mercoledì 20 aprile 2011

I miei articoli per "La Sesia": Per non dimenticare tutti i Vik del mondo

La Rete, la televisione, i giornali. Da giovedì scorso non esiste in Italia persona che non sappia chi fosse Vittorio Arrigoni. Che non ne abbia ascoltato la voce, visto la bella faccia adorna di barba e piercing, sentito le parole forti di Egidia Beretta Arrigoni, sindaco di Bulciago e mamma di un uomo che ha sacrificato la vita per un ideale. Rapito, offerto sanguinante a una telecamera, assassinato. Da chi e perché ce lo diranno scegliendo la soluzione più semplice e rassicurante. Terroristi, Al-Qaeda, fondamentalisti salafiti. Caso archiviato. Eppure la vicenda di Vittorio, Vik per gli amici, ha valore per ciò che è accaduto prima di giovedì scorso, per ciò che questo 36enne è stato mentre la stragrande maggioranza di noi ne ignorava l’esistenza. Si legge su una nota di Facebook: “Vittorio Arrigoni è stato ucciso. Prima di ieri non sapevo chi fosse, ho letto che era un militante filopalestinese, uno che viveva a Gaza. Per fare quella scelta di vita bisogna avere forti ideali, bisogna davvero volere un mondo migliore e avere il coraggio di lottare in prima persona. La 7 stamattina parla di “Berlusconi e la sindrome del dopo”, ieri sera Lilli Gruber intervistava Bersani. Mi sembra di essere stata rapita dagli alieni. Proviamo a dire ai giornalisti, facendo appello a quel po’ di dignità personale e professionale che può essere rimasta loro che ricomincino, subito, ad occuparsi del mondo, delle cose che succedono.” Già, dov’era Vittorio Arrigoni prima di incontrare le mani che gli hanno serrato un filo d’acciaio intorno al collo? A Gaza, certo. Oggi è tutto un fiorire di link ai suoi reportage di guerra durante l’operazione “Piombo fuso”. Parole e immagini, testimonianze in diretta mentre intorno fischiavano le pallottole dei cecchini. Chi lo ascoltava attraverso Guerrilla Radio lo conosceva bene, lo ammirava, lo considerava a ragione un giornalista, un inviato di quelli che da sempre fanno la leggenda di questo mestiere. Leggiamo su un post del blog Mentecritica: “Vittorio Arrigoni. Aveva un blog, aveva scritto un libro, faceva reportage sul campo, è stato ucciso come un cane dalle stesse persone per le quali spendeva la vita. Eppure, potenza dell’ordine e delle case editrici, su tutti i giornali è definito volontario, operatore umanitario, cooperante, nella migliore delle ipotesi blogger. Forse è perché non era stato da Fazio a leggere liste.” E insistono le voci della Rete. Insistono con le domande: “Chi sono quelli che hanno rapito Arrigoni? Perché lo hanno ucciso invece di fare lo scambio? Quanti altri cooperanti o volontari italiani ci sono in Palestina? Cosa stanno facendo?” Fa impressione pensare che se giovedì scorso qualcuno non avesse deciso che Vik aveva visto, detto, sentito qualcosa di troppo, noi oggi saremmo qui a parlare, ancora e sempre, del nostro meschino orticello intasato di immondizia, processi brevi e Ruby Rubacuori. Mentre là fuori c’è chi si batte per un mondo migliore.

1 commento:

  1. Sì.
    Poi cala il silenzio.
    Che ha però due diverse versioni.
    Tace chi infondo ha sempre taciuto per convenienza e calcolo.
    Tace chi sa che esistono due tipi di morte, a 36 anni: quella naturale, che va accettata per quanto dolorosa.
    E quella violenta, che dopo le lacrime chiama alla verità.
    E la verità, quella che anima ogni autentica passione, è ciò che infondo l'ha ucciso.

    Chi mai ha interesse a saperla? A cercarla? A raccontarla?
    Così, ben venga il silenzio.
    Non quello dell'oblio, quello che non dimentica e aspetta.
    Di ciò che scrivono o dicono i media nazionali non voglio sapere nulla.
    Di menzogne non ne posso più...

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