giovedì 13 gennaio 2011

I miei articoli per "La Sesia":il diritto di rimanere

Era novembre del 2009 e fece molto scalpore la lettera che Pier Luigi Celli, direttore dell’Università privata Luiss, scrisse pubblicamente al proprio figlio neolaureato invitandolo ad andarsene da questo paese. Fu un appello accorato. “Questo è un Paese in cui, se ti va bene, comincerai guadagnando un decimo di un portaborse qualunque; un centesimo di una velina o di un tronista; forse poco più di un millesimo di un grande manager che ha all'attivo disavventure e fallimenti che non pagherà mai… Per questo, col cuore che soffre più che mai, il mio consiglio è che tu, finiti i tuoi studi, prenda la strada dell'estero. Scegli di andare dove ha ancora un valore la lealtà, il rispetto, il riconoscimento del merito e dei risultati… Dammi retta, questo è un Paese che non ti merita…”
Parole dure ma permeate dalla rabbia di chi si sente costretto a confessare pubblicamente la peggiore delle sconfitte, per un genitore. Un intero anno è passato. Un anno durante il quale il tasso di disoccupazione è cresciuto e la rabbia dei giovani si è alimentata alla fonte di tagli alla spesa pubblica, disconoscimenti di contratti collettivi di lavoro, riforme universitarie. Fino a sfociare in episodi di violenza (come quelli di Roma lo scorso 14 dicembre), ma anche in grandi manifestazioni pacifiche (come quella, sempre a Roma, lo scorso 22 dicembre). A conti fatti la situazione denunciata da Celli non è cambiata di una virgola e chi, adulto, abbia ancora memoria di quali siano state le proprie speranze in gioventù non può non prendere atto che avere vent’anni oggi sia tutto fuorché una fortuna. A meno che non si chiami Barbara Palombelli. La giornalista, scrittrice e opinionista, titolare sul patinatissimo Vanity Fair della rubrica “Graffi & carezze”, ha deciso in apertura d’anno di parafrasare la lettera di Celli, ma a modo suo. Titolando lo sfogo “Stavamo peggio noi, cari giovani”, esordisce con “Uffa, i giovani. Che lagna infinita”, argomenta con il più retrivo “ai nostri tempi”, nota che “le famiglie, anche quelle meno abbienti, si dissanguano” per far girare il mondo ai figli e conclude con “dovremmo provare pena o compassione? Giammai.” Ora, non stiamo a sottolineare che i sacrifici per studiare, i viaggi in autostop, il gettone per telefonare e la condivisione della stanza con altri difficilmente possono essere appartenuti a chi, recita Wikipedia, a 25 anni era già stata assunta a tempo indeterminato nella redazione dell’Europeo di Mario Pirani. I cinquantenni di oggi ricordano bene le difficoltà della loro giovinezza, la corsa al posto fisso, gli estenuanti concorsi pubblici, l’impossibilità di accedere a esperienze formative come l’Erasmus. Ma ricordano anche la sensazione che ci fosse comunque un futuro da raggiungere, un lavoro, una casa, una famiglia. La sicurezza di ottenere un posto nella società. Ed è esattamente questo che manca ai giovani di oggi, “lagna infinita”. Il diritto di avere un futuro. E di averlo qui.

Laura Costantini

7 commenti:

  1. Opinione personale: la signora in effigie parla di un passato che non le appartiene. Un po' come il consorte quando parla di lavoro in fabbrica: dicamo che non si può confondere "autorità" con "autorevolezza", quest'ultima è meglio lasciarla a persone come te che hai raccontato non una fiaba, in questo post, ma la amarissima realtà delle cose. Ecco, la signora effigiata farebbe meglio a discettare di croccantini per i cani da portare in giro alla casina Valadier, è più il suo terreno.

