Eccolo in azione:
Il sole stava sorgendo, rapido e radioso sulla
desolazione abbacinante della Death Valley. Ma il colonnello Amy Minogue,
decine di metri sotto la superficie della distesa delle Bad Waters, poteva solo
immaginarlo e rimpiangere una boccata di aria pura. Non che sarebbe servita a
molto dopo la notizia che il maggiore Cayden aveva chiesto di conferire con
lei.
“Lo
faccia passare”, disse nell’interfono prima di stringere le mani intorno alla
tazza di caffè, cercando di carpirne il calore. Mister Liberty aveva il potere di terrorizzarla. C’era una follia
crudele appena sotto la superficie di quegli occhi gelidi. Una follia sempre
sul punto di esplodere.
“Colonnello”,
esordì Cayden appena entrato. E sulle sue labbra suonò come un insulto.
“Maggiore,
si sieda. Vuole una tazza di caffè?”
“Si
risparmi i convenevoli.”
“Non
chiedo di meglio. A cosa devo il dispiacere?”
“Ordini
superiori. Il mio contatto nel Servizio italiano si è fatto vivo: Demedici e i
suoi sono diretti in Marocco.”
Il colonnello Minogue prese un planisfero tra le
carte sulla sua scrivania.
“La
tessera 12/7”, esclamò. “Allora avevo ragione.”
Il sorriso sulle labbra di Cayden fu una smorfia.
“Ragione?
Lei aveva indicato un’area enorme, da Gibilterra a tutto il Medio Oriente.”
“Sempre
meglio che dover cercare in tutto l’emisfero boreale, maggiore.”
I loro occhi si sfidarono per qualche istante e Amy
riuscì a non abbassare lo sguardo, nonostante l’inferno che vedeva nelle iridi
scure di Cayden. L’uomo ne sembrò sorpreso.
“Il
generale O’Shea vuole che lei faccia parte del mio gruppo”, disse alzandosi per
versarsi il caffè.
“Cosa?”
“Ha
capito bene, colonnello. Siamo in partenza per il Marocco e sono qui per
chiarirle alcuni punti fondamentali: io me ne sbatto i coglioni che lei abbia
un grado superiore al mio. Nel mio gruppo sono io a dare gli ordini.”
Amy tacque il tempo necessario perché Cayden
tornasse a sedersi.
“Non
ha niente da dire?”, chiese l’uomo fissandola al di sopra della tazza.
“Ha
parlato di alcuni punti fondamentali,
maggiore. Sono in attesa degli altri.”
Cayden stirò le labbra in un sorriso da squalo. Il
colonnello Minogue, appassionata di immersioni, si trovò a pensare che anche lo
sguardo non aveva niente da invidiare al vuoto tenebroso e maligno degli occhi
del più feroce tra i predatori del mare.
“Si
sente al sicuro, non è vero?”, sussurrò Mister
Liberty. “Si sente al sicuro perché siamo ancora tra queste quattro mura ed
è convinta che non avrei il coraggio di sbatterle la faccia contro la sua
ordinata scrivania e fotterla fino a farla sanguinare. Si sbaglia, colonnello.
Se solo sapesse quanto si sbaglia.”
Amy non sapeva come, ma era riuscita a reggere il
suo sguardo. Il cuore le batteva impazzito nel petto e le sembrava che l’aria
fosse all’improvviso rarefatta e ostile.
“Bene”,
disse con un tono neutro del quale non si sarebbe mai creduta capace. “Se
questo è tutto, maggiore, lasci che stavolta sia io a chiarirle alcuni punti
fondamentali: la considero un elemento assolutamente dannoso per il compito che
siamo chiamati a svolgere, uno psicopatico ormai al di là di qualsiasi
possibilità di recupero. Ciò nonostante sono un soldato e ritengo che il nostro
primo dovere sia obbedire agli ordini. Se il generale O’Shea mi vuole nel suo
gruppo, partirò con lei, maggiore. E accetterò anche le sue condizioni riguardo
i ruoli all’interno dell’unità operativa. Mi rendo conto che per il suo
instabile equilibrio mentale, accettare ordini da una donna potrebbe essere
devastante. Ma non deve mai, neanche per un istante, pensare che le permetterò
ancora di minacciarmi come ha appena fatto.”
“Ma
davvero?”
L’ironia di Cayden non la colse impreparata. Il
maggiore, con uno scatto degno di un cobra, si protese ad afferrarla attraverso
la scrivania. Fu un errore del quale si rese conto subito dopo. Veloce come e
più di lui, il colonnello Minogue era scattata in piedi e, mentre la poltrona
bruscamente allontanata continuava la sua corsa fin contro la parete di fondo,
lei piroettò su se stessa e colpì Cayden alla tempia con il tallone. Indossava
i pesanti scarponi militari e uno strappo nel cuoio capelluto perfettamente
rasato cominciò a sanguinare mentre il maggiore tentava di mantenersi in piedi.
Amy lo vide scuotere la testa e schizzare sangue intorno come un grosso cane
appena uscito dal bagno.
“Puttana,
tutto qui quello che sai fare?”
“A
me è sembrato abbastanza.”
La voce era quella del generale O’Shea, in piedi
sulla porta. Cayden non abbozzò neanche un saluto. Amy scattò sull’attenti
senza mascherare la soddisfazione.
“Comodi,
comodi. Soprattutto lei, maggiore Cayden. Ha l’aria di aver bisogno di
sedersi.”
Per un attimo il colonnello Minogue ebbe la certezza
che quel pazzo si sarebbe lanciato a testa bassa contro il loro superiore. Ma
non era pazzo fino a quel punto. Non ancora.
“Sto
benissimo, signore”, rispose a denti stretti.
“Me
ne compiaccio e spero che questo piccolo scambio di vedute tra lei e il
colonnello Minogue sia stato proficuo in vista della vostra partenza.”
“Credo
che io e il maggiore Cayden, adesso, ci si conosca meglio”, rispose la donna.
Non poteva vedere il viso di Mister
Liberty, ma ne percepiva la rabbia. Si propagava come l’onda d’urto di
un’esplosione sotterranea.
“Quindi,
colonnello Minogue, sono autorizzato a pensare che lei sia d’accordo a
concedere al maggiore una posizione di comando per la durata della missione.”
“Non
vedo alcun problema, signore.”
“E
lei, maggiore, vede qualche problema?”
Lo scambio di sguardi con il generale O’Shea ebbe
una durata angosciante, poi la mascella di Cayden si rilassò.
“No,
signore. Nessuno.”
Nessun commento:
Posta un commento
I commenti non espressamente firmati e/o sgradevoli verranno cancellati dalle proprietarie di questo blog.