Tommaso Padoa-Schioppa è morto nella notte del 18 dicembre scorso, a Roma. Aveva 70 anni e stava partecipando a una cena. Ha avuto un malore, è stato soccorso e portato in ospedale, ma è spirato per arresto cardiaco lasciandoci soli e condannati a quella “veduta corta” cui aveva dedicato il suo ultimo saggio. I mass media ci hanno fatto sapere che gli amici e i giornalisti che avevano la fortuna di conoscerlo personalmente lo chiamavano Tps. Poi ci hanno ricordato che era un timido e che se la cavava molto meglio coi conti e con i saggi che non con le dichiarazioni estemporanee. Perché nel paese dove il 25% dei contribuenti evade il fisco totalmente Tps, con quella sua faccia lunga da medico di provincia, ebbe l’ardire di andare in televisione e affermare che "pagare le tasse è bello", perché ti fa partecipare al bene comune. Aveva ragione, lo sappiamo, ma una cosa del genere in Italia puoi pensarla, non dirla. Soprattutto quando all’opposizione dell’allora governo Prodi c’era Berlusconi a cavalcare la genetica tendenza degli italiani a fare sempre e comunque i propri, ristretti interessi. Una veduta corta, appunto. La stessa che permise che un economista come lui, padre fondatore dell'Unione monetaria e protagonista nel cammino che portò alla nascita dell’euro, uscisse dalla scena politica così come vi era entrato. In sordina. "Le istituzioni vengono prima degli uomini", amava ripetere. E nel rispetto delle istituzioni accettò che gli venisse scippato il governatorato di Bankitalia. Avrebbe dovuto succedere a Ciampi, gli preferirono Antonio Fazio e tutti sappiamo com’è andata a finire. Tps non era attaccato alle poltrone. In quanto tecnico, si sentiva comunque importante per questo paese e meno di un mese fa aveva espresso in un editoriale i quattro difetti da correggere per ricostruire l’Italia: rapporto tra elettori e politica (legge elettorale), rapporto tra politica e l'informazione (televisioni in primo luogo), funzionamento della giustizia (indipendenza e tempi dei giudizi), rapporto tra Nord e Sud (federalismo). Non li portava bene i suoi 70 anni, ma non aveva perso il gusto (che per lui era anche dovere) di una attiva partecipazione alla 'res pubblica'. Sui media è stato tutto un diffondersi di omaggi all’uomo delle istituzioni. Ma Tps era fuori moda come pochi altri: laico, orgoglioso di essere italiano, innamorato dell’Europa, incapace di relazionarsi con la comunicazione di massa. A chi gli ricordava l’infelice battuta sui “bamboccioni” Tps ribadiva che si era trattato di un invito ai volonterosi, non una critica ai nullafacenti (di cui avrebbe detto con ben altri toni Brunetta). Fiato sprecato. Per lui che era un inguaribile idealista non poteva esistere assoluzione. Aveva dimostrato che il rigore nella gestione della cosa pubblica non solo era possibile, ma attuabile. Aveva portato l’Italia dalla “veduta corta” in Europa. Aveva definito bellissime le tasse. Era un servitore dello Stato. Una razza in via di estinzione.
Laura Costantini
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