domenica 30 gennaio 2011

Questa è LORY

Il post originale  data 30 marzo 2007, ma vi assicuro che la signora Loredana Falcone non è cambiata di una virgola (nella foto è quella al centro, a sinistra io, a destra Francesco Giubilei)

N.B. le domande non sono molto attuali, del resto trattasi di un gioco di società dell'800, ovvero del questionario che madame Antoniette Faure sottopose al suo amico Marcel Proust.

Il tratto principale del mio carattere: la determinazione
La qualità che desidero in un uomo: sono molte ma dovendo scegliere direi la passione
La qualità che preferisco in una donna: la semplicità
Quel che apprezzo di più dei miei amici: la sincerità ( e infatti non ne ho molti)
Il mio principale difetto: la cocciutaggine
Il mio sogno di felicità: scalare la classifica dei best seller
Quale sarebbe per me la più grande disgrazia: non riuscirci
Quel che vorrei essere: niente di diverso da ciò che sono
Il colore che preferisco: tutti i colori caldi
Il fiore che amo: le rose gialle
L'uccello che preferisco: il falco, naturalmente
I miei autori preferiti in prosa me e Laura ovviamente!
I miei poeti preferiti: ho gusti un po' classici, Foscolo e Leopardi
I miei eroi nella finzione: Il conte di Montecristo
Le mie eroine preferite nella finzione: Margie Simpson
I miei compositori preferiti: Verdi, Mozart, Puccini
I miei eroi nella vita reale: mio marito Alessandro (non ho un carattere facile)
Le mie eroine nella storia: Lucrezia Borgia, Messalina, Cleopatra, Maria Stuarda
I miei nomi preferiti: Jacopo, Jessica ( sono quelli dei miei figli)
Quel che detesto più di tutto: compilare questionari
I personaggi storici che disprezzo di più: tutti i tiranni
L'impresa militare che ammiro di più: lo sbarco in Normandia
La riforma che apprezzo di più: non l'hanno ancora fatta!
Il dono di natura che vorrei avere: la saggezza
Come vorrei morire: di vecchiaia ma lucida
Stato attuale del mio animo: burrascoso (è così al naturale)
Le colpe che mi ispirano maggior indulgenza: i peccati di gola
Il mio motto: vivi e lascia vivere (è scontato ma sentito!)
p.s. non vi sembra uno di quei pezzi delle Iene?

giovedì 27 gennaio 2011

I miei articoli per "La Sesia": Se 6 euro e 50 fanno la differenza

Sonia è programmista regista. Una qualifica che non vuol dire niente al di fuori della Rai e che, per la maggior parte, identifica un giornalista professionista chiamato a svolgere attività giornalistica in cambio di uno stipendio da addetto alle fotocopie. Ma non è questo il problema. Sonia va spesso in trasferta per realizzare interviste, servizi, reportage. Al rientro presenta una nota spese onde giustificare i costi sostenuti e riceverne eventuale rimborso. La documentazione richiesta è rigorosa, tutto deve essere fatturato direttamente alla Rai. Ma poiché è assodato che è difficile farsi fatturare un caffè al bar (e succede che perfino un programmista regista abbia bisogno di un caffè), l’azienda viene incontro all’inviato garantendo una copertura forfaittaria delle cosiddette spese non documentate. Una copertura corrispondente a sei euro e cinquanta centesimi e tenete a mente questa folle cifra. Ora succede che Sonia vada a intervistare i futuri concorrenti di un reality molto seguito. L’incontro con la stampa viene organizzato in grande spolvero in una suggestiva località di montagna e, come spesso avviene in questi casi, il costo dell’evento viene sostenuto dalla regione ospitante. Ma questo Sonia, che parte la mattina all’alba e rientra a notte inoltrata per non pesare troppo sui costi dell’azienda, non è tenuta a saperlo. E di fatto non lo sa. Arriva nella ridente cittadina montana, non si guarda neanche intorno e si butta a intervistare i vip prossimi alla partenza per una sperduta isola dei Caraibi. Sono una dozzina, non sono tutti disponibili nello stesso momento e quindi il tempo corre. Sonia deve adottare una tecnica di rapina per scippare il vip di turno alle molte troupes concorrenti e quindi non ha la possibilità di usufruire del ricco buffet a disposizione dei colleghi della carta stampata. Sonia non se ne fa un cruccio. È prassi consolidata quella di saltare i pasti quando si è in trasferta. E quando un programmista regista presenta una nota spese senza pasti, la copertura forfaittaria (quei 6,50 euro di cui sopra) scattano in automatico nel rimborso in busta paga. Passano i mesi e Sonia si dimentica di quella missione. Nel frattempo Vespa espone un plastico di Avetrana dal modico costo di 30mila euro. Nel cortile di Teulada durante le feste natalizie viene installato un presepe artistico il cui costo spazia nelle decine di migliaia di euro. Senza contare che si polemizza su 86mila euro che il direttore Minzolini utilizza per trasferte di lavoro in luoghi di vacanza. Sonia a tutto questo non pensa. Lavora a testa bassa finché riceve una lettera dal personale. Una convocazione. Si presenta con l’animo diviso tra timori e speranze (un richiamo? una promozione?). Il funzionario la squadra, estrae dal faldone quella nota spese, evidenzia quei 6 euro e 50 e le intima di dire la verità. Perché se il pranzo era a spese della regione ospitante, lei ha preteso la copertura dall’azienda? Sonia resta senza parole.

