lunedì 6 agosto 2012

Soggettiva di ZG: Canale Mussolini di Antonio Pennacchi




Questo è un grande libro, un'operazione letteraria giusta. Ha ragione Pennacchi nel dire che si tratta del suo libro definitivo, che tutto quanto fatto in precedenza puntava a questo. L'ho letto solo ora, dopo parecchio che ce l'avevo e quando ormai tutta la cagnara post premio Strega si era finalmente esaurita.
L'ho letto con sommo piacere. Amo il lavoro di ricerca storica, un lavoro paziente, certosino, evidente eppure mai didascalico. Pennacchi ci ha restituito un'epoca difficile e controversa. E lo ha fatto partendo dalla storia minima, quella che tutti siamo chiamati a vivere, per poi approdare alla Storia con la S maiuscola. Certo, proprio lo stile narrativo scelto (la prima persona con un testimone che racconta a un ascoltatore che mai si appalesa) consente all'autore di cantarsela e suonarsela, dimostrando in qualche modo che le scelte politiche, quelle che poi fanno la differenza nella vita e nei libri di storia, spesso son frutto di circostanze che con gli ideali hanno ben poco a che vedere. Così un nonno diventa socialista perché gli frustano il cavallo, un'intera famiglia di socialisti diventa fascista perché Mussolini era simpatico e gli ripara l'erpice, due figli vanno in guerra perché il regime ha regalato loro i poderi nell'Agro pontino. E per lo stesso motivo un'intera famiglia aiuta i tedeschi a respingere l'avanzata degli alleati che, in fin dei conti, stavano bombardando proprio il loro podere. Un nipote finirà repubblichino per essere spedito lontano dall'amore proibito che lo ha incatenato. E' un'analisi impietosa, quella che ci regala Pennacchi, un'analisi che si può riassumere in una frase ricorrente: tutti hanno le loro ragioni. Le avevano gli abissini, che non ci volevano invasori della loro terra; le avevamo noi, che rispondemmo a quella rivolta con crudeltà, ferocia e gas micidiali; aveva le sue ragioni Mussolini, per allearsi con Hitler e condurci alla rovina; aveva le sue ragioni il Re per permetterglielo e poi defilarsi davanti alla disfatta. Lo sguardo che ne esce è disincantato eppure romantico, i personaggi che Pennacchi tratteggia sono a tutto tondo, indimenticabili. E la bonifica dell'Agro Pontino trova il suo cantore principe, perché fu un'impresa titanica, una delle poche cose di cui si possa ancora oggi ringraziare il ventennio. E, certo, le piante, la fauna, le zanzare e le rane sterminate avevano le loro ragioni. Ma la ragione che prevale è quella del più forte. Dove, ci insegna Pennacchi, il più forte sono il contadino, la sua tenacia e le sue donne. Indimenticabile la nonna nella sua granitica difesa della famiglia, indimenticabile l'Armida delle api che affronta un campo minato e vi partorisce un figlio della colpa e dell'amore assoluto. Da leggere.

ZG



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