giovedì 17 febbraio 2011

Sara' che noi siamo di un altro lontanissimo pianeta

La riflessione nasceva da un commento lasciato da Morgan Palmas sul blog di Remo Bassini nel maggio del 2007, ma resta validissima a mio parere. Quindi...

"Gli Italiani leggono sempre meno perché siamo un po’ tutti “napoletani” (lo scrivo con nessun intento offensivo, anzi, grande ammirazione per la città di Napoli), ma è risaputo che lì in particolare ci si arrangia giorno per giorno alla meglio come in nessun altro luogo di Italia, là ho visto le cose più incredibili nella vendita. E leggere è difficile, richiede tempo, concentrazione, calma… nessuna scorciatoia, prendere in mano le perle della letteratura classica non è facile se si vuole andare in profondità.
E leggere non ti fa diventare ricco economicamente , obiettivo principale di tanti giovani."
Una riflessione amara, quella di Morgan. Che spiega anche il titolo che ho voluto dare a questo post. Noi, inteso nel senso di noi che amiamo leggere, parlare, comunicare, scrivere, anche incazzarci, comunque condividere, apparteniamo sul serio a un altro lontanissimo pianeta? Alle volte mi viene da pensarlo perché non riesco a capire. Non penso di essere tanto vecchia da aver posto una distanza abissale tra me e le cosiddette nuove generazioni. Storco il naso davanti a fenomeni come Il Grande Fratello, ovvero la patria stessa del "provarci tanto per provarci, allo scopo di esserci, diventare famosi, arricchirsi". Poi mi è capitato di conoscere alcuni dei concorrenti, alcuni dei vincitori. E ho scoperto delle persone che studiano (non solo recitazione), che hanno una laurea, che pensano con la propria testa, che sanno esprimere un'opinione di senso compiuto, che hanno una profondità d'animo. Allora capisco che, anche se non sono la maggioranza, ci sono persone che scelgono di usare i mezzi che questa società mette a loro disposizione, per emergere. E non al solo scopo di arricchirsi (scopo che comunque non fa schifo a nessuno, siamo onesti), ma per farsi conoscere, per avere voce in capitolo o semplicemente per fare quello che era il loro sogno fin da bambini. Recitare in un film, condurre una trasmissione, entrare in un giornale, pubblicare un libro. Tutte cose che hanno strettamente a che fare con l'apparire e che, proprio per questo, vengono guardate con sospetto più o meno da tutti. Noi compresi. Noi che ci consideriamo degli alieni in una società che ha abdicato alla profondità in favore della velocità. Una società che consuma immagini, volti, parole, anche libri. Una volta un volume pubblicato guadagnava una sorta di esistenza che niente aveva da invidiare a quella di un essere umano. Passavano gli anni e comunque il volume esisteva, c'era, si poteva acquistare. Oggi, dopo pochi mesi, un libro è morto, fuori produzione, andato. Proprio come certi personaggi della tv. E non è detto che questa selezione feroce come e più di quella darwiniana, lasci in superficie il valore. Ci sono libri bellissimi ormai introvabili. E c'è una società, quella italiana, che legge troppo poco perché non ha tempo, perché ha altri hobby, perché quello che c'era da sapere lo sa di suo (sto citando frasi riportate nei commenti del post di Remo). Eppure quando un libro merita, quando viene messo nelle mani di un non lettore e consigliato caldamente, quando si riesce a superare la diffidenza... A TUTTI PIACE LEGGERE. L'abbiamo sperimentato anche con i nostri romanzi. Ci sono stati parenti miei e di Loredana che non avrebbero letto neanche un libretto d'istruzioni e invece si sono appassionati e hanno continuato a leggerci man mano che pubblicavamo. C'è stata un'amica che ha perso il sonno, nonostante il lavoro e una bambina piccola, per arrivare alla parola fine di un nostro romanzo. Allora capisco che non è vero che apparteniamo a un altro lontanissimo pianeta. E' che ci siamo lasciati togliere il gusto del nostro tempo, dei nostri sogni, della nostra fantasia. Per questo non sono d'accordo nelle condanne più o meno unanimi nei confronti di Moccia, di Harry Potter o comunque di quei libri che sono diventati fenomeni di costume, indipendentemente dal valore letterario. Perché un libro che piace, che costringe milioni di adolescenti a leggere è, l'ho detto fino alla nausea e continuerò a ripeterlo, una porta aperta attraverso la quale altri libri, altre idee, altri sogni troveranno posto nelle menti di giovani e meno giovani.
A mio parere bisogna lavorare per questo.

3 commenti:

  1. Posso aggiungere un altro argomento? Quello che riguarda l'ebook. In questi giorni sto leggendo "Elogio degli ebook" di Mauro Sandrini (con Google si trova facilmente, ed è possibile scaricare un'anteprima). Credo che il suo punto di vista, l'idea del libro che da merce, torna a essere bene, grazie all'ebook, sia molto interessante. Rappresenta la speranza che il libro torni a essere occasione di dialogo, di confronto, anche per chi fino a ieri, non si sentiva coinvolto.

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  2. Marco, e' un punto di vista assolutamente interessante. E una riflessione giusta visto che l'e-book rappresenta, effettivamente, un superamento delle mere logiche di mercato. Grazie :)

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  3. condivido completamente il post: non sarà che siamo noi (cioè quelli che non seguono il Grande Fratello) a tranciare giudizi un tot al chilo? Anch'io conosco ragazzi che non gli daresti 1 euro per sbaglio e poi li scopro imbucati a leggere libri favolosi che io ancora non ho letto (mi è capitato con il figlio 13enne di un'amica, la scorsa domenica). Non mi convince molto invece l'idea che l'ebook possa rappresentare il superamento delle logiche del mercato. Ho provato ma non mi da lo stesso piacere del cartaceo, è un'altra cosa. Forse somiglia molto alle altre letture (molte) online, che apprezzo. Ma un libro...no, lo voglio toccare, proprio toccare...

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