Ambientazioni
storiche e documentazione
Pronti
per le dolenti note? Siamo alla settima amabile chiacchierata e arriviamo a un
argomento che mi è particolarmente caro. Dovete sapere che io e la mia socia
siamo laureate in Storia moderna e contemporanea. Questa informazione non vi è
di alcuna utilità, ma potrebbe spiegarvi perché sul discorso delle
ambientazioni storiche e della documentazione io sia particolarmente
rompiscatole. È che mi scatta la sindrome della maestrina dalla penna rossa
quando leggo errori, anacronismi, forzature e, chiamiamola con il suo nome,
ignoranza vera e propria.
Partiamo
col dire che alcuni distinguono tra romanzo storico e romanzo di ambientazione
storica.
Il romanzo storico dovrebbe essere quello
che fa agire un personaggio, o più personaggi, realmente esistiti in un
contesto che rientra nella loro vicenda umana ma che consente un esercizio di
fantasia nell’ambito ristretto della veridicità storica. Un esempio? Immaginare
una vicenda familiare di Vittorio Emanuele II tra una guerra d’indipendenza e l’altra.
Un esempio di romanzo storico attuale è la serie sui Medici di Firenze scritta
in modo magistrale da Matteo Strukul.
Il romanzo di ambientazione storica
dovrebbe essere quello che inserisce personaggi di fantasia in un contesto
storico preciso. Eventualmente possono interagire con personaggi realmente
esistiti, ma i protagonisti rientrano nella fiction e non nella ricostruzione
storica. Un esempio di romanzo di ambientazione storica è il nostro Ricardo y Carolina, ambientato nel
Messico di Massimiliano d’Asburgo e di Benito Juarez.
La
distinzione non mi trova del tutto d’accordo, ma in questa nostra NON lezione
ha poca importanza perché in entrambi i casi l’ambientazione storica e la
documentazione sono fondamentali.
Ne
abbiamo già accennato parlando delle ambientazioni contemporanee. Se a te,
autore o autrice, sembra figo immaginare i tuoi personaggi in armatura, in
calzamaglia, in corsetto e crinolina, sei nel tuo diritto. Ma il costume che
sceglierai ti porterà a parlare di un’epoca e io lettore esigo che tu quell’epoca
me la faccia vivere.
Immaginate
una scena medievale. Un borgo, un sentiero fangoso, una baracca. All’interno
una povera famiglia riunita intorno al desco, stoviglie di terraglia, cucchiai
di legno, una misera panca per sedersi, nessuna tovaglia. Hanno addosso delle
tuniche e mangiano in silenzio una zuppa di patate accompagnandola con fette di
pane raffermo… Fermi tutti! Patate? Nel medioevo, ovvero prima della scoperta
dell’America? Impossibile. E il vostro romanzo finisce dritto nel riciclo della
carta. Oppure viene cancellato dall’e-reader. Mi pare già di sentirvi: “Sì,
però quella zuppa non era fondamentale ai fini della storia, poteva essere di
cipolla, di erbe di campo. Che importa?”
Importa.
Perché se parlando di New York oggi non potete inserire nello skyline le Torri
Gemelle, parlando di Roma medievale non potrete immaginare il vostro
personaggio commosso davanti alla maestà di San Pietro.
Quando
decidete di ambientare una storia in un’epoca, il primo passo da compiere è
studiare quell’epoca. E studiarla nei particolari minori, quelli che nessun
libro di storia aperto a scuola vi ha mai fatto conoscere. Verso la fine dell’800
esisteva un farmaco contro le convulsioni? Sì, esisteva. Tra i pellerossa del
XIX secolo era tollerata l’omosessualità? Tollerata e considerata addirittura
sacra. In che anno in Gran Bretagna fu abolita la pena di morte per sodomia?
Nel 1861, ma si continuava a condannare ai lavori forzati i maschi e al
manicomio le femmine omosessuali. È vero che l’imperatrice Carlotta ebbe dei
gravi crolli nervosi a causa di una cura
empirica contro la sterilità a base di funghi dagli effetti allucinogeni? Pare
sia vero, ne parlano documenti dell’epoca. Un gangster della New York del 1920
poteva imbracciare un mitra? Sì. Un modello Thompson reso famoso dai film sui gangster?
