sabato 28 marzo 2015

#ioleggodifferente: si va a incominciare


In Italia si legge poco. E quei pochi leggono sempre gli stessi. E' un fatto. Questione di visibilità, di ben orchestrate campagne marketing, di un monopolio editoriale conclamato. Difficile convincere un non lettore ad appassionarsi alle pagine scritte o allo schermo di un e-reader, lo sappiamo. Ma è altrettanto difficile far sì che un lettore forte, di quelli che leggono più di un libro al mese, scopra un panorama narrativo diverso da quello che gli viene proposto sugli scaffali delle grandi librerie di catena. Ed è per raggiungere quel lettore che nasce #ioleggodifferente.

Differente non vuol dire migliore, vuol dire diverso. Ci sono molti autori validi, pubblicati da case editrici piccole e indipendenti, che non riescono materialmente a raggiungere i lettori. Manca la distribuzione, manca la pubblicità, manca la volontà, anche, di andare “a caccia” di qualcosa di diverso, di un nome nuovo, di storie inconsuete.

#ioleggodifferente nasce per favorire l’incontro tra scritture poco conosciute e lettori.
#ioleggodifferente è su twitter: https://twitter.com/leggodifferente
e su Facebook con la pagina https://www.facebook.com/ioleggodifferente
#ioleggodifferente è su instagram, su pinterest, su google+
#ioleggodifferente è una rete di blog che da sempre si interessano di scrittori e scritture differenti.
#ioleggodifferente sarà un sito (di prossima pubblicazione).
#ioleggodifferente è, soprattutto, voglia di agire adesso:

gli autori che aderiscono al progetto mettono a disposizione una copia di un loro libro; uno stralcio verrà pubblicato sul sito. Chi vorrà lo leggerà e lo commenterà. L’autore, a proprio insindacabile giudizio, regalerà a un lettore/commentatore una copia del libro. Il lettore riceverà il libro e ne documenterà l’arrivo con una foto che verrà pubblicata sul sito, sui blog e su tutti i social coinvolti. Il lettore leggerà il libro, lo commenterà (a proprio insindacabile giudizio), poi sceglierà un altro lettore cui passarlo. E la procedura riprenderà in una catena di lettura/passaparola che può allargarsi ai librai che vorranno partecipare, mettendo in vetrina uno o più libri DIFFERENTI consigliandoli ai propri clienti (con l’indispensabile complicità degli editori coinvolti).

Invitiamo editori, autori, lettori e librai interessati ai libri DIFFERENTI:

a seguire #ioleggodifferente sulla pagina fb e sugli altri social e/o
a collaborare attivamente alle iniziative in preparazione iscrivendosi al gruppo fb  #ioleggodifferente.
A breve il sito e molte novità: restate in contatto!

lunedì 23 marzo 2015

Scrivere? Non è un mestiere per donne: discriminazione editoriale in pillole


 
 

A parità di talento e di meriti, la scrittrice dovrà faticare il doppio

(se non il triplo) per essere anche soltanto presa in considerazione.

La triste verità è che, perlomeno in Italia, questo accade in ogni ambito

della vita di una donna.

Gaja Cenciarelli

 

“…penso che il problema si aggravi quando si parla di giallo, o peggio

di horror, in quest’ambito c’è certamente una sorta di diffidenza per

le autrici e quindi una certa forma di discriminazione, so che ad alcune

colleghe è stato proposto di pubblicare con uno pseudonimo maschile.”

Floriana Tursi

 

“…fateci caso, uno scrittore ha, in genere, molti più fan di una scrittrice,

e la maggioranza sono donne. Perché la donna vede a tutto tondo,

giudica su varie sfaccettature, non si ferma all’apparenza.

Simonetta Santamaria

 

Un mio amico scrittore diceva che per scrivere il suo ultimo romanzo

aveva impiegato 13 mesi durante i quali si era auto recluso. Per

mettere insieme 13 mesi pieni di scrittura io, tra impegni familiari di

vario tipo e necessità di sbarcare il lunario, devo impiegare 13 anni.”

Mavie Parisi

 

Le scrittrici per essere note o famose o avere i propri libri in vista

in libreria devono essere profonde e impegnate, serie e senza troppi

vezzi, oppure (apparentemente) leggere e dedite alla scrittura chick

lit. Prestazioni maggiori, o caratterizzate da ciò che è di moda.”

MariaGiovanna Luini

 

“…le lettrici leggono indifferentemente scrittori maschi e scrittori

femmine, guardano solo all’interesse per la trama, mentre i lettori

no. I lettori maschi si fidano poco di un libro scritto da una donna,

pensano che per forza sarà una menata rosa, con poca azione…”

Lilli Luini

 

Viviamo in un paese in cui il maschilismo - spesso con la complicità,

duole dirlo, delle donne stesse - è una piaga ben lungi dall’essere

debellata. Anzi, direi proprio che da diversi anni è in corso un tentativo

di restaurazione che mira a demolire conquiste che purtroppo

non sono affatto assodate e che a volte hanno addirittura una sostanza

solamente formale.

