Geograficamente siamo seduti su una pentola a pressione. Le immagini della rivolta in Egitto riempiono le pagine dei giornali e gli schermi delle tv. Orde di turisti spaventati bivaccano negli aeroporti in attesa di essere riportati a casa. Le unità di crisi avvertono di tenersi alla larga dal paese del sole perenne, delle piramidi, delle vacanze esotiche low cost. Gli italiani fuggono da Sharm El Sheik e guardano gli egiziani scendere in piazza per chiedere le dimissioni di un presidente che non vuole saperne di mollare la poltrona. Li guardiamo con sconcerto. Come se quelle manifestazioni di ragazzi che gridano slogan contro un governo vecchio e corrotto non si fossero svolte anche da noi. Come se non ci fossero nelle piazze italiane gazebo dove si raccolgono firme per chiedere le dimissioni del presidente. Il nostro presidente. A ognuno il suo faraone, ha ironizzato domenica scorsa D’Alema ospite di Lucia Annunziata. A ognuno la sua storia. E se c’è una cosa che noi abbiamo in comune con l’Egitto è di sicuro un patrimonio storico e culturale enorme. Un patrimonio che ci appartiene ma che siamo chiamati a custodire e difendere in nome di tutta l’umanità. E l’immagine che più colpisce, tra quelle che in barba alla censura giungono a getto continuo dall’Egitto, si riferisce ai cancelli del Museo Egizio del Cairo. Le mura sono state imbrattate dalla vernice di scritte indecifrabili. Nei corridoi, tra le vestigia di una delle civiltà più grandi che questo pianeta abbia prodotto, si aggirano soldati in mimetica e mitraglietta spianata. Alcune vetrine sono infrante, alcuni reperti sono danneggiati, due mummie sono state decapitate. Ma fuori dai cancelli, senza altra autorità che la propria appartenenza a quel paese, a quella cultura, c’è una folla di persone che vuole proteggere il Museo e tutto ciò che contiene. C’è un uomo che, con le lacrime agli occhi, afferma che tra quelle mura è custodita l’anima stessa dell’Egitto e che loro, a mani nude e senza alcuna divisa addosso, la proteggeranno perché in quell’anima si riconoscono, di quell’anima sono figli. Il patrimonio artistico, storico e culturale che l’Italia è chiamata a custodire è ancora più importante, ancora più imponente di quello prodotto all’ombra delle piramidi. Ma non è facile immaginare ronde di cittadini italiani inermi far barriera davanti ai Musei Capitolini, agli Uffizi, all’arena di Verona o al Duomo. Immaginarci pronti allo scontro fisico, al rischio della nostra incolumità per tenere i balordi, i razziatori, i vandali lontani dalla bellezza immortale che questo paese ha saputo produrre nei secoli e nei millenni. Si tratterebbe di combattere per la cultura, per un senso di appartenenza. Per qualcosa che non siamo in grado di quantificare se ancora oggi, nel centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, siamo lì a disquisire sulle colpe di Garibaldi, di Cavour, di Vittorio Emanuele II. E sul nostro sentirci padani, terroni o ladroni romani.
Laura Costantini
Trovo questo pezzo bellissimo, lo sottoscrivo completamente.
RispondiEliminaGrazie Ross :)
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