La cena, che si era fatto portare direttamente dalle
prestigiose cucine del vicino hotel Eden, aveva dato i frutti sperati. Sofia,
bionda e sofisticata avvocatessa di grido, era nuda sotto di lui e gli stava
succhiando la lingua mentre con le lunghe dita esplorava l’interno dei suoi
boxer. Mattias le lasciò la bocca e scese a leccarle i seni, piccoli ma
perfetti. Sofia mugolò a tempo con Lenny Kravitz che cantava Believe in me e strinse le dita intorno
alla sua erezione con movimenti lenti ed esperti.
“Sei
fantastica”, sussurrò Mattias contro il suo collo profumato.
“E
non hai ancora provato niente”, rispose lei, roca, prima di rovesciarlo sotto
di sé.
Lui si riempì gli occhi del corpo perfetto,
accarezzato dal chiaroscuro delle luci soffuse, e continuò a guardarla mentre
lei lanciava indietro i lunghi capelli biondi e cominciava a leccargli il
torace glabro, il ventre, l’ombelico. Non chiuse gli occhi neanche quando Sofia
si dedicò, golosa, al suo pene.
Affascinato dal movimento delle sue labbra, e dalle
sensazioni stupende che gli stava procurando, non si accorse subito del suono
fastidioso del citofono.
“Aspetti
qualcuno?”, chiese Sofia, seccata.
“Certo
che no.”
“A
giudicare da come insistono, non si direbbe.”
Lenny Kravitz cantava ancora, ma la magia si era
dileguata. Mattias infilò al volo i boxer e si alzò dal divano. Gli bastò
attivare il videocitofono per inquadrare la faccia di Lorenzo.
“Che
succede?”, chiese allarmato dalla sua espressione.
“Ho
bisogno di parlarti”, rispose attraverso l’altoparlante.
“Adesso?”
“Adesso.
Apri questo cazzo di portone e fa’ rivestire la tua amichetta.”
“Lorenzo,
è domenica sera.”
“Maggiore”,
disse il colonnello con una voce che non lasciava adito a dubbi, “le è appena
stato dato un ordine.”
“Fanculo!”,
sibilò Mattias premendo il tasto che apriva il portone.
Sofia era rimasta sul divano. Si era accesa una
sigaretta ed era uno spettacolo, così, accoccolata contro i cuscini, nuda e con
la pelle ancora accesa dall’eccitazione.
“Fanculo!”,
ripeté mentre si sforzava di sorriderle. “Mi dispiace tesoro, un imprevisto di
lavoro.”
Il viso della donna non prometteva niente di buono.
“A
quest’ora?”, chiese ironica mentre raccoglieva la propria biancheria intima.
“Hanno assassinato qualche ministro?”
A lei, come a tutte le altre, Mattias aveva
raccontato di essere un consulente per la sicurezza distaccato presso il
Viminale.
“Lo
sai che non posso dirti altro. Mi dispiace, veramente.”
Sofia stava infilando le autoreggenti senza aver
ancora indossato il perizoma. L’immagine era da togliere il fiato.
“Ho
idea che scopi da dio, Mattias, e forse mi resterà la voglia di verificarlo. Ma
fossi in te, non ne sarei così sicuro.”
La afferrò per i fianchi e se la tirò contro il
bacino.
“Io
ci conto”, sussurrò prima di impadronirsi voracemente della sua bocca.
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