venerdì 17 gennaio 2020

Un podio tutto di donne per la decima edizione del Liberi di Scrivere Award


Il nostro BLU COBALTO è stato votato dai lettori di LIBERI DI SCRIVERE 
quale miglior romanzo edito nel 2019.




Inutile dire che Viki Samaras e Kurt Petri sono
molto felici.

Ma non si deve ignorare il resto del podio: medaglia d'argento per 


e medaglia di bronzo per



gran bel romanzo di cui ho parlato QUI

Ed è per me importante che questo podio sia tutto al femminile con tre romanzi diversissimi per tono e per genere. A dimostrazione che le autrici esistono, scrivono e si fanno leggere.

giovedì 16 gennaio 2020

Pandemonium - Il vaso d'insetti (di Rebecca Panei - Bibliotheka Edizioni) #mèpiaciuto


Questo è uno di quei libri dai quali sarebbe bene stare alla larga. Perché sembra innocuo, anche se vagamente inquietante con quei due bambini in copertina, e invece è una trappola senza scampo. Ho letto, ho contratto il virus, adesso mi tocca seguire tutta la saga. Perché i personaggi sono giusti e hanno spessore, perché il tema dei gemelli è intrigante, perché c'è magia e tanta tanta cultura sulle mitologie del passato, perché l'intreccio è ben costruito. Insomma, avete capito. Quindi se non volete andare in fissa tipo serie tv da finire a tutti i costi non, ripeto NON leggete questo libro. Io vi ho avvertiti.













E adesso l'intervista all'autrice, Rebecca Panei

Nel romanzo è evidente la derivazione dalla mitologia e dalle leggende legate all'Europa dell'est, da dove viene questa scelta?



Premetto di aver sempre provato, sin da bambina, un fortissimo interesse per la mitologia, le leggende e il folklore provenienti da ogni parte del mondo.
Le Baba Jaga, con le loro case mobili issate su enormi zampe di gallina, credo siano sufficientemente suggestive e tanto deliziosamente spaventose da intrigare qualsiasi mente infantile. Averle adoperate è dunque una sorta di omaggio alla me stessa delle elementari che, durante le escursioni nei boschi abruzzesi, si guardava in giro nella speranza di veder apparire qualcosa al di fuori dell’ordinario.
A me e a una mia compagna di giochi dell’epoca, una bambina russa di nome Irina. Ricordo quanto mi divertiva tantissimo sentirla urlare "Baba! Baba!" (perlappunto "strega” nella sua lingua) alla tata che disperava di farla scendere dall’altalena.


Molto interessante la popolazione delle efiji, a cosa ti sei ispirata?

Il popolo degli Efiji è in parte ispirato alle Amazzoni: una società radicalmente matriarcale, appena più fantastica e meno truculenta con la differenza che, se le Amazzoni abbandonavano i figli maschi e istruivano le figlie ad ammazzare i padri in un rito d’iniziazione, gli Efiji maschi nascono con un aspetto animale. Dunque è deciso dalla Natura stessa che siano le donne a gestire il potere, le quali invece hanno la capacità di passare dalla pelle animale a quella umana; in base a ciò sono le uniche fisicamente e intellettualmente in grado di gestire i rapporti con i regni confinanti.
E che gli Efiji siano tutti felini – dai leoni della famiglia Reale, alle pantere e le tigri della nobiltà, fino ad arrivare ai ghepardi e i leopardi del popolo... beh, quello è solo un mio capriccio da inguaribile amante dei gatti. Animale ovviamente sacro in questo regno.


Spaziare da temi contemporanei al fantasy viene considerato rischioso dalle CE che preferiscono autori "fedeli" a un unico cliché. Che ne pensi?

Indubbiamente vero.
Sino ad ora ho pubblicato con soli due Editori: con il più recente, il cui libro in verità non uscirà prima di fine mese, ho esplorato il genere Thriller; essendo la nostra prima pubblicazione, il problema ancora non si è posto. Scoprirò in futuro, nel caso in cui sarà loro interesse proseguire la collaborazione, se e con quale grado d’insistente mi suggeriranno di non cambiare tema.
Il primo Editore invece, quello della saga di Pandemonium, si è rivelato molto tollerante al riguardo. Con lui, oltre a questa serie Fantasy, ho pubblicato anche un libo sul bullismo e l’omofobia adolescenziale. Dunque due generi che, come si suol dire, cozzano tra loro quanto i cavoli a merenda.
Questa è la mia esperienza oggettiva da autrice.
Parlando invece in modo soggettivo da lettrice? Da parte di uno scrittore apprezzo una certa coerenza narrativa, poiché se ho amato determinati temi mi soddisfa ritrovarli anche nel lavoro successivo, ma egualmente approvo quello spaziare tra i generi che amplia gli orizzonti della lettura.
Non me la sento dunque di criticare un Editore se è orientato verso la coerenza, tuttavia reputo sbagliato porrei dei paletti troppo bruschi e categorici che rischiano di soffocare l’ispirazione dell’autore.


