me) e sono felice di
averlo potuto fare finché la cosa mi ha divertito.
4) Ci presenti sostanzialmente due protagoniste femminili,
vero fulcro della storia, che rappresentano tipologie agli antipodi: la bellona
truccatissima, maliarda e insicura e la "nerd" graziosa, spumeggiante
e apparentemente salda come una roccia. Dico subito che la prima, Vanessa,
l'avrei presa a schiaffi ogni due righe. Ci parli di loro?
Io invece prenderei a schiaffi ogni due righe Diana perché
scrivere di lei è stato un po’ un incubo (peraltro, originariamente doveva
essere un personaggio secondario, la storia doveva essere incentrata sul
rapporto tra Sean e Vanessa, ma Diana è una primadonna e quindi…), mentre a
Vanessa sono molto legata per tanti motivi, prima di tutto perché è molto
liberamente ispirata a una persona che ha un posto speciale nella mia vita.
Certo Diana è quella che automaticamente viene identificata
come, forse, il tipo di donna che si vorrebbe essere (concentrata sulla
carriera, autonoma in tutto, ecc.), ma anche lei ha i suoi scheletri
nell’armadio (e, nonostante tutto, la amo proprio per questo). Mentre Vanessa
deve fare i conti con un’incertezza nei confronti del futuro che è tipica della
mia generazione.
In ogni caso, sono due donne molto diverse, ma sono entrambe
forti e indipendenti, ognuna a modo suo. Anche se il loro rapporto di
codipendenza non le aiuta.
5) "Il peso delle parole" è, almeno ai miei
occhi, una perfetta sceneggiatura per uno di quei film che ti acchiappano e non
ti mollano più, alla "Notthing Hill" per intenderci. E una delle
protagoniste è una sceneggiatrice... Uhm, qui ci vedo lo zampino autobiografico
o sbaglio?
Innanzitutto grazie per il complimento, “Notthing Hill” è
uno dei miei film preferiti! Io ho studiato sceneggiatura, anche se credo di
preferire, alla fine dei giochi, la narrativa. Però sì, essendo molto
affascinata dal mondo della sceneggiatura e del cinema e delle serie tv, mi
interessava scrivere di personaggi che facessero questo mestiere, spesso
sottovalutato e comunque non molto conosciuto (se pensiamo a un film, di solito
citiamo il regista e/o gli attori, difficilmente lo sceneggiatore, mentre io
sono sempre andata a vedere il nome di chi scriveva la storia, anche quando ero
poco più che una bambina). E questo forse perché amo la scrittura e le storie
in qualunque forma mi si presentino.
6 - Immancabile la domanda: cosa bolle in pentola? Possiamo
aspettarci altre storie da te?
Non penso smetterò mai di scrivere, onestamente. Al momento
sono in ballo con una dilogia, di cui è già scritto il primo volume, e una
trilogia, di cui sto scrivendo il primo volume (anche se ora sono “ferma”,
perché mi sto occupando di un ghostwriting).
La dilogia rientrerà sempre nella narrativa generale ed è di
nuovo una storia corale (anche se i personaggi principali qui sono tre), con
protagonisti due sceneggiatori di mezza età e una ragazzina di vent’anni, che
stravolge completamente la loro vita.
La trilogia, invece, sarà un romance mm, i cui protagonisti
hanno una differenza d’età di più di vent’anni.
Inoltre sto lavorando con un’amica a una text!story, ovvero
una storia tutta di messaggi, anche questa un romance mm. Poi ci sono i lavori
di sceneggiatura con la mia socia (ma questi per ora sono top secret!).
Concludo ringraziandoti ancora per questo spazio e per
queste splendide domande! A presto ;)
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