C'è un gruppo su Facebook, Babette Brown legge per voi,
dove ogni mercoledì si lancia un argomento di riflessione. La maggior parte
delle autrici che vi partecipa scrive romance e pubblica in self. Quindi il tema
della tutela della professionalità, in un'ottica di produzione totalmente
indie, ha un valore peculiare che non ci riguarda in prima persona. Noi abbiamo
sempre pubblicato con case editrici, piccole d'accordo, ma comunque dotate
delle caratteristiche tipiche del filtro editoriale: valutazione del testo,
editing, intervento su titolo e copertina. Nel nostro caso la tutela della
professionalità dovrebbe essere garantita da tutto questo. Ma ci piace comunque
affrontare la riflessione. Cosa significa professionalità in un panorama
editoriale dove chiunque può accedere a una piattaforma digitale, mettere
online il proprio testo, venderlo, essere recensito e scalare classifiche -
estemporanee, ma pur sempre classifiche? Il nocciolo sta qui, a nostro parere.
E senza pretendere di distribuire ricette, decaloghi e indiscutibili verità,
possiamo spiegare come ci regoliamo noi. Intanto chiariamo i fondamentali:
scrivere professionalmente significa scrivere pensando di rivolgersi a un
pubblico. E quindi fare in modo che il testo abbia qualità specifiche di
fruibilità. Non stiamo parlando di valore letterario, quello è un passo
successivo e attiene a valutazioni di gusto quanto di oggettive caratteristiche
che solo un critico letterario può eventualmente certificare. Fruibilità vuol
dire lingua corretta e attenzione ai contenuti. Perché, e questo è stato un
altro argomento di riflessione sul gruppo, lo stile di scrittura, la forma,
deve viaggiare di pari passo al contenuto. Una bella storia, avvicente, scritta
in modo sciatto di sicuro non attesta la professionalità dell'autore. Ma un uso
della lingua elegante al servizio di una storia senza costrutto è, a nostro
parere, altrettanto respingente per il lettore. Quindi forma corretta, una
bella storia e attenzione a quelle che sono le responsabilità di chi scrive. Il
messaggio. Ogni storia ne ha uno. Che non significa, per noi, un intento
pedagogico da parte dell'autore. Il lettore non è uno scolaro da istruire. Ma
ciò che noi andiamo a raccontare, se ha un valore, lascerà un segno. E quel
segno è una responsabilità di cui non possiamo lavarci le mani. La
professionalità da tutelare è soprattutto questa. Quale che sia il genere della
storia che si scrive, la narrativa di intrattenimento ha il dovere di tenere
alta la guardia e di non dimenticare il mondo in cui ci muoviamo. Trasmettere
odio, sopraffazione, violenza, discriminazione, razzismo, stereotipi, giudizi
gratuiti è la negazione della professionalità di chi scrive. Nessun argomento è
tabù. Ciò che nega la professionalità di chi scrive è la superficialità. Perché
possiamo affrontare il più doloroso o trasgressivo degli argomenti, ma dobbiamo
avere gli strumenti giusti per non dare al lettore un'interpretazione della
realtà che possa sostenere le quotidiane brutture della cronaca. E non per
difenderlo dalla realtà, che spesso conosce meglio e più di noi, ma perché chi
fa cultura, e chi scrive fa cultura, deve averne ben chiari i valori.
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domenica 19 febbraio 2017
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