lunedì 31 dicembre 2012

L'anno che sta arrivando...


... tra un anno passerà. Io mi sto preparando. E' questa la novità...
Così canta quel grandissimo di Lucio Dalla. Una delle sue canzoni più belle e più significative. E da qui parto. Odio fare gli auguri, perché si dimentica sempre qualcuno. Perché sembrano un obbligo. Perché sono, per forza di cose, superficiali. E perché ognuni di quelli che si aspettano di riceverli, vorrebbe che io dedicassi una telefonata, un biglietto, un tempo più o meno lungo.
Ebbene, siete tutti tutti tutti nei miei pensieri, ma di tempo non ne ho a sufficienza.
Oggi lavoro nonostante un poderoso raffreddore. Mia mamma è a casa che aspetta il mio ritorno e anche lei è raffreddatissima. Festeggeremo così, a suon di starnuti e soffiate di naso. Ma va bene lo stesso, perché questa giornata di festa obbligatoria, di casino istituzionalizzato non l'ho mai amata. Così come non ho mai amato il dovere di divertirsi.
A me le feste, quelle col trenino, le musichette sudamericane, i cotillons e tutti che gridano AUGURIIII, mi fanno una tristezza, ma una tristezza...
Insomma. Un nuovo anno sta arrivando. Come ho già detto varie volte, voglio con tutta me stessa (e lo voglio per tutti, compreso questo disastrato paese) che sia migliore di quello che sta finendo. E potrei dire che non ci vorrà molto. Ma sarei ingiusta.
Il 2012 è stato lunghissimo, faticoso, stressante, ma ha visto, per quel che mi riguarda, dei risultati importantissimi.
Vi avverto che, da questo punto in poi, andiamo sul personale e quindi siete autorizzati a fregarvene e cliccare altrove.
Dicevo dei risultati:
1) mia mamma sta bene;
2) sono stata assunta a tempo indeterminato;
3) ho pubblicato due romanzi (insieme a Lory) cui tenevamo molto, Carne Innocente (Historica Edizioni) e Il destino attende a Canyon Apache (Las Vegas Edizioni);
4) scrivo e mi sono inventata la rubrica Scrivere Donna sul sito www.scrivendovolo.com ;
5) scrivo e gestisco una piccola rubrica di opinioni sul bisettimanale "La Sesia" di Vercelli;
6) scrivo e, sempre insieme a Lory, abbiamo due racconti importati da consegnare entro gennaio;
7) non so se si è capito ma... scrivo.

Ho avuto modo di conoscere meglio delle persone splendide, di incontrarne di nuove, di entrare in contatto con donne che, come me, hanno fatto della scrittura una passione assoluta.
Non potevo chiedere di più all'anno della (mancata) fine del mondo.
Mi riservo tutte le richieste ulteriori per il 2013.
Un bel numero dispari, ma tondo, con un bel 3, come il mio anno di nascita.
Andra bene, ragazzi. Andrà meglio. Questo mi sento di augurarmi e augurarci. Con affetto.

giovedì 20 dicembre 2012

La fine del mondo...

Ammettiamolo. Ci stiamo pensando. Sul serio. Domani sarà il 21/12/2012. La fine del mondo, secondo il calendario Maya. Il fatto che tg nazionali si sentano in dovere di dedicare servizi e approfondimenti all'evento, per spiegarci che la data è frutto di un'interpretazione sbagliata del calendario precolombiano, la dice lunga sulla presa che la profezia ha avuto in anni (pare se ne parli dal 1975) di martellamento mediatico. Adesso ci siamo. Solo che la fine non è un sipario che cala bruscamente. È un processo in divenire e lo abbiamo sotto gli occhi. La fine del mondo, del mondo come lo abbiamo concepito negli ultimi decenni, è accaduta. Anzi, continua ad accadere. E se il primo a decifrare il calendario Maya si è sbagliato sulla data, possiamo però dargli  ragione sull'annus horribilis che ci siamo trovati a vivere. Duemiladodici. Oltretutto bisestile, per non farci mancare nulla. Abituati come siamo a piangerci addosso, la fine del mondo per noi italiani passa dalla rata definitiva dell'Imu, dal carobenzina e dal calo dei consumi, prima ancora che dalla scoperta che i nostri amministratori, da qualunque lato dell'arco costituzionale provengano, son convinti di potere e dovere vivere a nostre spese. Abbiamo, tutti noi, pagato le cartucce dell'amministratore con la passione venatoria o le creme di bellezza dell'igienista dentale. Intanto da gennaio a oggi sono state moltissime (100? 120? 80?) le donne assassinate da uomini che le consideravano una proprietà inalienabile. Intanto un giovane su tre è disoccupato e lo resterà. Intanto la nostra principale risorsa, il patrimonio artistico, se ne va in malora. Pompei si sgretola. Gli scavi si ricoprono di terra e deve lanciare un appello un australiano, Russel Crowe, per perorare il salvataggio della tomba del gladiatore Macrino. Il comune di Roma 3 milioni di euro non li ha. Ma se alziamo lo sguardo dalle disgrazie nazionali vediamo che in Spagna si sono suicidati in 7 negli ultimi tre mesi. Erano stati sfrattati. La crisi economica picchia duro. Mai quanto le bombe. Decine, forse centinaia i morti per i bombardamenti israeliani contro la striscia di Gaza. Mai quanto un dittatore. Centinaia, forse migliaia, le vittime in Siria nello scontro tra ribelli e truppe del presidente Assad. Mai quanto le pistole. A Denver, quest'estate in dodici morirono in un cinema per il raptus di un folle. A Newtown, piccolo centro del Connecticut, sono morti in 26 sotto i colpi a bruciapelo di un ventenne disturbato. America sotto choc, Obama in lacrime, lobby dei costruttori d'armi decise a tenere la posizione a ogni costo.