No, nel 1920 non era ancora prodotto. E se una gentildonna con i capelli a
caschetto e il vestito scivolato sui fianchi soffriva di mal di testa, poteva
prendere un’aspirina? Sì, era in produzione da prima degli anni ’20. Capito il
senso? Studiare gli abiti, gli accessori, la biancheria intima, i farmaci, il
linguaggio. Ragazzi, il linguaggio! Se un gladiatore in procinto di scendere
nell’arena apostrofa il proprio avversario figlio
di puttana fa subito sfida all’OK Corral. Ci sarà stato di sicuro un modo
per insultarsi, ma varrebbe la pena di aprire qualche volume di Marziale e
cercare gli epiteti adatti, magari lasciandoli in latino. I lettori non sono
gli svogliati che ci piace pensare. Amano essere sorpresi e amano, anche,
scoprire cose nuove.
La
documentazione è fatica? Vero. E vi dirò di più. Per esperienza diretta userete
meno di un quarto della mole di informazioni che avrete accumulato compulsando
testi e siti, ma avere molte informazioni avrà operato nella vostra mente una
mutazione. Voi avrete ben chiaro lo spirito di quell’epoca e riuscirete a
renderlo, vero e vivido. Perché poi potreste incappare in un editor di una casa
editrice che, a fronte della descrizione di un inseguimento a bordo di
splendide auto d’epoca nella New York del 1920, vi contesterà il tragitto
scelto e vi chiederà di verificare se in quell’anno Broadway Avenue fosse a
senso unico. E non me lo sto inventando. Per inciso questa informazione non
sono riuscita a trovarla.
Accettata
la necessità di una documentazione a tappeto, come documentarsi? Molti
demonizzano Wikipedia e irridono chi la consulta. Ma in questo sottovalutano un
mezzo che ha i suoi pregi. Perché Wikipedia fornisce dei link nelle note
bibliografiche che possono celare veri e propri tesori. Divertitevi a
consultarle un giorno e vi sorprenderete. Poi, ovvio vengono i testi cartacei e
le biblioteche. Ma, faccio un esempio dalla mia esperienza, se si sa cercare –
e si ha anche una bottarella di fortuna – in Rete si può scoprire un piccolo
tesoro scaricabile legalmente. Il diario di Sarah Yorke, americana alla corte
di Massimiliano d’Asburgo, per il nostro romanzo sul Messico juarista è stato
una miniera di informazioni introvabili.
E
ribadisco che la maggior parte non le abbiamo usate perché nelle ambientazioni
storiche non c’è niente di peggio del cosiddetto info-dumping. Il fatto che tu autore sappia quanto era alta la
residenza imperiale di Chapultepec a Città del Messico, o quanti anni vennero
impiegati a costruirla, o chi dipinse gli affreschi e quali temi vennero
scelti, non significa che al lettore tutto ciò interessi. Il lettore vuole
essere lì, sul terrazzo insieme all’imperatore Massimiliano e alla sua Carlotta
e sentirli parlare come una coppia di coniugi innamorati e moderni, quali in
fondo erano.
Lo
sfondo conta, è un personaggio a sua volta, ma non deve soffocare la vicenda,
la sola che sia veramente importante. Lo scopo di ogni romanzo.
Grazie per questa lezione-non lezione. Molto interessante! Sono alle prese con un romanzo che prevede un'ambientazione di inizio novecento, all'epoca della nascita della psicoanalisi. Sto cercando di mettere a punto i dialoghi. Se faccio parlare i personaggi come all'epoca, non rischio di annoiare il lettore di oggi? Come riuscire a trovare il giusto equilibrio?
RispondiEliminaCiao Rosalia, grazie di leggermi. Nei dialoghi io inserirei una sfumatura antiquata senza esagerare. Il voi invece del Lei e qualche vocabolo un po' desueto. Non è necessario essere perfettamente fedeli, ma restituirne il sapore.
EliminaHi greaat reading your post
RispondiElimina