venerdì 25 ottobre 2019

Ferita all'ala un'allodola di Maria Lucia Riccioli (39simo libro letto quest'anno)

Questo romanzo sul social dei lettori, Goodreads, non c'è e non è neanche possibile inserirlo, perché non è più disponibile alla vendita. I libri, secondo le logiche di mercato, hanno un'aspettativa di vita breve. E questo è stato pubblicato, la prima volta, nel 2011, poi rieditato nel 2013. Comunque troppo in là nel tempo per "esserci" ancora. Eppure c'è. C'è come pochi altri romanzi che ho letto. C'è perché merita di esserci.
Maria Lucia Riccioli ha svolto un certosino lavoro di ricostruzione dell'esistenza terrena di Mariannina Coffa, poetessa e intellettuale risorgimentale, purtroppo misconosciuta fin dagli anni in cui, viva e vibrante, venne di fatto seppellita in un'esistenza che non le apparteneva.
Voleva scrivere e vivere di poesia e di cultura, voleva amare liberamente chi le aveva fatto battere il cuore. Voleva essere riconosciuta come persona.
Ma "fimmina era" e in quanto tale non aveva diritto ad altro che a un matrimonio basato sul denaro e i beni al sole, una casa da accudire, figli da dare a un marito poco più che estraneo.
Non era "normale", Mariannina Coffa. Non voleva esserlo. Forse non poteva. Infatti la sua vita si consumò in un breve lampo. Si spense a 37 anni, divorata da un cancro all'utero e dalla consapevolezza di essere sola, abbandonata, avversata dalla stessa famiglia alla quale aveva sacrificato ogni aspirazione pur di conservare onore e rispettabilità.
L'autrice scrive con una lingua arcaica, pastosa, lirica, con rimandi al melodramma, alla poetica del Risorgimento, al dialetto, anche. È come se a parlare dalle pagine fosse Marianna in prima persona. lei che racconta, soffre, rivela e si ribella, anche, a una condizione della donna che è violenza istituzionalizzata e custodita perfino dalle stesse altre "fimmine" convinte del proprio essere proprietà di padri, fratelli, mariti e figli. Lei no. Mariannina Coffa no. E paga con la vita.
Questo libro è doloroso, lo si chiude con un sentimento di gratitudine e di rabbia. La rabbia di quel busto che le hanno dedicato a Noto, dopo averla avversata, irrisa e calunniata in tutto l'arco della sua breve vita. Una testimonianza necessaria, per non dimenticare cosa significa nascere donna. E cosa molti vorrebbero significasse anche oggi.