Soffro di una forma acuta di
mal sopportazione dei luoghi comuni. Le donne non sanno parcheggiare. I
napoletani non hanno voglia di lavorare. I migranti ci islamizzeranno tutti.
Gli scrittori sono invidiosi. Potrei dilungarmi sui primi tre con vaste
argomentazioni, ma stavolta voglio affrontare la diffusissima credenza per cui
uno scrittore (se è una scrittrice, meglio) non può non essere invidioso/a del
successo degli altri. Dove per successo si spazia dalla vetta della classifica
delle vendite su Amazon (dove succede di toccare il vertice per quei tre
nanosecondi durante la promozione a 0,99 euro) al premio Strega; dalla consegna
della targa placcata argento di “scrittore primo classificato nel concorso
Autore del pianerottolo” alla traduzione in tutte le lingue comprese nella
torre di Babele; dalle 5 stelline su Goodreads (o Amazon o Anobii) alla megarecensione
galattica sul supplemento “La lettura” del Corriere. Ora, sia chiaro, non sono
bionda, non sono ottimista, non sono un tenero virgulto e non mi chiamo
Pollyanna. Ma secondo me vi state sbagliando. Dico VI perché io non mi allineo
mai ai luoghi comuni. E già di per me, come autrice, vi sconfesso: non sono
invidiosa. Tirate giù quel sopracciglio inarcato e cancellate la smorfietta
scettica. Vado ad argomentare. E faccio nomi e cognomi. Se Elena Ferrante, nel
chiuso del suo tanto discusso anonimato, sono anni che scrive e anni che si fa
leggere, se senza presenziare eventi letterari, senza partecipare a
trasmissioni tv, senza farsi intervistare nella rubrica “Billy” del Tg1 e
senza, udite udite, partecipare alla messa cantata di Fabio Fazio con la nuova
uscita in piedi e in primo piano tra le dita “midiche” (nel senso di Re Mida)
del conduttore, è arrivata finalista allo Strega, io che motivo ho di
invidiarla? Io non scrivo come lei (non dico peggio né meglio, ognuno ha il suo
stile), non tratto i suoi temi, non sono Elena Ferrante. E il fatto che
migliaia di lettori la amino, vuol dire che migliaia di persone leggono libri.
Mi seguite? Una persona che si appassiona ai noir di Romano De Marco, alla
poesia in prosa di Maurizio de Giovanni, alla penna sarcastica e dolce insieme
di Marilù Oliva è un lettore in più per tutti coloro che sanno scrivere una
storia appassionante, non un sostenitore in meno per me o per qualcuno di voi.
Mi dicono (io non frequento i salotti letterari) che gli scontri al veleno ci
siano sempre stati, così come i giudici tranchant dietro le spalle e gli
sdilinguimenti ipocriti negli incontri vis a vis. Così va il mondo, mi dicono.
Mi dicono, anche, che uno scrittore che ti recensisce favorevolmente 9 su 10
sta per chiederti qualcosa in cambio, motivo per il quale tutto quel
proliferare di stelline tra “amici” di penna sia indice di falsità e non di
qualità. Non so per quale malinteso (perché è chiaro che un malinteso “ci ha da
essere”), moltissimi autori mi chiedono di leggere i loro romanzi. E
difficilmente dico di no. Magari li faccio aspettare mesi (Gianluca Mercadante,
autore tra l’altro di un divertentissimo “Casinò Hormonal” Lite Editions, può
testimoniarlo), ma li leggo. Ed esprimo quel che penso. Mi dicono che sono sempre
magnanima nel dispensare stelle e lodi. E nel sillogismo da luogo comune chi
recensisce positivo si aspetta una contropartita. Ecco, abbassate quel
sopracciglio e cancellate la smorfietta, perché adesso vi sfido a dirmi quali
contropartite abbia ottenuto una come me e come possa collocarsi nell’assioma
degli scrittori sempre e comunque invidiosi del successo altrui.
Un libro in più venduto, una
presentazione strapiena, un premio vinto (certo, non quello di autore del
pianerottolo, ma anche sì, in fondo) sono successi che si devono ai lettori. E
quanti più lettori ci sono, tante più possibilità esistono che quei lettori si
interessino ad altre storie, ad altri autori. Un lettore non è una risorsa in
esaurimento. Un lettore ha spazio per milioni di storie, molte più di quante ne
contenga un kindle. Un lettore che si appassiona a un libro, ne cercherà tanti
altri. E vi rivelo un altro segreto, custodito quasi quanto il terzo di Fatima:
un lettore non è un binario unico. Lo so, perché prima di tutto leggo. Un
lettore può amare la Trilogia della città di K e Andrea Vitali, può non averne
mai abbastanza di Twilight e coccolarsi Paul Auster, può andare in overdose di
romance e centellinarsi La ferocia di Nicola Lagioia. Uno che ci capiva già
tanti secoli fa disse “ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio…”.
Quindi piantatela, voi
autoeletti giudici, di dire che tutti gli scrittori sono invidiosi del successo
altrui. E piantatela, voi autoeletti veri scrittori, di lamentarvi, perché ne
avete una fottuta paura, della ressa di aspiranti scrittori che si accalca alle
porte. Le storie, come le stelle, sono tante. Milioni di milioni. Ci sarà
sempre chi ha voglia di raccontarle e ci sarà sempre chi ha voglia di starle a
sentire. Di leggerle. Su uno schermo, su un foglio di carta. Non importa. Ci
sarà. C’è. Se smetteste di pensare che qualcuno vi odia per quel briciolo di
fama in più, riuscireste ad accorgervene. E a goderne mentre scrivete la
prossima storia.
Nessun commento:
Posta un commento
I commenti non espressamente firmati e/o sgradevoli verranno cancellati dalle proprietarie di questo blog.