Laura Costantini

lunedì 24 gennaio 2011

BREAKING NEWS


Due notizie:

il prossimo 17 febbraio (e' un giovedi'), alle 19
presso la libreria Flexi
(via Clementina 9, Roma)
si terra' la presentazione romana del
mio "New York is a woman"

Il prossimo 20 febbraio (e' una domenica),
alla Fiera del Libro di Modena
"Presentazione novità collana
cahier di viaggio"
*SALA MERINI
insieme a
Francesca Mazzucato e al suo cahier
"Villefranche-sur Mer

giovedì 20 gennaio 2011

riflessioni in rima...

Probabilmente la colpa è della fame e della noia che mi assalgono a quest'ora in ufficio. Ma il mio cervello ha prodotto questo inquietante quesito e io ve lo giro, così come mi è sgorgato.
Sfogatevi pure se volete....

Vi par giusto che mentre in Italia si facciano festini
in Afghanista facciano la pelle agli alpini?

lory

mercoledì 19 gennaio 2011

Simbologia del traffico

Passo molte ore nel traffico romano e piuttosto che spegnere il cervello, sfrutto quel tempo nell'osservazione di cio' che mi circonda, derivandone riflessioni e conclusioni sullo stato attuale della societa' italiana. Dice: ma non sarebbe meglio ascoltare le hit del momento? Si', sarebbe soprattutto consolatorio rispetto allo spettacolo quotidiano di quello che siamo diventati. Per dire: nessuno al mondo potrebbe nutrire ancora dubbi circa la profonda italianita' di Cristoforo Colombo se si trovasse ad affrontare alcuni punti nevralgici della viabilita' romana. Che c'entra? Colombo era un fautore del buscar el levante por el ponente, giusto? Bene. E' profondamente italico, soprattutto se si e' alla guida di qualcosa (che sia il timone di una caravella o il volante di un'auto o il manubrio di uno scooter) adottare la circumnavigazione. Immaginare una strada a tre corsie. La piu' a sinistra consente la svolta a sinistra, quindi sarebbe logico che chi debba svoltare si incolonni li' per consentire a chi deve procedere dritto di andarsene per la propria strada. E invece... ecco i furbi di turno che si allargano a destra per superare gli incolonnati a sinistra e si fermano nel bel mezzo della corsia centrale impedendo il passaggio a chi deve andare dritto. Dite che si sentono colpiti dai calcson e dagli improperi? Giammai. Sono convinti di essere perfettamente nel proprio diritto. Altro esempio: siete sulla solita strada a due corsie, traffico intenso ma scorrevole. Volete guadagnare la corsia di sinistra e mettete la freccia tenendo d'occhio lo specchietto laterale. Fateci caso. Il tipo che procede sulla corsia di sinistra con tutta la calma del mondo, appena vede la vostra segnalazione accelera come Alain Prost dei bei tempi e vi impedisce di spostarvi. Come se ne esce? Togliete la freccia. Lui rallentera' automaticamente, tranquillo che nessuno possa togliergli il suo posto al sole. Allora voi rimettete la freccia e, contemporaneamente, vi spostate senza dargli il tempo di rendersi conto che sta per perdere l'unico privilegio che il mondo gli riconosca: quello di definirsi piu' furbo e ganzo di voi. Terzo esempio. Solita strada, due corsie. Quella di sinistra vi consente di svoltare a sinistra, ma dovete tener d'occhio coloro che vengono nel senso opposto e hanno la precedenza. Ebbene, anche se anche loro devono svoltare (nel loro caso a destra), non segnaleranno l'intenzione con la freccia. Perche'? Perche' voi vedendo la lucina intermittente, capireste che dovranno rallentare e potreste, ohibo', approfittarne per svoltare prima di loro. Quindi arriveranno a tutta velocita', lampeggiando come un'astronave di guerre stellari, poi svolteranno come quelli di Distretto di Polizia e sorrideranno per avervi, ancora una volta, dimostrato chi e' il piu' furbo.
Ora, secondo voi tutti costoro sono o non sono sostenitori dell'attuale governo?

