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venerdì 24 luglio 2015
Ancora su librai e librerie
Mi ritrovo, ancora, a parlare di librai e librerie perché, alla notizia che una bella antologia pubblicata da Las Vegas Edizioni ("Prendi la De Lorean e scappa") sia stata di fatto "boicottata" da una commessa di una libreria di catena ho proposto di procedere con acquisti online, che per i lettori di editori non grandissimi sono garanzia di successo (li trovi, li compri, li leggi). Las Vegas mi risponde che ci sono ottime librerie e ottimi librai che perderebbero il loro posto di lavoro se tutti la pensassero come me. Sempre oggi sul blog Rosapercaso trovo questo post che, giustamente, inneggia alle librerie indipendenti e ai libri di qualità. E allora mi ricordo di aver dedicato una riflessione alla crociata contro Amazon, questa. Crociata che non mi trova d'accordo, in soldoni. Ma urgono alcuni chiarimenti: non ho nulla contro i librai, anzi. Una che adora i libri da sempre non può che essere dalla loro parte. Il problema è che non c'è mai stato un libraio di fiducia nella mia vita. Perché non c'è mai stata una libreria di fiducia. Pigrizia mia, probabilmente. Ma l'unica che potrei considerare tale è la Ubik di Monterotondo dove a coccolare libri, lettori e autori c'è, tra gli altri, Chiara Calò . Peccato che io viva a Campobasso e che le mie pur frequenti puntate a Roma difficilmente mi consentano di andare a salutarla e a farmi consigliare nuove letture, come vorrei. Tutto questo per dire che vorrei, ma non posso. E per non rinunciare al mio motto #ioleggodifferente, i libri, quasi tutti i libri, li acquisto online. Se è una colpa, mi dichiaro colpevole.
mercoledì 22 luglio 2015
Goduria - ovvero l'arte di togliere senso alla narrazione
E' Loredana che vi parla. Visto il successo dell'esperimento di scrittura non-sense derivato da riflessioni sul trionfo della narrativa "supercazzoliana", ho pensato di unificare quanto fin qui prodotto e rendervi noto che Sconfitto e Distrutta sono i protagonisti della non-storia che ho intenzione di raccontarvi per intero. Buona lettura.
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Sconfitto sapeva che nel suo nome, aggrovigliato nei tessuti di
un'umanità apologetica,
svirgolato dalle sinapsi del suo colon che emanava pensieri presbiteriani,
combustionando paradigmi di inusitati alveoli avrebbe emulsionato sfinteri
creando una ballata Escherichia coli putrescenti.
Le labbra di Distrutta, esegetica compagna di Sconfitto, si
attaccarono suggenti al marmo aspirando microbiche drosofile che impattano
scivolanti su papille consumate da logorroici amplessi. La salita suggerisce il
tempo della siderurgia. Che lima soffioni di elio evaporati da riflessioni che
si affacciano sperticandosi (come cellule gliali insabbiate) mentre il nulla
vortica incontrando il niente e figliando ibride stelle che attendono in
medicei destini.
Era bollente, vulcanizzata da un'assioma pettegolo e incoerente che friniva sbriciolando orgasmi
serpentini senza contare le fistole suppuranti lussuria che straripavano
correndo lungo percorsi infiniti di mani piedi braccia tentacoli occhi e
orecchie e sapeva, sì, sapeva, che dietro quella palingenesi di filantropia
dissociata si nascondeva un trasudo
catartico di testosterone stantio.
Sconfitto senti crescere il terrore di averlo perso, più si incrinava
l'insicurezza di quella mancanza più
un gelido torpore saliva a bagnargli il ventre rigonfio di desiderio
ancestrale.
Distrutta lo fissava, gli occhi cerchiati da una ialina
libidine, il seno afflosciato sul desiderio colloso e aspro che le rantolava
tra le gambe. Gambe di gazzella, di giraffa filiforme che allunga il collo in
cerca di uno scroscio di sassi che percorrono all'inverso il desiderio sepolto
di una vorace astinenza. Ma il momento
era giunto. Lei lo sapeva e questa ignoranza la catapultava in una
strisciante rotondità
di onniscienti presenze.
