mercoledì 27 novembre 2019

Il mondo mi odia - ovvero quella volta che ho sfondato lo sfigometro (Elena Sole Vismara - self-publishing) #mèpiaciuto


Questo romanzo è una sorpresa. Non avevo mai letto nulla di questa autrice e ho scoperto una capacità di narrazione sorprendente. E una profondità, anche, che non mi sarei aspettata dal titolo, dalla copertina, dalla sinossi. Ethan, il protagonista, è un ragazzino di diciassette anni. Ed è un supereroe come solo alcuni adolescenti riescono a esserlo comprendendo in sé la maturità che viene dalla sofferenza di una situazione familiare terribile e le fragilità e le incapacità legate al suo essere, appunto, un ragazzino. Responsabile nel cercare di prendere in mano la propria vita, nonostante genitori inadatti al ruolo, a dir poco. Forte nel gestire le umiliazioni dei bulli. Eppure fragilissimo per i troppi colpi ricevuti e per la consapevolezza di non essere mai stato amato. Il messaggio di questa storia, così tenera e intensa, è che ad amare si impara. Ma devi avere dei maestri. E quelli di Ethan hanno i volti di una donna anziana, Aida, e di una ragazzina crossdresser, Melissa. Va detto, anche, che Ethan sarà un allievo difficile cui viene spesso voglia di appioppare uno scapaccione. Ma proprio per questo, alla fine, Ethan è un ragazzo vivo e vero. Consigliato. Di cuore.


Vi innamorerete di Ethan, promesso.

E ora le domande all'autrice.

Mi incuriosisce la personalità di Melissa La Farina, vuoi parlarcene?
La caratteristica più importante della personalità di Melissa, quella su cui si fonda tutto ciò che la riguarda, è la refrattarietà verso tutto ciò che è pre-ordinato. Tutto deve avere un motivo, e se il motivo è “perché si fa così”, lei non la ritiene una risposta valida, anzi: spesso la considera una autorizzazione a fare l'esatto contrario.
Secondo pilastro della sua personalità è il crossdressing, che altro non è che espressione di un'identità gender fluid: il primo concetto pre-ordinato al quale si ribella fin dalla più tenera età è proprio quello che stabilisce che chiunque debba appartenere a un genere sociale ben definito, scelto per lui o lei alla nascita in base alla biologia tra sole due categorie, senza possibilità di svicolarne e dovendo attenersi scrupolosamente a tutte le regole comportamentali a esso legate. Melissa invece sceglie di seguire il proprio sentire, indipendentemente da ciò che la società si aspetta da lei.
Non le interessa di avere l'approvazione di coloro che la circondano, salvo rare eccezioni, né sente il bisogno di stare in compagnia di qualcuno e questo fa di lei una persona coerente e decisa ma a volte scostante, che infatti si muove parallelamente ai propri coetanei, più che in mezzo a loro. Le piace provocare, portare i concetti e gli atteggiamenti all'estremo, per fare una sorta di scrematura tra chi ritiene meritevole del suo tempo e dei suoi affetti e chi no.

La madre di Ethan, troppo facile odiarla eppure lui si sforza di capirne le motivazioni; come hai elaborato quel personaggio?

Sia la trama che avevo in mente, sia la personalità di Ethan come intendevo svilupparla, richiedevano almeno un antagonista che rendesse la storia personale del protagonista travagliata fin dall'inizio. Scegliere la madre per quel ruolo è stato piuttosto semplice, anche se meno semplice è stato poi costruirne le caratteristiche senza farla diventare una macchietta.
Il presupposto fondamentale è che la cattiveria pura e innata è qualcosa che raramente esiste, e che chiunque la perpetra sicuramente ha una storia alle spalle che spiega da che cosa essa si origini. Costruire un antagonista significa trovare l'interruttore che fa scattare la sua voglia di fare del male.
Come Melissa, anche Mara è stata intrappolata da un presupposto sociale, lo stereotipo secondo cui  tutte le donne devono per forza voler essere madri, e desiderano affrontare col sorriso sulle labbra tutte le difficoltà e i sacrifici che la maternità comporta. Lo stereotipo che vuole che chiunque abbia due cromosomi X possiede istinto materno a vagonate. Ma quando mai?!
Mara però doveva restare nella vita di Ethan, almeno fino a un certo punto: da qui l'egocentrismo, l'infantilismo e un'insicurezza di fondo, nascosta dietro un muro di aggressività, che la rendono incapace di staccarsi dal nido paterno e vivere la sua esistenza come l'avrebbe voluta lei.
Una persona che ha letto il romanzo tempo fa mi ha detto che le sarebbe piaciuto seguire ulteriormente lo sviluppo e la crescita di questo personaggio. Chissà, magari un giorno scriverò ancora di lei.