venerdì 14 gennaio 2011

Napoli 2° estratto...

Il mio andare a Napoli in realtà è sempre un ritorno. Un ritorno a una città che non è nel mio dna  ma alla quale sento di appartenere, in qualche modo. Nessuna sensazione di deja vu intendiamoci ma quando giro per le strade di Napoli, che siano i vicoli del centro o le strade lussuose e rutilanti del Vomero, non mi assale quel senso di estraneità che invece sento molto in altre città. Parte del merito va anche ai napoletani che sanno accattivarsi le mie simpatie con un sorriso, con la loro disponibilità e, perchè no, con tre frittelle come quelle che di cui mi ha fatto omaggio il pizzaiolo dove mi sono fermata a comprare una profumata e fumante "napoletana". Della presentazione vi ha detto Laura, io posso solo aggiungere che fino all'ultimo ho avuto paura di saltare l'appuntamento. Si perchè nei due giorni precedenti si è scatenato l'inferno:  hanno impiantato il pacemaker a mio padre e la mia collega ha avuto un lutto per cui c'era il problema che martedì non c'era nessuno a garantire il normale svolgimento del lavoro d'ufficio.  Insomma un casino che per fortuna si è risolto. Maurizio come al solito è stato un padrone di casa di primordine, ci ha messo subito a nostro agio complici Gianni, Flo, Aurelio, Francesco e Simona che ho conosciuto per la prima volta ma che ho sentito vicini come vecchi amici. Anche il tempo ha fatto la sua parte, due o tre gocce ogni tanto per rammentarci che anche il paese do' sole subisce gli influssi dell'anticiclone delle Azzorre, ma per il resto un cielo carico di azzurro e un'aria frizzantina che saliva dal mare. Alla fine questa giornata è stata l'unico raggio di sole della settimana che sta per concludersi e di questo ringrazio Laura, Maurizio e la buona sorte che ci ha tenute per mano.
Un saluto a tutti voi.
Lory