Non c'era tempo per riflettere, non c'era tempo per pensare, agire,
fare, baciare lettere o testamento. Sesso. Sozzo, bollente, urticante,
strafottente, malato, insano, smidollato, sbrodolante come nebbia di pulviscolo
che investe latrine incrostate di escrementi. Merda._____________________
Alla prossima
lunedì 20 luglio 2015
Ebbene sì: esiste il FEMMINISMO ROSA
Rifletto. Mi capita. Anzi,
direi che è la mia attività principale. E non sono uno specchio. Okay, la
battutaccia la dobbiamo al caldo. Ma, dicevo, rifletto. Chi mi segue sa che da
tempo mi interrogo sulla scrittura. E sulla scrittura delle donne. Ho intervistato
un bel po’ di autrici, ne ho ricavato un saggio (https://www.bookrepublic.it/book/9788896656815-scrivere-non-e-un-mestiere-per-donne/)
e non ho mai nascosto il fastidio che provo per il radicato pregiudizio in base
al quale a una firma di donna in copertina, corrispondano per forza pagine dedicate
a una storia d’amore. Un fastidio spesso condiviso dalle autrici che ho
intervistato. Averne parlato mi ha procurato non pochi scontri con
lettori/scrittori maschi convinti che il sillogismo sia “le donne parlano solo d’amore – le donne scrivono libri – i libri
delle donne parlano solo d’amore”. Potremmo facilmente dimostrare che non è
così, ma non è di questo che voglio parlare adesso. Perché l’amore è l’argomento
principe del 99,9% delle storie da che esiste la scrittura. E anche prima. Raccontarne
è una pulsione insita nell’animo umano, a prescindere dal cromosoma X o Y. La
questione è come lo si racconta. Ed è qui che voglio introdurre il concetto di “femminismo rosa” per il quale rimando al
blog di Mara Roberti https://rosapercaso.wordpress.com/
con un sottotitolo che è tutto un programma. Ovvero “O di come una femminista convinta iniziò a scrivere rosa”. Una
dichiarazione che è un distillato di coraggio perché l’immagine che si associa
oggi al termine femminista è
descritta da poche parole: brutta, vecchia, zitella, acida. Non conosco
personalmente Mara Roberti ma sono certa che neanche una di queste quattro
categorie le appartenga. Mentre sicuramente le appartengono intelligenza e
ironia, quelle con cui affronta l’apparente dicotomia tra l’essere femminista e
lo scrivere storie d’amore. Il femminismo rosa esiste. Lei lo ha messo nero su
bianco, ma a ben guardare è sempre esistito. Riconoscerlo è facile. Ogni volta
che un romanzo ci propone figure di donne descritte a tutto tondo, con pregi e
difetti, capacità e carenze, momenti di forza e attimi di debolezza. Ogni volta
che non si indulge nello stereotipo della fanciulla in difficoltà che mai
verrebbero superate se non intervenisse il principe di turno. Ogni volta che la
conquista e l’espressione del sentimento non sono il solo motivo di vita per la
protagonista. Ogni volta che i ruoli non sono cristallizzati in preda e
cacciatore, in candida colomba e lupo tenebroso. Ogni volta che la storia d’amore
è, anche, storia di vita, percorso di realizzazione, ricerca del meglio per sé.
Ritengo che le scrittrici abbiano, oggi più che mai, compiti importanti: spezzare i limiti della
banalizzazione, mostrare al lettore donne vere, persone complete. Non vuol dire
rinunciare alla storia d’amore. Tutti i libri ne contengono una, anche quelli
del più macho degli scrittori. Ma mettere nero su bianco un rapporto paritario.
E reale. Perché di donne disposte a perpetuare lo stereotipo dell’angelo del
focolare se ne incontrano sempre meno. Per fortuna.
p.s. se vi va, sull’argomento
c’è la mia chiacchierata con Florelle
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