Matteo, il figlio di Aida, è una vittima, eppure quando lo conosciamo incontriamo un vero stronzo, anche qui mi piacerebbe capire: come hai costruito il personaggio?

Matteo rappresenta a sua volta l'opposizione a uno stereotipo (anche se in questo caso non è lui che lo combatte), quello che vuole identificare in toto chi subisce un torto al suo ruolo di vittima. Spesso si ha l'idea che se una persona è vittima, allora è per forza buona o, viceversa, se non è buon allora non può essere una vittima.
Non è vero, la realtà è più complessa di così e un essere umano non può essere ricondotto unicamente a qualcosa che ha fatto o subito. Lo stesso vale per i personaggi di un romanzo: a dare loro complessità e verosimiglianza non è il loro ruolo, ma le sfumature che si riesce a pennellare loro addosso, sfumature che possono anche essere in contrasto tra di loro… o apparentemente in contrasto, dato che subire una qualsiasi forma di violenza non esenta dal perpetrarne a propria volta.
Questo è il ragionamento che sta alla base della scelta di rendere Matteo figlio di suo padre: in fondo, quando si ha un pessimo esempio in casa, lo si può combattere o si può finire per somigliargli.
Devo ammettere che all'inizio non è stata una scelta conscia: me lo sono ritrovato sulla pagina così, altezzoso e superbo. Quando me ne sono resa conto, ho pensato se non fosse meglio ricondurlo all'archetipo della vittima, ma ho preferito proseguire lungo questa strada, ritenendola forse più azzardata, ma anche più genuina.
Se invece con la tua domanda intendevi chiedermi come ho fatto a costruirlo così stronzo, beh, a volte basta semplicemente guardarsi intorno per trovare ottimi esempi da cui prendere spunto!




martedì 19 novembre 2019

Time Vampires - Codice Agatha (di Therry Romano - Astroed.) #mèpiaciuto

Time vampires - Codice Agatha
Una cover che rimanda all'urban fantasy. 
Una catalogazione: romance. 
Un titolo che cita i vampiri. Ma all'interno di questo volume corposo, più di 500 pagine c'è tanto, moltissimo. Molto più di quello che promette, ma anche parecchio di meno. È un fantasy, sì, anche se molto poco urban, mentre c'è azione, combattimenti, avventura e fantascienza virata alla mitologia. Non è un romance, assolutamente, perché c'è una storia d'amore ma rimane sullo sfondo per lasciare spazio a una protagonista, Hana/Kira/Xendhra, che è agente segreto, prescelta, madre suo malgrado, guerriera pressoché imbattibile, supereroina con poteri incredibili, dea. E tutto questo rinchiuso nel corpo e nella personalità di una bella ragazza con una dichiarata passione per pizza, schifezze unte e bibite gassate. Ah, e poi i vampiri non c'entrano niente, nessun canino sguainato, nessun dissanguamento. Quelli che Kira definisce, all'inizio della vicenda, vampiri sono esseri soprannaturali, ma di origine umana, che si nutrono del tempo delle proprie vittime. Vi siete persi? E questo è ancora niente. Attraverso una narrazione scoppiettante, vi troverete lanciati attraverso canali dimensionali, capaci di spostarvi in modo istantaneo da Pittsburg alla California, da isole sperdute nel Mar Artico alle spiagge assolate della Grecia. Di cosa stiamo parlando, quindi? 
Non lo so di preciso. So che ho mancato la fermata della metropolitana mentre, insieme a Kira, scendevo negli inferi e incontravo Persefone e scoprivo che è un'interior design con un mood goth. Ho conosciuto Ade, che è molto più simpatico e spiritoso di come lo raccontano i miti, ho incontrato Demetra, Stige, Hermes. E Kira, umana con componenti molecolari di azzurrite e poteri divini, li ha messi in riga, tutti. Compreso Zeus. Se siete pronti a lasciarvi trascinare nell'equivalente narrativo di film come Thor, X-men, Doctor Strange e Avengers con un pizzico di Guardiani della Galassia e il sottofondo spirituale di Star Wars, questo è il romanzo che fa per voi. E può farsi scoprire un'autrice con una preparazione sulla mitologia classica, sulla cristalloterapia e sulla composizione molecolare in grado di stupirvi. 
E adesso andiamo alle domande all'autrice: 
Quanto si deve essere pazzi per scrivere una roba così?
Direi che la follia è una componente fondamentale, soprattutto se sei una lettrice fantasy che ha letto di tutto, anche le cose più improbabili di autori sconosciuti e altri notissimi, ma che cerca un qualcosa che ancora non è stato scritto. Si fa così, no? Dopo un po’ scrivere di cose trite e ritrite, porta inevitabilmente alla noia. E allora la follia prende piede e ti porta a realizzare cose del genere.
L'Olimpo a Doha e dei della mitologia che scommettono al Toto-Lega... non hai paura che si arrabbino? 
Non credo, Hermes mi ha assicurato che sotto sotto (forse molto in profondità) gli dei sono dei simpaticoni. Anche Zeus.
Diciamo che studio gli dei greci sin da quando ero alle elementari e nel momento in cui dovevo metterli su carta, li ho descritti proprio come li vedo io: avidi, disincantati, disinibiti e soprattutto, manipolatori.
E se mi mandano contro qualche strale, spero di uscirne indenne!