giovedì 13 gennaio 2011

I miei articoli per "La Sesia":il diritto di rimanere

Era novembre del 2009 e fece molto scalpore la lettera che Pier Luigi Celli, direttore dell’Università privata Luiss, scrisse pubblicamente al proprio figlio neolaureato invitandolo ad andarsene da questo paese. Fu un appello accorato. “Questo è un Paese in cui, se ti va bene, comincerai guadagnando un decimo di un portaborse qualunque; un centesimo di una velina o di un tronista; forse poco più di un millesimo di un grande manager che ha all'attivo disavventure e fallimenti che non pagherà mai… Per questo, col cuore che soffre più che mai, il mio consiglio è che tu, finiti i tuoi studi, prenda la strada dell'estero. Scegli di andare dove ha ancora un valore la lealtà, il rispetto, il riconoscimento del merito e dei risultati… Dammi retta, questo è un Paese che non ti merita…”
Parole dure ma permeate dalla rabbia di chi si sente costretto a confessare pubblicamente la peggiore delle sconfitte, per un genitore. Un intero anno è passato. Un anno durante il quale il tasso di disoccupazione è cresciuto e la rabbia dei giovani si è alimentata alla fonte di tagli alla spesa pubblica, disconoscimenti di contratti collettivi di lavoro, riforme universitarie. Fino a sfociare in episodi di violenza (come quelli di Roma lo scorso 14 dicembre), ma anche in grandi manifestazioni pacifiche (come quella, sempre a Roma, lo scorso 22 dicembre). A conti fatti la situazione denunciata da Celli non è cambiata di una virgola e chi, adulto, abbia ancora memoria di quali siano state le proprie speranze in gioventù non può non prendere atto che avere vent’anni oggi sia tutto fuorché una fortuna. A meno che non si chiami Barbara Palombelli. La giornalista, scrittrice e opinionista, titolare sul patinatissimo Vanity Fair della rubrica “Graffi & carezze”, ha deciso in apertura d’anno di parafrasare la lettera di Celli, ma a modo suo. Titolando lo sfogo “Stavamo peggio noi, cari giovani”, esordisce con “Uffa, i giovani. Che lagna infinita”, argomenta con il più retrivo “ai nostri tempi”, nota che “le famiglie, anche quelle meno abbienti, si dissanguano” per far girare il mondo ai figli e conclude con “dovremmo provare pena o compassione? Giammai.” Ora, non stiamo a sottolineare che i sacrifici per studiare, i viaggi in autostop, il gettone per telefonare e la condivisione della stanza con altri difficilmente possono essere appartenuti a chi, recita Wikipedia, a 25 anni era già stata assunta a tempo indeterminato nella redazione dell’Europeo di Mario Pirani. I cinquantenni di oggi ricordano bene le difficoltà della loro giovinezza, la corsa al posto fisso, gli estenuanti concorsi pubblici, l’impossibilità di accedere a esperienze formative come l’Erasmus. Ma ricordano anche la sensazione che ci fosse comunque un futuro da raggiungere, un lavoro, una casa, una famiglia. La sicurezza di ottenere un posto nella società. Ed è esattamente questo che manca ai giovani di oggi, “lagna infinita”. Il diritto di avere un futuro. E di averlo qui.