Non sono le pistole a sparare, sono le persone.
Non sono gli speculatori, è la crisi.
Non sono gli amministratori ladri, è l'antipolitica.
Non sono gli uomini violenti, è il raptus.
Non sono i Maya, è che il mondo è già finito.

Laura Costantini

lunedì 17 dicembre 2012

Cronisti cronici apocalittici (non pervenuti): Luca Fadda


Dice di sé: Luca Fadda (LFK), nasce il 20/10/1974 a La Maddalena. Vive a Gonnosfanadiga, dove è marito e padre. Dopo gli studi tecnici, in ragioneria, e l’abilitazione come Consulente del Lavoro, lavora dal 1996 nel campo della consulenza del lavoro e intraprende, nel 2005, l’attività di libero professionista.
A fine 2010 abbandona la sua attività per motivi personali e si dedica all’arte, prediligendo la scrittura tra questa, la musica e il disegno.
A fine 2011 conclude la sua prima raccolta di racconti, intitolata “La prigione delle paure”, edita dalla casa editrice (NOEAP) Nulla Die nel mese di Aprile 2012. Il genere verte sul paranormale, l’horror, l’assurdo, essendo i racconti di varie provenienze.
Attualmente sono in lavorazione un romanzo completo presso la casa editrice, di genere noir, e un nuovo romanzo a tinte comunque noir.

Diciamo di lui: E' l'autore che non c'è. Il suo racconto "Il pulsante rosso" si è battuto fino alla fine per il ripescaggio e per un solo voto mancante non è entrato nell'antologia. Come a dire che "per un punto Luchin perse la fine del mondo". Resta il fatto che è un animatore del gruppo dedicato alle Cronache su Facebook e che il suo racconto, surreale e ironico, meritava di più. Avrete presto modo di leggerlo (se Luca è d'accordo) su questo blog e proprio in occasione della data fatidica. Come a dire che una risata ci salverà dalle profezie menagrame.

p.s. a proposito di data fatidica, il 21 dicembre prossimo, ore 18,30, presso il centro culturale "Elsa Morante" (Roma, zona Laurentina) si terrà la megasupergalattica presentazione delle Cronache dalla fine del mondo. Chi non verrà, avrà perso un'occasione per divertirsi. Forse l'ultima... Hihihihihihihihihihih!