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  2. posto che la signora in questione ha avuto sempre vita facile, e che è stata spesso al centro anche della vita pubblica, con un marito arpionato al suo scranno, che ne sa la signora del sottobosco, del lavoratori della Fiat che con il dicktat marchionnesco si vorrebbe trasferire in Canada?
    ha forse figli, amici, parenti che ci lavorano e che rimarranno senza alcun sostentamento?
    e che ne sa la signora delle piccole ditte a conduzione familiare che hanno dovuto chiudere i battenti, indebitate fino al collo?
    e che ne sa la signora dei centralinisti dei call center che si spolmonano per uno stipendio da fame e aleatorio?...
    e delle banche che sottraggono case alla povera gente che non ce la fa più a pagare il mutuo?
    ma lasciamola alle sue frivolezze, la signora, ai suoi salotti, alle sue carte patinate.

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  3. @Massenzio: benvenuto e grazie dell'autorevolezza, anche se non pretendo di averne. Io mi limito a descrivere ciò che vedo intorno a me.

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  4. Meno male che hanno già detto, e bene, Massimo e Cristina: ma di che parla questa? Ogni volta che sento questi borghesucci rifatti e leccaculi propinarci lezioncelle spocchiose su quanto stiamo bene e quanto abbiano in più i giovani di oggi (e ce ne fosse uno che si dimentica di citarci Erasmus, ma quanto gli piace riempirsene la bocca?)mi torna in mente il significato del desueto termine "lotta di classe". Quello che non è più politically correct menzionare ma che nasce come sentimento istintivo quando chi è nato e cresciuto nel privilegio pretende di insegnare a vivere bene con un tozzo di pane vecchio e un sorso d'acqua ai servi della gleba, quelli su cui da sempre i borghesucci hanno costruito (in un modo o nell'altro) le proprie fortune. I "mangino briosches" sono la categoria umana più devastante e inutile che esista...

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  5. sono una cinquantenne,lavoro in proprio,ho un figlio di 24 anni,e ho avuto persone che hanno lavorato con me che ancora oggi si ricordano di me,forse sono un'imprenditrice "strana" ma ho sempre avuto a cuore il benessere delle persone che hanno e lavorano con me, se potessi, assumerei tantissime persone, per me lavorare significa vivere e far vivere al meglio il mio team di persone che non considero dipendenti, ma persone che collaborano a progetti e futuro,per me e per loro.Sono rimasta tante volte senza soldi per me, pur di non far mancare mai uno stipendio, dal 1985 lavoro con serietà e impegno,non lascio il posto a mio figlio per mia e sua scelta,credo che oggi i migliaia di giovani che non trovano lavoro fanno bene a protestare per far valere i propri diritti, come io ai miei tempi ho fatto e lottato per me e la mia famiglia.Palombelli...non ne vale neanche la pena commentare...se tanto mi dà tanto non credo neanche che sia capace di tenere l'amministrazione dei suoi conti, per anni sono andata avanti senza un commercialista, la sera rientravo in casa e mi facevo conti da sola..al primo appuntamento con quello che sarebbe diventato il mio commercialista,addirittura non mi fidavo,avevo paura che sbagliasse qualcosa!comunque, io sono con i giovani,lo sono sempre stata e lo sarò sempre.

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  6. la corsa al posto fisso, gli estenuanti concorsi pubblici,

    Io sono d'accordo con te, nel caso in punto della Palombelli: però che tristezza, si può dire?, le giovinezze contrassegnate dalla "corsa al posto fisso" e dagli "estenuanti concorsi pubblici". Voglio dire, c'è anche altro nella vita, altro per cui estenuarsi, e si può vivere senza posto fisso a ogni costo e senza posto pubblico. La cosa più triste e disperante è che in tanti non abbiano mai concepito obiettivi diversi da quelli, e parlo di chi ne avrebbe pure avuto la possibilità.

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  7. Ne scrissi anch'io, dell'articolo della Palombelli. Ma te l'hai fatto indubbiamente meglio. Non che fosse difficile.
    La Palombelli è un esempio di come la mediocrità potesse vincere, ai suoi tempi, e ha pure il coraggio di sputare sull'eccellenza di oggi.

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