Laura Costantini

mercoledì 12 gennaio 2011

11/1/11: due scrittrici romane al Vomero tra Gps e "graffe" calde

Era da tempo che io e Lory non ci concedevamo un'uscita fuoriporta in tandem, senza mariti e fidanzati al seguito. L'occasione ce l'ha fornita la presentazione napoletana del nostro FIUME PAGANO presso la libreria Loffredo, al Vomero. Cosi' ci siamo messe in macchina (la mia mitica e francesissima Lulu') e siamo partite alla volta di via Kerbaker numero 21. Ora dovete sapere che Napoli e' citta' che spaventa l'automobilista non autoctono (credo lo stesso sia per Roma, ma io a Roma ci vivo e quindi...). L'impianto urbanistico e' creativo al massimo, le strade ampie si alternano ai vicoletti ammazzacarrozzeria, i sensi unici somigliano alle scale magiche di Hogworth (nel senso che cambiano posto godendo di volonta' propria) e il parcheggio e' utopia pura. Pero' il rientro in treno, dopo le 20, sarebbe stato problematico e io sono stata omaggiata a Natale di un supertecnologico ed economicissimo Nokia dotato di navigatore satellitare, quindi abbiamo impugnato il coraggio a quattro mani, ci siamo informate sui garage per il parcheggio giornaliero in zona e via. Il Gps e' stato attivato in prossimita' dell'imbocco della tangenziale di Napoli e la sottoscritta (che ama la tecnologia ma non si fida fino in fondo) si era gia' documentata sull'uscita piu' adatta: numero 9, Vomero. Manco a dirlo la voce flautata del navigatore ci comunica di prepararci all'uscita: Arenella. Panico. Come Arenella? Forte di leggende metropolitane su automobilisti che si son fidati del Gps e stanno ancora vagando in esotici limbi pluridimensionali, mi giro a Lory: "Che faccio? Mi fido?"
Lory e' fatalista e comunque non le do il tempo di rispondere: o si imbocca l'uscita o ci si schianta sul guardrail in un coro di clacson. Si imbocca. Fa uno stranissimo effetto dipendere in toto da una voce virtuale che ti guida con piglio sicuro su strade che ti sono totalmente sconosciute. Tra uno "svoltare decisamente a sinistra" (che vuol dire fare inversione) e "alla rotatoria prendere la terza uscita" (che vuol dire fidati, perche' il navigatore i sensi unici non li conta proprio), la voce ci porta dritte dritte a via Kerbaker e il fato ci sorride con un posto libero sulle strisce blu. Il tempo di scoprire che a Napoli il parcheggio piu' si protrae, piu' costa e ci si dedica a una passeggiata in zona shopping (via Alessandro Scarlatti). Ci dicono che uno dei salotti buon di Napoli, i saldi impazzano ma Laura e Lory sono tipe anomale e la vetrina dalla quale non riescono proprio a staccarsi e' quella di una pasticceria. La merce esposta ci appare irresistibile. Lo spiedino di "bombe" alla crema e al cioccolato con colata di Nutella ci tenta. Resistiamo? Resistiamo... cinque minuti circa. Poi torniamo sui nostri passi e chiediamo l'articolo piu' dietetico. "Due ciambelle", dice Lory. "Due graffe", la corregge serio il pingue pasticcere. Chiamale come ti pare, mi viene da pensare mentre al primo morso subisco un'estasi delle papille gustative. "Ma sono calde", dice Lory. "Sono sempre calde", ribadisce severo il pasticcere. Ed e' con la faccia spolverata di zucchero e la bocca ancora in trip da "graffa" che ci troviamo ad accogliere gli amici napoletani sulla soglia di Loffredo. In vetrina le copie di FIUME PAGANO sono vicine al capolavoro di Maurizio De Giovanni "Il giorno dei morti". La foto e' d'obbligo. Poi Maurizio arriva e con lui Aurelio, Francesco, Enza, Floriana, Simonoir, Gianni... Siamo in tanti e Maurizio comincia a parlare del nostro romanzo con parole che sono dolci quanto le "graffe" e in compenso non ingrassano per niente. E' stata una bella presentazione, abbiamo firmato le copie, ci siamo trovate tra amici che non ringrazieremo mai abbastanza. Fiduciose nel potere magico del Gps, torniamo da Lulu' senza alcun dubbio sul rientro a Roma. Ma il navigatore ci comunica che, per quel che ne sa lui, ci troviamo esattamente al largo di Marechiaro, in pieno golfo di Napoli. Panico! Cercando di farci riacchiappare dal Gps ci spostiamo e solo a piazza Vanvitelli il satellite ci aggancia, pronto a riportarci a casa in una notte buia e tempestosa.

Laura

p.s. questo e' il mio resoconto. A breve la trasferta napoletana secondo Lory

lunedì 10 gennaio 2011

Poveri, incolti, ma armati fino ai denti

QUELLO CHE SEGUE E' UN COMUNICATO DI ALEX ZANOTELLI SUL QUALE SAREBBE BENE FERMARSI A RIFLETTERE

La nostra Finanziaria 2011 stanzia 25 miliardi di euro per la Difesa.
Il nostro governo ha tagliato nella stessa Finanziaria 8 miliardi di euro alla scuola, ma stanzia venticinque miliardi di euro per le armi!
In perfetta sintonia con il Congresso USA che , a fine dicembre 2010, ha votato 725 miliardi di dollari per la Difesa(37 miliardi in più del 2009).
Il governo italiano ha poi deciso di investire, nei prossimi anni 16 miliardi di euro per acquistare 131 cacciabombardieri F35 (Joint Strike Fighter). Questi aerei , che possono trasportare anche bombe atomiche, servono per una guerra di attacco, mentre la nostra Costituzione dice: ”L’ITALIA RIPUDIA LA GUERRA…” (Articolo 11)!