Parliamo di cristalli, pietre e poteri connessi: hai studiato cristalloterapia? 
Ho sempre avuto una curiosità per tutto quello che mi circonda, soprattutto la natura. Amo le rocce, le formazioni naturali e i cristalli. Ho approfondito la conoscenza di queste pietre anni fa, quando in gita con mio figlio al Museo di storia naturale, mi sono incantata a guadare una pietra di ossidiana. Da allora ho iniziato a collezionare pietre e cristalli, a studiarne le forme (amo le sfaccettature) e i colori. E poi ho iniziato a contemplare le loro potenzialità, i benefici e le influenze.
Per inserirle a pieno titolo nel libro, ho consultato parecchi manuali, anche antichi, per comprenderne fino in fondo i poteri e come potevo legarle ai miei personaggi.
La cristalloterapia è una disciplina davvero interessante.

C'è un momento in cui ti lanci in una disamina sulla composizione molecolare dei senzienti rispetto a quella degli umani e spieghi le capacità di riaggregazione grazie ai gluoni... tu sai qualcosa che noi poveri umani non sappiamo, confessa!
Direi che Kira e Damien mi hanno dato una spiegazione sufficiente a farmi venire il mal di testa!
Scherzi a parte, ho dovuto inventarmi un qualcosa di diverso, proprio per giustificare la trasformazione di questi esseri da umani a senzienti. Avevo già letto di tutto in altri libri, riguardo alla trasmutazione. Ma poiché volevo qualcosa di speciale, sono tornata ai miei studi sulla fisica e chimica, e ho trovato la soluzione adatta.
Il carbonio ormai è cosa superata e chissà che non diventeremo tutti dei superuomini!