Una delle illustrazioni che DanyandDany hanno dedicato alla
saga di Pandemonium
Puoi raccontarmi la genesi di Pandemonium? Nasce come progetto strutturato oppure è cresciuto man mano che ti addentravi in quel mondo?

Propenderei per un’equilibrata via di mezzo.
Come tutte le Saghe ha man mano costruita se stessa, con progressive aggiunte e perfino cambi di rotta decisi in seguito al dipanarsi della storia. Tuttavia i tasselli principali sono stati decisi dal principio. Ho avuto in mente la conclusione sin dai tempi in cui dovevo ancora scrivere il primo rigo.
Pandemonium per me è nato come un complesso e azzardato esperimento – una persona che non aveva mai letto di Fantasy sino a un mese prima che d’improvviso decide di gettarsi a capofitto nel genere? In teoria una follia annunciata. Eppure ho iniziato con entusiasmo, proseguito con dedizione e, al momento attuale, sto lavorando sul quarto e ultimo volume con la felice consapevolezza di essere riuscita in buona parte a soddisfare le aspettative date a me stessa.


Secondo te qual è la marcia in più del fantasy? O, al contrario, qual è il limite per cui viene considerato in genere di serie b, buono solo per i nerd?

Per rispondere a questa domanda debbo svelare un altarino: fino ai miei ventisei anni non avevo mai letto nulla di Fantasy. Il genere non mi piaceva. Certo, da bambina avevo amato alcuni classici impossibili da non leggere come “La storia infinta” o “Harry Potter”, ma ai miei occhi erano delle eccezioni. Piuttosto leggevo horror, legal thriller, storie socialmente buie legate all’infanzia – come i libri di Torey Hayden, per fare l’esempio emblematico - romanzi storici e gialli classici.
Il Fantasy non faceva per me. Avevo un’antipatia quasi atavica per gli elfi bellissimi e biondissimi che ancora oggi non mi è passata del tutto.
Ero, in poche parole, una di quelle detrattrici pretenziose che lo reputano un genere di serie b.
Scoprii il suo enorme potenziale, elfi bellissimi e biondissimi a parte, durante un inverno particolare della mia vita. Fu un anno in cui stetti molto male, fisicamente ed emotivamente. Per caso, sfogliando la pagina principale di Ebay, incappai in un’offerta che metteva all’asta le prime due trilogie e la duologia prequel di “Dragonlance”; vecchie edizioni della prima Armenia Editrice. Le comprai pressoché d’impulso. Ancora oggi non saprei spiegare davvero perché lo feci.
Da lì fu sulla falsariga del Veni, Vidi e Vici: Il pacco arrivò, lessi i libri e mi ritrovai innamorata.
Non stavo meno male, tutti i problemi della vita reale erano ben presenti e ancorati come cozze allo scoglio, eppure... immergermi gradualmente in quell’universo fantasy descritto alla perfezione riuscì a rendere la loro presa meno tenace.
È questa la marcia inimitabile del genere: se ben gestito, e attenzione, ciò è fondamentale, la creazione di un vero e proprio altro mondo può divenire una boccata d’ossigeno per chi è estenuato da quello reale. Per giungere a questo un autore deve compiere un lavoro che spesso è trascurato; ideare una diversa realtà significa decidere tutto: la società, la religione, la politica, l’economia, la conformazione geografica, la suddivisione del territorio e così via. Chi parla di “serie b” dovrebbe pensare anche solo a quante mappe topografiche vengano studiate per abbozzare il corso di un fiume in un mondo inventato.


Quali sono i tuoi autori di riferimento?

Se parliamo di autori prettamente Fantasy, direi che i miei autori di riferimento rimangono Tracy Hickman e Margaret Weis (autrici di “DragonLance”)
Partendo da loro ho scoperto e amato Philip Pullman (“Queste oscure materie”) sino ad approdare all’ormai tasto dolente rappresentato da “Le cronache del ghiaccio e del fuoco” di Martin. Per alcuni anni sono stata un’appassionata fervente dell’opera. Ancora vi sono affezionata, sebbene molto raffreddata dalla conclusione incommentabile della serie televisiva e l’attesa oramai ingiustificabile del sesto libro.
Poi, ovviamente, non posso non citare il mio amore infantile per “Harry Potter” della Rowling.