Ne abbiamo fatta carta straccia di quell’articolo, in particolare in questa guerra in Afghanistan , da dove continuano ad arrivare le bare dei nostri soldati.
”Che si tratti di guerra è ormai certo, sia perché tutti gli eserciti coinvolti la definiscono tale, sia perché il numero dei soldati che la combattono e le armi micidiali che usano, non lasciano spazio agli eufemismi della propaganda italiana che continua a chiamarla ‘missione di pace’” - afferma l’appello Guerra in Afghanistan:missione di pace?, che abbiamo lanciato lo scorso anno con R . Nogaro, vescovo emerito di Caserta.
Questa guerra ci costa 2 milioni di euro al giorno, oltre 600 milioni all’anno , per mantenere in Afghanistan 4.200 soldati italiani.E tutto questo ci riporta al tema della industria italiana delle armi che è l’unica che non risente della crisi economica!
L’export di armi italiane pesanti nel 2009 ha raggiunto quasi 5 miliardi di euro (un incremento del 61% sul 2008): siamo all’ottavo posto al mondo. Siamo invece al secondo posto per armi leggere che esportiamo anche nei paesi più poveri dove mietono milioni di vittime.
L’ industria delle armi trova troppo stringenti le imposizioni della legge 185 (del 1990) che regola l’export bellico. Per questo sta premendo sul governo Berlusconi perché la modifichi. Ma anche le ‘banche armate’ cioè quelle banche che finanziano la vendita dei nostri prodotti bellici , fanno pressione per modificare la 185 per impedire che vengano rivelati i loro nomi .Noi invece chiediamo a tutti di fare pressione sul governo per evitare qualsiasi modifica alla 185.
Questa politica guerrafondaia italiana riceve ora un’ulteriore spinta dal vertice NATO di Lisbona (19-20 novembre 2010). La NATO, da alleanza difensiva , è diventata alleanza offensiva , per proteggere gli interessi vitali dell’Occidente ovunque siano minacciati, facendo proprio il concetto di “guerra preventiva”. A Lisbona nasce così la NATO 3.0 , una NATO che si propone su scala planetaria. L’Italia gioca un ruolo fondamentale in tutto questo. Avrà sempre più importanza il quartiere generale della Forza congiunta alleata a Napoli che quest’ anno si trasferirà da Bagnoli alla nuova sede di 85.000 mq2 di Varcaturo. Senza dimenticare che sempre a Napoli è stato collocato di recente il quartiere generale di AFRICOM cioè il supremo comando militare navale per l’Africa. A Sigonella (la grande base USA), in Sicilia, entrerà in funzione il sistema Ags, il più sofisticato sistema di spionaggio elettronico.
Sarà allo stesso tempo potenziata l’intera rete delle basi USA in Italia , da quelle di Vicenza, base della 173° brigata autotrasportata a quella di Aviano dove probabilmente saranno concentrate tutte le bombe atomiche USA in Europa.
Infatti il vertice di Lisbona ha dichiarato che la NATO è una potenza nucleare e “deve mantenere tali bombe finché ci saranno nel mondo tali armi.”
Questa insistenza sulle armi nucleari spaventa : la Bomba atomica è la grande minaccia che pesa sull’umanità.
E lo ‘Scudo- Anti Missili’ approvato per l’Europa dal vertice NATO di Lisbona , non fa che accrescere la paura e la tensione.
Il nostro è un mondo sempre più militarizzato: nel 2009 abbiamo speso in armi, a livello mondiale , 1.531 miliardi di dollari( dati Sipri).
Davanti a questa follia umana noi invitiamo i cittadini italiani e le comunità cristiane a dire NO a questi venti di guerra e SI ai venti di pace.
Chiediamo a tutti di rimettere ai propri balconi la bandiera della PACE per far sì che il 2011 diventi l’anno della PACE.