Francesca Bonafini

domenica 15 marzo 2015

Scrivere? Non è un mestiere per donne: prologo

“…ci sarà sempre qualcuno disposto a spergiurare che non è vero, che tutti scrivono, uomini e donne, che tutti pubblicano, e che, oggi, non pubblicare in Italia è raro quasi quanto non aver fatto i provini per il Grande Fratello, e soprattutto, che una scrittrice donna italiana può scrivere un best seller così come essere il nuovo emergente caso da dibattito culturale. Peccato che fatte salve preziose eccezioni, a scalare le classifiche siano i consigli di Nonna Papera e il caso letterario stia mettendo adesso i denti da latte. Perché, vedete, oltre che delle buone intenzioni l’Italia è il paese dove un libro di ricette è capace di rimanere il libro più venduto per settimane se non per mesi. Perché allora sorprenderci e farci venire l’orticaria galoppante quando anche in ambito editoriale siamo ancora rappresentate per lo più come nonne papere o lolite?”
(Silvia Mango – blogger )

 
 
Ed eccoci qui. A cercare di tirar le somme dopo quasi due anni di interviste a scrittrici famose e misconosciute, a donne blogger, a donne editor, a coraggiose autrici di horror e gialli e noir (generi notoriamente
da maschi), ad ancora più coraggiose autrici di famigerata,
vilipesa ma quanto letta e consumata narrativa rosa (confessate, avete arricciato il naso!), nello sforzo di capire. Perché lo so, l’ho provato sulla mia pelle, che saranno moltissime le voci contrarie. Ma ritengo che, così come esiste nella società italiana di oggi, una questione femminile sia viva e presente anche nel mondo rarefatto dell’editoria.
Non sto preparando il terreno per le quote rosa, cui non credo neanche dal punto di vista economico, politico e sociale. Ma ci sono dati di fatto sui quali vale la pena ragionare, come abbiamo tentato di fare insieme alla scrittrice e giornalista Marilù Oliva con una mini inchiesta
sul blog La poesia e lo spirito.
Era l’8 marzo del 2011 e si constatava che, entrando in libreria e girando tra gli scaffali, così a colpo d’occhio appariva e appare evidente che gli autori sono molti più delle autrici. Poi allargando il punto di vista e concentrandoci sulle persone che circolano tra gli scaffali, prendono volumi, vanno alla cassa e acquistano, si appurava e si appura senza sforzo che sono soprattutto donne.
La dicotomia esasperata che ne potrebbe uscire è: gli uomini scrivono, le donne leggono. Ma solo la seconda parte della frase si avvicinerebbe alla realtà. Le donne leggono. In un paese come il nostro, dove i lettori cosiddetti forti sono una sparuta, ma agguerrita, minoranza, le lettrici sono di più. Il dato curioso è che anche le scrittrici, o aspiranti tali, sarebbero di più. Ma a parte pochi esempi di estrema e a volte discutibile attualità, gli editori non cercano donne. Mi si dirà che l’editore cerca la storia efficace. Giustissimo. Ma poiché le maggiori frequentatrici dei cosiddetti corsi di scrittura creativa sono donne, per la legge dei grandi numeri, verrebbe da pensare che la maggior parte dei manoscritti che giungono alle case editrici siano firmati da donne.
E che qualcosa di efficace, tra tutti quei fogli, debba pur esserci.
Ma in catalogo gli uomini sono di più. Non solo. I lettori uomini, che non sono maggioranza, ma esistono e pesano, spesso scelgono i libri in base a un pregiudizio: se l’ha scritto una donna, no.

No, perché le donne scrivono rosa.
No, perché le donne parlano di privato, famiglia, figli.
No, perché gli uomini scrivono meglio.

Magari non enunciato così brutalmente, ma la convinzione di fondo esiste pur prevedendo eccezioni. Poche. Quando decisi di lanciare il progetto Scrivere Donna sul sito Scrivendo Volo, ricevetti sul blog il commento di un lettore che affermava di apprezzare Rosa Matteucci perché, cito testualmente: vivaddio, non scrive da donna.
Mi piace anche citare, in questo preambolo introduttivo, un estratto della prefazione che Gianluca Morozzi ha dedicato al divertente e consigliato volume Caro scrittore in erba… di Gianluca Mercadante (Las Vegas Edizioni). Lo leggiamo insieme?

“Ti sei visto diventare (Morozzi si sta rivolgendo allo scrittore in erba cui il libro è dedicato, n.d.r.) quantomeno un Andrea De Carlo, fascinoso, sempre in barca o tra casolari di campagna, eternamente giovane e piacente, se sei maschio. O una figura di riferimento per la nuova scrittura femminile al di là degli stereotipi, se donna.”
 
