La macchina del fango si è rimessa in moto. Quella che Saviano denuncia. Quella che Belpietro, Sallusti e Feltri, abili timonieri, negano. Quella che Boffo, ex direttore dell’Avvenire, conosce fin troppo bene. Mara Carfagna, ministro delle pari opportunità in odore di dimissioni, deve averla messa in conto. Si spera. Perché neanche lei, con quel suo sguardo sbigottito sul mondo, può aver pensato di passare indenne nella trincea degli infangatori di professione. Speriamo abbia indossato vecchi pantaloni e scarponi pesanti. Speriamo abbia una tempra più robusta di quel suo aspetto da danzatrice classica calata per sbaglio in austeri tailleur. Perché i titoli son tutti per lei, adesso. E non importa sia stata un ministro inaspettatamente efficace. Non importa abbia abbandonato i pregiudizi che la spinsero, nel 2007, a condannare l’omosessualità con parole degne di un vecchio cardinale. Né che si sia fatta promotrice di una legge contro lo stalking, sanando un colpevole ritardo. I titoli sono tutti per lei. Perché non si dichiara impunemente di volersi dimettere da ministro, dal partito e dal parlamento quando si è parte integrante dell’autodefinito partito dell’amore. Perché non si accusa impunemente il popolo del premier di essere in preda a una guerra tra bande. La macchina del fango l’aspettava al varco, pronta a vincere facile. Mara Carfagna è “stata la prima a fare pubblicamente arrabbiare Veronica Lario per le galanterie che le riservava il cavalier Silvio Berlusconi”, dichiara Il Giornale dandole della “battistrada”. Libero fa di più, molla gli ormeggi della decenza e si gioca un doppio senso servito su un piatto d’argento sul cognome del portavoce di Fini, amico personale della Carfagna: “Mara e il fascino del Bocchino, spiegatele che non è quello che crede”. L’articolista del Giornale rilancia: “Non è la prima donna che prossima alle nozze - fissate in primavera con l’immobiliarista Marco Mezzaroma - coltivi in contemporanea un’amicizia con un collega di lavoro. Nessuno dubita infatti che dietro le fibrillazioni di Mara ci sia lo zampino fascinoso di Italo Bocchino, il pasdaran finiano.” Ammettiamolo: è difficile aver simpatia per la Carfagna , non foss’altro per quel suo essere il tipo di donna in politica preferito dal premier: bella, giovane, inesperta, succube del fascino del capo. Eppure è la prima a sottrarsi al controllo del seduttore massimo e nessuno se lo sarebbe aspettato. Non dalla ragazzetta campana che nel 1997 partecipò a Miss Italia, colse una fascia da Miss Cinema e debuttò subito a “Domenica In”, al fianco di Fabrizio Frizzi. Era l’anno della clamorosa separazione di Frizzi da Rita Dalla Chiesa e gli indici accusatori si appuntarono sulla fresca bellezza della Carfagna. Fu allora che la conoscemmo. Ci spalancò in faccia lo stesso sguardo sbigottito che le conosciamo e negò. Nessuno era disposto a crederle. Invece era sincera. E se lo fosse anche oggi?
Laura Costantini
per leggere certi giornali, bisogna fare lo slalon tra le calunnie e le balle!
RispondiEliminaTroppo vero!
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