“IN PIEDI, COSTRUTTORI DI PACE”

Alex Zanotelli

domenica 9 gennaio 2011

I miei articoli per "La Sesia": il nuovo decennio

Se il buon giorno si vede dal mattino, il secondo decennio del secolo si apre peggio di come si è chiuso il primo. Il 3 gennaio il funerale solenne per il trentacinquesimo caduto italiano in Afghanistan e il 4, quando avete letto queste righe, la più imponente eclissi di sole almeno fino al prossimo 2026. Una simbologia pesante. Un sole appena sorto che si oscura e un ragazzo di 24 anni che torna in patria in una bara. Si chiamava Matteo Miotto e superiori e commilitoni ci hanno assicurato che era un alpino di razza, un alpino per scelta. Nella sua prima e ultima intervista per una tv locale, Matteo indossava il cappello con la piuma nera e si diceva convinto della missione in Afghanistan, “perché non siamo mercenari”. Convinto e consapevole al punto da lasciare un testamento dove specificava che, in caso fosse stato ucciso, voleva essere seppellito nel cimitero dei caduti di guerra della sua Thiene. Sarà accontentato e a poco servirà l’autopsia e l’inchiesta voluta dal padre sulle modalità della morte. Un tiro quasi impossibile quello del cecchino che lo ha spacciato mentre era di guardia in una torretta protetta da sacchi. Ma la verità che la famiglia pretende a giustificazione di una perdita incolmabile non cambierà i fatti. Matteo non c’è più. Non conosciamo la sua storia personale. Forse fin da bambino sognava quella piuma nera sul cappello “perché il vicentino è patria degli alpini", come ha detto commosso il tenente Andrea Trevison accogliendone la salma. Ma resta il dubbio che Matteo avrebbe potuto diventare un uomo maturo, un marito per la sua Giulia, un padre di altri piccoli appassionati di montagna se questo paese gli avesse offerto un’alternativa valida. Avrebbe potuto festeggiare a casa il Capodanno di passaggio tra due decenni e adesso avrebbe potuto starsene a naso in su a guardare il miracolo astronomico di un sole che si nasconde e sorridere delle superstizioni che l’eclissi porta con sé. Perché non degli influssi negativi devono aver paura i ragazzi come Matteo, ma della realtà. Quella della quale ha parlato il presidente della Repubblica nel suo messaggio di fine anno, seguito da più di dieci milioni di italiani, ma dedicato “soprattutto ai più giovani tra noi, che vedono avvicinarsi il tempo delle scelte e cercano un'occupazione, cercano una strada. Dedico loro questo messaggio, perché i problemi che essi sentono e si pongono per il futuro sono gli stessi che si pongono per il futuro dell'Italia (…) Quando i giovani denunciano un vuoto e sollecitano risposte sanno bene di non poter chiedere un futuro di certezze, magari garantite dallo Stato, ma di aver piuttosto diritto a un futuro di possibilità reali (…) Se non apriamo a questi ragazzi nuove possibilità di occupazione e di vita dignitosa, la partita è persa per tutti.” Una sconfitta di cui la morte di Matteo è solo un simbolo. Lui credeva in quel che faceva. Ai suoi coetanei qualcosa in cui credere viene negato, giorno dopo giorno.

Laura Costantini

mercoledì 5 gennaio 2011

Letterina alla Befana...

Carissima Befana, lo so che non puoi fare miracoli. Ma ho bisogno di credere che ci sia ancora qualcuno cui appellarsi. E non per aiutare me che alla soglia dei 48 anni sono ancora una precaria. Vorrei che domani, cara Befana, mettessi nella calza di mio nipote la speranza. Mio nipote ha 22 anni, ha un diploma, ha scelto di non lottare per una laurea, ha preferito cercarsi un lavoro. Lo ha trovato subito, magazziniere in un supermercato. Lavora li' da tre anni, contratti a termine sempre con la promessa che un domani, chissa', forse... Carissima Befana, il domani e' arrivato e come un cecchino ha centrato in pieno la speranza di mio nipote: nessuna assunzione a tempo indeterminato, di piu', nessun altro contratto a termine. Fine dei giochi. Befana cara, hai mai guardato negli occhi belli di un ragazzo di 22 anni che ha perso la speranza? Sono occhi che fanno male. Tanto male. C'e' rabbia, c'e' delusione, c'e' un senso profondo di ingiustizia, c'e' odio, anche. Odio per noi adulti perche' a 22 anni appena compiuti hai ancora la convinzione che papa' e mamma siano potenti. E se lo sono, perche' ti hanno consegnato un mondo cosi' ingiusto? Ecco, Befana, io non voglio niente per me. Vorrei un pezzetto di speranza per lui, per mio nipote che ho tenuto tra le braccia appena nato e che vorrei riprendere in braccio anche oggi che e' piu' grosso e alto di me. E, se poi ti avanza del carbone, fa' un salto nei palazzi del potere e scaricaglielo in testa. Seppelliscili sotto montagne di carbone. Se il carbone ti manca, prendi in prestito un po' di munnezza da Napoli, che' tanto li' non manca mai. Soffoca quella gente che ha rovinato questo paese, tutta quella gente, destra, sinistra, centro, sotto cumuli neri e maleodoranti. Non si meritano niente altro, assassini di speranze quali sono.

