martedì 3 aprile 2012

Oggi su "La Sesia": Il silenzio dei poveri


Il silenzio è una condizione che non ci appartiene più. Viviamo nell’era dell’opinione. Nel tempo delle chiacchiere inutili nei salotti televisivi e delle urla esibite nelle piazze. Ma il silenzio esiste ed è, come piace agli amanti degli ossimori, assordante. Basterebbe saperlo ascoltare. Ogni giorno, nei notiziari, nei social network, sui giornali, appaiono immagini. Le immagini, per loro natura, parlano senza parlare. Sono immagini di persone che frugano tra gli scarti dei supermercati, nei cassonetti nelle adiacenze dei mercati rionali, tra i cartoni sul retro dei negozi. Non sono zingari. A quelli siamo abituati. Sono persone come noi. Dove è il “come noi” che ci sconvolge. Hanno abiti puliti e dignitosi. Magari ostentano una catenina d’oro, due orecchini di quelli antichi, un vecchio elegante orologio. Sono anziani, in un mondo dove gli anziani diventano maggioranza e non vogliono, per come ce li raccontano i giornali, arrendersi al tempo che passa. Quelli che piacciono ai mass media sono tonici, abbronzati, con la dentiera fissata dal prodotto giusto e la voglia di sentirsi vivi. Però ne esistono altri di anziani, quelli veri. Che sono vivi e vorrebbero restarlo. Per questo frugano nell’immondizia alla ricerca di quel di più che abbiamo imparato a gettare senza rimorso alcuno. Non ne abbiamo colpa, ci hanno insegnato così: consumare, per il bene del paese. Compriamo più di quello che ci serve, reagiamo come automi alla frutta più lucidata, alla scatola più squillante, alla promozione più vantaggiosa. E per incoraggiarci i commercianti comprano più merce, più variegata, più esotica. È un girotondo chiassoso che esclude chi osserva in silenzio. Perché la voce gliel’hanno rubata insieme al potere d’acquisto. Della loro dignitosa e silente povertà siamo ormai consapevoli. Se ne parla, in quei salotti bercianti che monopolizzano gli schermi televisivi. Se ne parla. Ma loro restano in silenzio e si accostano con umile gratitudine ai sacchetti messi insieme nei reparti ortofrutta dei supermarket. Qualche mela ammaccata, una banana annerita, un cespo di insalata intristito, due pomodori troppo maturi. Cinquanta centesimi, la fila alla cassa con altri due prodotti di quelli in offerta e la possibilità di sentirsi ancora nel novero dei clienti. Anche se dal borsellino spuntano fuori cascate di monetine di rame, quelle che tutti odiamo e che non abbiamo ancora imparato a usare. La cassiera paziente tende le mani a coppa e conta una per una le monetine da un centesimo, da due, da cinque, mentre l’anziano tiene gli occhi bassi e in silenzio spera che non manchi nulla, perché nulla è rimasto nel borsellino. Se è fortunato, se la cassiera finge che le monetine siano tutte quelle che servivano, la dignità è salva. Ma se i soldi non bastano, allora non basta neanche il fiato per dire che il litro di latte non serviva. Per cena sarà sufficiente la minestrina cotta con l’acqua.

Laura Costantini

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