lunedì 21 maggio 2012

Lory ha letto "Il metodo del coccodrillo" di Maurizio De Giovanni


C’è un errore che non dovete fare leggendo il nuovo romanzo di Maurizio De Giovanni: pensare al commissario Ricciardi. Questo vi impedirebbe a) di interagire con l’ispettore Giuseppe Lojacono, protagonista de “Il metodo del coccodrillo” , b) di gustare a pieno lo snodarsi di una vicenda che, sebbene ambientata ai giorni nostri, ha il gusto e il sapore delle storie vere, quelle che caratterizzano la prosa del nostro Maurizio. Se la scientifica resta ai margini delle indagini dell’ispettore Lojacono e del magistrato Laura Piras non è un caso. Qui non siamo davanti a una spy story, a un giallo dai risvolti politici o a un thriller psicologico. Qui siamo davanti a una tragedia umana i cui risvolti ci trascinano nostro malgrado nelle vite dei protagonisti. Ancora una volta ad armare la mano dell’uomo è l’amore, quell’amore che intorbida i sogni di un padre che non vede e non sente sua figlia da troppo tempo. Quell’amore che spinge una madre a rinunciare a se stessa per un figlio che non comprende il suo sacrificio. Perché i temi cari a Maurizio, i sentimenti, vedono protagonisti gli uomini non i fatti. Quelli, sebbene splendidamente narrati, fanno da contorno, si intrecciano e si dipanano in un gioco di chiaroscuri che mette in mostra la grandezza dello scrittore. Perché Maurizio è uno scrittore in purezza, senza artifizi, senza costruzioni fantasmagoriche. Le storie scivolano via dalle sue dita con la semplicità con cui l’acqua sgorga dalla sorgente e a noi non resta che unire le mani a coppa per estinguere la sete. Lojacono non è Ricciardi, Laura Piras non è Livia e Letizia non è Enrica, la Napoli di oggi non è quella degli anni ’30. Ma la grandezza e le piccolezze degli uomini sono le stesse. E a coloro che  potrebbero rimpiangere Luigi Alfredo io dico solo aspettate, date a Peppuccio il tempo che occorre e allora entrerà nei vostri cuori.  Non per scalzare Ricciardi ma per fermarsi accanto a lui a ricordarci che dove c’è il male c’è, sempre anche il bene.
Lory

1 commento:

  1. Precisato, come doveroso disclaimer, che ho l'onore di essere amico di Maurizio de Giovanni, complimenti, condivido tutto: Maurizio scrive di sentimenti persino quando scrive di calcio sulla propria bacheca o sul giornale.

    Ho letto "Il metodo del coccodrillo" pochi giorni dopo aver finito gli atti unici de "Gli altri fantasmi" e aver pianto per la "Storia di Papo e Bimbomio", e ho ritrovato - in un contesto molto più complesso, e amplificata dalla numerosità delle storie che si succedono - la grande umanità con cui Maurizio sa parlare, come scrivi, del tragico dolore che può trarre origine dall'amore.

    E' un tema che ricorre anche in certe riflessioni tra le più intime di Ricciardi, ed è causa di molte delle sue sofferenze: qui acquista centralità, ed è svolto magistralmente.

    E intorno c'è pure un ottimo romanzo giallo, così ben costruito da poter prescindere dal colpo di scena finale, animato da un protagonista che, come fa intuire l'ultimo capitolo, rivedremo, in alternativa - non certo in contrapposizione - a Ricciardi, e che forse ci porterà anche a maggiore empatia, perché Lojacono è uno di noi, un nostro contemporaneo, e non gli serve la triste magia del commissario.
    Lojacono intuisce il dolore degli altri, non lo "vede", perché ha vissuto e vive senza riuscire a staccarsi dal proprio.

    RispondiElimina

I commenti non espressamente firmati e/o sgradevoli verranno cancellati dalle proprietarie di questo blog.