martedì 11 dicembre 2012

Responsabilità

Mai come in questi giorni vale la pena riflettere sulla parola "responsabilità". Una parola che altrove, nel mondo, può portare a decisioni estreme come quella di Jacintha Saldanha. Aveva 46 anni, un marito, due figli adolescenti e un lavoro che, evidentemente, amava. Faceva l'infermiera. In uno degli ospedali più importanti del Regno Unito, il King Edward VII Hospital. Ed è proprio lì che, ormai lo sappiamo tutti, la democraticissima duchessa di Cambridge è stata ricoverata nei giorni scorsi per una normalissima crisi di nausea da gravidanza. Chissà se Kate avrà concesso uno dei suoi smaglianti sorrisi a Jacintha. Di sicuro lei, indiana ma affezionata alla Corona, ci teneva che la famiglia Windsor fosse tranquillizzata sulle condizioni di salute della futura regina. Per questo, quando ha ricevuto una telefonata da Buckingham Palace, si è affrettata a fornire le informazioni richieste. Solo che i suoi interlocutori non erano, come lei aveva creduto, la regina Elisabetta e il principe Carlo. Erano due buontemponi australiani, Mel Greig e Michael Christian, dj radiofonici in vena di scherzi. Niente di tragico a ben guardare. Ma non l'ha pensata così Jacintha. Quando la telefonata è stata mandata in onda conquistandosi attenzione mondiale, lei, l'infermiera caduta nel tranello, non ha retto alla vergogna. La conferma dell'avvenuto suicidio, mentre scriviamo, non è arrivata. I risultati dell'esame autoptico non sono ancora stati diffusi. Ma la notizia della morte di Jacintha Saldanha ha avuto un'eco enorme. I due dj sono stati sospesi e posti sotto inchiesta, cancellati i loro profili facebook, l'emittente radiofonica privata dei maggiori sponsor pubblicitari. Dura la condanna di lord Glenarthur, direttore dell'ospedale londinese, che ha parlato di un «atto sconsiderato che ha portato a tragiche conseguenze». E ha rincarato definendo «veramente spaventoso scoprire che la telefonata era stata pre-registrata e la decisione di trasmetterla approvata dai vertici dell'emittente». Responsabilità. Pur affermando di non aver compiuto alcuna illegalità, la proprietà della radio australiana ha porto le proprie scuse e si è sottoposta al giudizio del Garante per le Comunicazioni australiano. Nessuno si è tirato indietro. A partire da Jacintha che considerava il prendersi cura della futura regina e del suo nascituro il massimo punto d'onore di un'impeccabile carriera. Aver mancato al proprio dovere le è apparso insostenibile errore. Se, come è probabile, Jacintha si è tolta la vita per la vergogna, faticheremo a capire fino in fondo le motivazioni del gesto. Non ci appartiene la cultura della responsabilità. Fosse successo da noi, nessuno avrebbe mai preteso un simile sacrificio in nome della privacy violata. E chi fosse caduto nel tranello sarebbe stato il primo a riderne. Perché diventare zimbello mondiale non ci spaventa. Lo abbiamo ampiamente dimostrato.

Laura Costantini

lunedì 10 dicembre 2012

Cronisti cronici apocalittici: Stefano Olivieri

Dice di sé: Mi chiamo Stefano Olivieri, ho 61 anni e lavoro nella pubblica amministrazione. Sposato con Eugenia e con un figlio, Francesco.
Mi piace leggere e scrivere da sempre. Scrivo per passione e ho pubblicato un romanzo in ebook con la società editrice Dante Alighieri nel gennaio del 2012 (Il segreto di casa Tindamo).
Inoltre curo vari blog, fra i quali cito http://democraticoebasta.ilcannocchiale.it
E ho molti romanzi nel mio scaffale di inediti, mai pubblicati per diffidenza verso il mondo editoriale.
Poi, come accade spesso, in vecchiaia uno ci ripensa. Li trovate qui: http://www.calameo.com/subscriptions/1158821
Partecipo a questo concorso con un racconto particolare, una storia minima, un frame di ciò che potrebbe accadere.

Diciamo di lui: A Roma lo definiremmo uscito dalla porta e rientrato dalla finestra. Il suo racconto, pur con qualche perplessità, non superò la prima selezione. Pubblicato sul gruppo delle Cronache, però, piacque agli altri autori e, quando lanciammo (molto cinicamente e televisivamente) il ripescaggio, ottenne una specie di plebiscito. Per cui il suo "Lui tornava a casa" è il 25simo racconto della raccolta. Cronista cronico apocalittico e iperattivo, di sicuro ha animato il gruppo con un pizzico (ma giusto un pizzico, eh! ;-) ) di egocentrismo. Ma a lui dobbiamo lo schioppettante book-trailer dell'antologia:


Come non perdonarlo?

lunedì 3 dicembre 2012

Cronisti cronici apocalittici: Enrico Gregori

Dice (poco) di sé: Nato a Roma nel 1954. Giornalista professionista dal 1983, si è sempre occupato di cronaca nera. Attualmente è caposervizio a Il Messaggero di Roma. È autore di quattro romanzi thriller: Un tè prima di morire (Bietti Media, 2007), Doppio squeeze (Bietti Media, 2008), Le mille facce della morte (Historica Edizioni, 2010), Il percorso degli incubi (Azimut, 2010). Ha inoltre pubblicato il racconto lungo Cinque verticale (Senzapatria, 2010) e alcuni racconti in varie antologie.
Diciamo di lui: Come rompe le balle lui, nessuno mai. E potrebbe essere la sua epigrafe. Scontroso, sarcastico, cinico, criticone (se direbbe a Roma) a prescindere. Potrebbe sembrare il fratello maggiore di Giovanni Stoto, messa così. Poi però scrive (oddio, pure Stoto) e gli si perdona tutto (a Stoto no, diciamocelo). Il suo racconto "Il pranzo di ringraziamento" è... lo scoprirete leggendolo. Uno dei racconti più originali mai pervenuti. Forse il più originale in assoluto.