domenica 17 novembre 2019

Mi dichiaro colpevole



Esiste un reato che si chiama "esercizio abusivo della professione". E pare che siamo in molti a compierlo. Moltissimi. 
E non sto parlando di giornalismo, visto che sono iscritta all'albo da 19 anni.
C'è una questione di lana caprina che risorge regolarmente in rete e forse avete già capito a cosa mi riferisco, ma andiamo per ordine.
Per anni, molti, tutta la mia esistenza ha girato intorno alle esigenze di mia madre. Mi occupavo della sua salute, fisica e mentale, la assistevo in tutto e dedicavo a lei ogni singolo momento del poco tempo libero di cui disponevo. Ero una badante - o una caregiver, se vi piace di più - a tutti gli effetti. E se mi fossi definita tale, nessuno sarebbe venuto a sindacare per quante ore lo fossi, con quali reali risultati e, soprattutto, se mi ci guadagnassi di che vivere. Insomma, nessuno mi avrebbe tacciato di "esercizio abusivo della professione".
Mia mamma non c'è più. E la mia vita, nel mio tempo personale, ha un epicentro che non è difficile da indovinare: scrivo. Scrivere significa molto più dell'atto materiale di digitare su una tastiera o far scorrere una penna su un foglio. Scrivere significa dedicare energie fisiche e mentali a un'attività artistica (o artigianale, se arte vi pare troppo) che prevede preparazione, documentazione, ricerca, costante applicazione, aggiornamento. E, solo alla fine, pubblicazione. 
Io questo faccio, dal 2008. E lo faccio da abusiva, da autrice di serie B. No, anzi, da serie D, se vogliamo restare nella metafora calcistica.
Esercito nei campetti di periferia, con un pubblico piccino su gradinate scomode. 
Abusiva. Perché con i proventi delle vendite dei miei libri non ci pago le bollette, perché dedico otto ore al giorno di ciascuno dei miei giorni a un lavoro (che amo) e per il quale percepisco un salario.
Quindi, sebbene io scriva, pubblichi e abbia persone che, bontà loro, attendono con gioia ogni nuova fatica narrativa, a cadenze quasi regolari trovo qualcuno che viene a specificarmi che non devo neanche osare definirmi scrittrice.

La premessa fondamentale è che a me non interessa il patentino di un inesistente albo degli scrittori. Invece pare interessi a più di qualcuno specificare che no, cazzo, io, lui, lei, loro non possono proprio. A meno di non poter produrre il CUD con i diritti d'autore incassati. A breve scopriremo che al di sotto dei 25.000 lordi l'anno no, non puoi. Al di sopra, sì, puoi. Quello che non è chiaro è a quanto ammonti e chi sia demandato ad elevare la sanzione per "esercizio abusivo della professione di scrittore".

venerdì 15 novembre 2019

Dove batte il cuore (di Annemarie De Carlo - Triskell) #mèpiaciuto


Un romanzo che ho apprezzato fin dalle prime righe. E che mi ha trascinato nelle vicende dei tre personaggi che si alternano sulla scena: il diciottenne Gus, serio e dolente; il 24enne Sonny, scanzonato e libertino; il 32enne Mark, misterioso e affascinante. I loro destini si incontrano in un piccolo apparente paradiso della provincia americana. E i nodi di vicende legate alla morte di un ragazzo e al grave ferimento di un altro, vengono inesorabilmente al pettine. L'autrice ha mestiere, riesce a dosare le rivelazioni e le digressioni. Gestisce benissimo anche le scene di sesso, piuttosto bollente eppure gradevolissimo, senza mai cedimenti volgari. E, attraverso un intreccio di amori da romance m/m, tratta i temi del bullismo, dell'omofobia, della sopraffazione e della corruzione. Sì, i protagonisti sono tutti molto attraenti. Sì, vediamo muscoli guizzare e jeans attillati. Ma Gus, angelico e sottile, nasconde un animo d'acciaio e una maturità fuori del comune. Ma Sonny, spudorato e guascone, svelerà il coraggio di lottare per ciò in cui crede. Ma Mark, roso da un senso di colpa incurabile, forse troverà sollievo e serenità. Pare che sia solo il primo capitolo di una serie e io non vedo l'ora di ritrovare i tre ragazzi sullo sfondo della Pennsylvania descritta in un modo che denuncia ben più della semplice documentazione.
Consigliato a chi voglia lasciarsi catturare, emozionarsi, anche soffrire e mangiarsi le unghie, su un romanzo scritto bene. 


È il 44simo letto nel 2019

Una rubrica? Perché no #mèpiaciuto



Leggo tanti libri, nonostante io ne scriva.
Dicono che gli scrittori non leggano.
Dicono che in Italia tutti scrivano e nessuno legga.
Dicono che gli autori (ma soprattutto le autrici) schiumino bava verde e si facciano un dovere di affossare il lavoro degli altri/altre.
Dicono un sacco di sesquipedali corbellerie.
Per questo ho deciso che quando leggo un libro,
quando quel libro mi piace,
quando chi lo ha scritto non scala classifiche 
e non viene osannato/a in giro,
quello è il momento in cui scatta il

M'è piaciuto!

Una piccola rubrica, su un blog misconosciuto,
ma su Facebook ho un sacco di contatti,
qualcuno mi dà retta.
Segnatevi l'hashtag:

#mèpiaciuto