domenica 2 gennaio 2011

I miei articoli per "La Sesia": Gigante, pensaci tu

Chissà in quanti ricordano ancora il tormentone di una vecchia pubblicità televisiva dove un avvoltoio cattivo e imbranato calava in picchiata per distruggere il tetto della scuola. I bambini fiduciosi intonavano in coro: “Gigante, pensaci tu.” E, come avviene solo nelle fiabe, il gigante col vocione bonario e una gran barba arrivava e ripristinava l’ordine, restaurando il tetto della scuola con un enorme libro. Un ricordo d’infanzia che riemerge ogni volta che tv e quotidiani riportano notizia dell’ennesimo appello a Giorgio Napolitano. Il nostro capo dello Stato ha una statura notevole, ma è l’unico dato che può accomunarlo al gigante di quel cartoon pubblicitario del 1972. Non ha la barba, non ha un vocione e, soprattutto, non ha il potere di riparare i torti semplicemente intervenendo in prima persona. Eppure la dice lunga il fatto che gli italiani, di qualsiasi ordine o grado, guardino ormai a lui come l’ultimo baluardo. Come il solo che possa, ancora, garantire che i diritti dei singoli non soccombano davanti alle ingiustizie quotidiane. In ordine di tempo l’ultimo “Gigante, pensaci tu” l’ha gridato il cantautore Morgan. E’ accaduto lo scorso 26 dicembre quando l’avvocato che si occupa della causa per la custodia della figlia di Morgan e Asia Argento ha reso nota la lettera che il più trasgressivo dei cantanti ha spedito al presidente Napolitano. “Non ho passato Natale con mia figlia – ha lamentato Morgan - non ho potuto darle il regalo visto che la madre, da quanto riferito, l'avrebbe portata negli Usa senza il mio consenso". Un appello al Presidente come "supremo organo garante della costituzione e della morale", per chiedergli di intervenire sulla vicenda della figlia. Ma l’elenco sarebbe lunghissimo. Solo pochi giorni prima il grido d’aiuto era arrivato dagli studenti scesi in piazza per manifestare contro la riforma Gelmini. Un appello che non è rimasto inascoltato perché Napolitano ha concesso un incontro la sera stessa del 22 dicembre. “Riteniamo - hanno spiegato gli studenti - che questo sia già un dato enorme. Ed è importante il fatto che questo distacco che si sta creando tra la nostra generazione, milioni di giovani, e le istituzioni di questo paese sia forse oggi stato per la prima volta parzialmente colmato”. Al Presidente, che aveva pubblicamente invitato il governo a non ignorare le proteste degli studenti, è stato chiesto di non firmare la legge voluta dalla Gelmini. Di rimandarla in Parlamento chiedendo delle modifiche. E colpisce il parallelismo con il vecchio spot: una scuola che appare più o meno funzionante, uno stormo di avvoltoi che calano dall’alto come cacciabombardieri, un tetto che crolla, gli scolari che invocano il gigante buono e lui che cala dal colle per riparare il danno. Ma neanche il libro della Costituzione italiana può bastare a garantire tutti quei diritti acquisiti che giorno dopo giorno gli italiani si vedono portare via sotto lo sguardo partecipe ma impotente del gigante buono.

Laura Costantini