domenica 1 ottobre 2017

Doccia fredda #9 Sole bastardo

C’è un sole bastardo ad aspettarmi, là fuori. Non che non mi piaccia il tempo bello, ma è solo che oggi avrebbe potuto avere la delicatezza di non spuntare, o almeno di nascondersi dietro qualche nuvola. Pazienza, sopporterò la luce e tenterò di non lasciarmi contagiare dall’allegria che il sole trasmette sempre.
La valigia è già pronta da giorni. Le scatole con i libri e con tutte le mie cose accumulate in questi quattordici anni sono già state spedite a destinazione. Chissà se mio padre le ha già aperte e sistemate in camera mia come un tempo. L’ultima volta che l’ho visto, l’ho pregato di farlo. L’ho istruito con precisione. E’ importante per me che tutto sia come deve essere, neppure un piccolo dettaglio deve essere dimenticato, altrimenti i miei punti di riferimento, così duramente ricostruiti in questi anni, rischiano di crollare nuovamente come un castello di carta.
La stanza che è stata casa mia per tutto questo tempo adesso è vuota. Ho rifatto il letto, ho pulito il pavimento e i vetri fino a farli brillare ed è pronta ad accogliere un’altra me, anche lei con un passato da rielaborare e gesta da comprendere. Io il mio percorso l’ho terminato. Ora mi aspetta la vita, fuori.
Lui sarà lì ad aspettarmi, l’unica persona che, so, mi resterà accanto per il resto della vita, sia quello che sia, sia stato quello che è stato. Era nei patti, del resto. Non mancherà alla promessa. Non può farlo, per tante ragioni. Io e lui, uniti per sempre in un vincolo che la morte ha sancito e che neppure la morte potrà dissolvere.
Niente abbracci, niente parole al nostro incontro. Mi dirà solo “Ciao, sei pronta?” e ce ne andremo. Salirò in macchina – mi ha detto che ne ha una nuova, adesso. La vecchia berlina è deceduta pure lei, qualche tempo fa – e sempre in silenzio varcheremo la soglia di casa. La casa degli orrori, così la chiamano tutti, ormai. Ma a me non disturba rientrarvi oggi dopo tutti questi anni. So che ha fatto imbiancare le pareti, ha ristrutturato il bagno e la cucina, tutto è lustro e disinfettato. Mi ha promesso che niente mi ricorderà ciò che è successo lì dentro, ma a me non dà fastidio rimettere piede in quei luoghi, anzi. Ho bisogno di seppellirmi dentro i ricordi orribili e dolorosi. E ai nostri silenzi che accompagneranno i giorni da ora in poi, sarò grata perché per me parleranno le voci interiori.
Lui non mi ha mai fatto domande – e come avrebbe potuto? – Tutto quello che c’era da sapere lui lo sapeva già da prima. E non ne farà in seguito. Né su quei giorni, né sulla tragedia. Non ne farà mai neppure su quella che è stata la mia vita da allora in poi, fino a oggi. Certo, di questo un po’ mi dispiace. Perché non era nei patti che io ci mettessi così tanto tempo. “Qualche mese, vedrai, non di più! Sei minorenne, e in preda a un raptus causato dalla droga. Non potranno trattenerti per molto. Ti daranno la seminfermità mentale. Sarai a casa per Natale...” Il futuro sarà solo nostro, diceva. E invece mi hanno dato quattordici anni. Il perché lo so. Lui non ha lottato per me. E’ rimasto freddo e in silenzio, per tutto il processo. Cupo in volto, distante, sembrava che guardarmi negli occhi lo disgustasse. All’inizio non capivo. Avevo fatto tutto quello che mi aveva detto di fare. A dire il vero, non tutto.
Lei non era compresa nei patti. Mia sorella no. Lei non faceva parte del piano. Ma la mia insicurezza ha avuto il sopravvento. Su di lei mi sono accanita con maggiore violenza. Lo ammetto. Un attimo di gelosia. Di panico. Voleva tutto questo per poter vivere per sempre con me oppure con lei? Ho dubitato di lui, e oltre alla mamma, ho fatto fuori anche mia sorella. So che non mi perdonerà mai di avergli reciso quel fragile fiorellino. Ma so che non mi abbandonerà per questo. In silenzio, conviveremo senza più parlarci, senza più poterci domandare “Come stai? Cosa hai fatto oggi? Tutto bene?” Gli ho disubbidito. Ho sbagliato. Lo capisco. Ma a questo, adesso, non voglio più pensare.

C’è un sole bastardo là fuori che mi aspetta insieme a lui, mio padre. E voglio annusare forte il profumo della vita che riprende e per un attimo illudermi che anche per me ritornerà a sorridere. Per un attimo ancora, voglio guardare allo specchio quella donna che sono oggi, e accettare il fatto che non sono più la stessa, non lo sarò mai più, non sarò quella di ieri. E poi, di nuovo, il buio e il silenzio riprenderanno ad accompagnarmi nella mia personale infinita prigione.

1 commento:

  1. una soggettiva piena di angoscia, accenna solo alla fine, senza esplicitare apertamente il movente. Ma traspare tutto con evidenza palmare. Un noir perfetto senza particolari effetti ematici. Ottima prova, davvero! Commento solo qui, ho già chiarito la ragione.
    Raffaele Abbate

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