Vi chiedo: salta agli occhi solo a me?
Dovendo scegliere e, sì per carità, ironizzare, il prefatore sull’esempio maschile ha avuto solo l’imbarazzo della scelta. Per inciso Andrea De Carlo, con la sua partecipazione al talent Masterpiece, è un’icona
(involontaria) perfetta. Ma lo sforzo, se pur c’è stato, è miseramente fallito nella ricerca di, rileggiamolo insieme, “una figura di riferimento (che evidentemente non esiste) per la nuova scrittura femminile (nuova?) al di là degli stereotipi (quali lo vedremo in seguito)”.

In soldoni al Morozzi, stimabilissimo e divertente autore, un nome di scrittrice da affiancare all’icona De Carlo non gli è proprio venuto.
Secondo voi è un caso?
È su questa realtà che ho voluto capire e far capire perché la discriminazione (eccola, la parolaccia) sia presente anche in un ambito dove dovrebbe regnare il talento. E il talento, nel migliore dei mondi possibili, è come gli angeli: non ha sesso.
Lungi dal volerci ghettizzare o dal lanciare una crociata contro gli scrittori, nelle pagine a seguire ascolteremo tante donne raccontare il loro modo di vivere la scrittura. E scopriremo quanta grinta sia necessaria per realizzare ciò che a nessun uomo verrebbe mai chiesto:

tenere in equilibrio vita e sogno, panni da stirare e capitoli da finire, cene che rischiano di bruciare e personaggi che pretendono attenzione, successi in pubblico e sensi di colpa nel privato.

Pronti?


sabato 7 marzo 2015

Per l'8 marzo scegli un libro senza stereotipi

I lettori attenti hanno notato due cose riguardo ai nostri romanzi: le donne hanno sempre un ruolo da protagoniste, ma gli uomini non sono mai dei semplici comprimari. A noi piace aggiungere un’osservazione: le donne che noi descriviamo, così come gli uomini, non corrispondono mai agli stereotipi di genere che ci vengono costantemente somministrati.... Non è una scelta razionale, una decisione presa a tavolino.
 
 
Adesso, anzi, da un po’ di tempo a questa parte, le decisioni prese a tavolino vanno per la maggiore in narrativa. E i risultati si vedono. I nostri e i “loro”. Pare che il mercato prediliga le protagoniste pasticcione, facili all’inciampo e alla piccola ferita da medicare (tipo unghia spezzata, scheggia nel tenero polpastrello, caviglia – sottile, nuda anche in gennaio, calzata su tacco 12 – distorta), bisognose di assistenza in tutto e per tutto, fragili, insicure. Intelligenti, per carità, ma pronte a cadere in deliquio sbirciando un bicipite, una camicia sapientemente sbottonata dal pettorale scolpito, un sorriso canagliesco. In carriera, anche dure nel loro lavoro, ma dalla gota fanciullescamente rubescente nel momento in cui, alzando le palpebre orlate di folte ciglia, impattano nello sguardo assassino del loro collega/superiore/avversario. I lettori, anzi, le lettrici vogliono ‘sta roba qui, ci viene detto. E non stiamo parlando di sfumature grigie, rosse e nere, ma di prodotti nostrani (sì, nati sulla falsariga perché l’onda va cavalcata) destinati ad approdare in tv per perpetuare lo stereotipo. Lei, qualsiasi lei, può far carriera, le è concesso essere intelligente e preparata, può avere delle intuizioni, magari battere sul tempo il maschio di turno. Ma senza rinunciare – così ci viene venduta – a quella femminilità bamboleggiante che fa sentire l’uomo protettivo, forte, necessario. Ve la ricordate la canzone di Celentano che recitava, rivolto alle istanze femministe, “tu vuoi fare il gallo, poi fai l’uovo con me, sul lettescion…”? Ecco, siamo ancora lì. Le regole del bestseller narrativo (la letteratura, non ci stancheremo mai di dirlo, è altro) ci vogliono così: scorza apparentemente dura ma anelito alla sottomissione appena ci giunge alle narici – frementi, ovvio – un sentore di maschio ferormone.
Ecco. Noi, duo scrittorio Costantini&Falcone, no. Se è questo che volete da un libro, non cercatelo in uno dei nostri. Ed è forse il motivo per cui, ci piace pensare, il nostro “Puzzle di Dio” (goWare) è stato scelto dall’Unione Lettori Italiani Molise nell’ambito delle celebrazioni dell’8 marzo.
Non è un libro che parla di emancipazione femminile, è un thriller, un romanzo d’avventura e mistero, con mille risvolti. E con due donne protagoniste che con gli uomini interagiscono, collaborano, si scontrano, se è il caso. Soprattutto non inciampano, non arrossiscono, non si sottomettono. Come le loro creatrici, ci viene da dire.