Se invece era una domanda più generica, sono pochi gli autori che per me rappresentano dei pilastri in quanto capacità di scrittura, profondità d’argomenti e abilità narrativa.
Dino Buzzati, Gabriel García Márquez (“Cent’anni di solitudine” è forse IL capolavoro) Oriana Fallaci, Oscar Wilde, Friedrich Nietzsche (“Così parlò Zarathustra” è altresì una mia ossessione che non mi stanco mai di recitare a memoria) Curzio Malaparte e Victor Hugo.
Infine, autori meno pregnanti e tuttavia Mostri Sacri della scrittura, sono per me Umberto Eco, Anne Rice, Stephen King e Colleen McCullough.


Consiglia un libro di un contemporaneo, meglio se non famoso.

Uno solo? Dovendo scegliere, direi “Incanto di cenere” di  Laura MacLem.
Purtroppo la casa editrice ha chiuso i battenti alcuni anni fa, ma il libro è ancora tranquillamente reperibile. Scritta benissimo, è una rivisitazione della favola di Cenerentola in chiave molto originale e atmosfere gotiche più legate alla cupa favola originale che alla versione edulcorata della Disney.

P.s. Fatalità Laura MacLem sarà protagonista di uno dei prossimi #mèpiaciuto

giovedì 9 gennaio 2020

Gliallo sporco - un assaggio


Siete pronti a ritrovare Ashley, Valerio e Ian?

Avevano una pista. Questo stava pensando Ashley. Era stata una giornata pesante, ma quel comunicato sul corso di scrittura creativa conservato da Jessica poteva costituire la chiave giusta per affrontare quel caso. Era talmente concentrata che non si accorse subito dei due uomini a fianco al portone del condominio di Cathedral Avenue. Era a pochi passi quando si rese conto. L’istinto del poliziotto la mise in allarme e liberò l’accesso alla fondina. Ma un istante dopo all’allarme subentrò lo stupore, subito sostituito dal sollievo, immediatamente scalzato dalla rabbia.
Valerio e Ian.
“Avete fatto un viaggio a vuoto”, li apostrofò voltando loro le spalle. Come se escluderli dalla vista significasse farli svanire. Perché questo voleva. Che andassero via. Che non la costringessero ad affrontare un passato ancora troppo doloroso e presente.
“Fermati!”, la voce di Valerio arrivò insieme alla stretta della sua mano sul braccio.
“Chiariamo subito un punto”, il tono ostile di Ashley attraversò il velo della nebbia che cominciava ad addensarsi. “Non vi ho chiamati io. Non ho alcuna intenzione di avervi tra i piedi e non intendo nemmeno farvi salire per un caffè. Ribadisco: avete fatto un viaggio a vuoto.”
Ian la fronteggiò.
“Hai la testa dura, e lo sappiamo. Ma l’abbiamo anche noi. Fa troppo freddo per star qui a discutere, quindi credo che quel caffè ce lo offrirai, magari con un paio di biscotti, abbiamo saltato la cena.”
Fino a quel momento Ashley aveva fissato la sua cravatta. Alzò il viso a incontrarne lo sguardo carico d’affetto. Non riuscì a non ricambiarlo. Sospirò.
“Scongelo due pizze, dite quello che avete da dire e sparite.”
Era un inizio, pensarono mentre la seguivano fino all’ascensore.
Nel saluto del portiere fu evidente un interrogativo che Val si affrettò a colmare piazzandogli il distintivo sotto il naso.
“Sono amici, Bernard, abbiamo un caso per le mani.”
“Non dovrebbe portarsi il lavoro a casa, agente Marler. Ha l’aria stanca.”
“Tranquillo, andranno via tra poco.”
Mentre le porte dell’ascensore si chiudevano, Valerio continuò a sostenere lo sguardo inquisitore del portiere.
“È così con tutti, oppure ha un debole per te?”, si informò.
Ian scosse la testa disapprovando la domanda.
“Fa soltanto il suo lavoro.”
“Se facesse il suo lavoro, non troveresti inquietanti messaggi infilati sotto la porta di casa”,  attaccò  Valerio.
Ancora una volta Ian gli lanciò un’occhiata che cadde nel nulla. Il silenzio li accompagnò al quarto piano e lungo il corridoio dalla passatoia color salvia. Ashley estrasse le chiavi e aprì la porta. La luce era accesa nell’appartamento e mise in allarme Valerio che agì d’istinto spingendola di lato.
“Dammi la pistola”, le bisbigliò, maledicendo la legge che gli impediva di portare armi fuori dalla propria giurisdizione.