martedì 7 giugno 2011

Oggi su "La Sesia": nazionalismo? Sì, ma facciamo attenzione

Bene o male stiamo festeggiando i centocinquanta anni dall’Unità d’Italia. Abbiamo sdoganato il tricolore dall’area ristretta degli stadi. Stiamo imparando a commuoverci per “Fratelli d’Italia”. Ci stiamo sforzando di riesumare un sentimento nazionale che avevamo dato per morto e sepolto. In Europa siamo il paese che ne ha maggior bisogno, incastrati tra razzismi interni, tifoserie nemiche, campanili avversari e nazionalisti in sedicesimo che una patria, la Padania, se la inventano di sana pianta pur di potersi pulire il posteriore con la bandiera bianca, rossa e verde. Eppure tra un inno di Mameli e un “Va’ pensiero”, non ci rendiamo conto che l’idea di nazionalismo, mai veramente spenta, sta attraversando l’Europa con una virulenza che dovrebbe spaventarci. Se non lo fa è perché la maggior parte di noi si è abbeverato lo stretto necessario a una scuola che sta facendo di tutto per spegnere la memoria. Quando un sistema entra in crisi, quando il futuro si presenta incerto, quando ci si sente vittime di un’ingiustizia o succubi di decisioni altrui, ci si barrica e si impugnano le armi contro il nemico. E se il nemico non c’è, lo si inventa. Per la Germania umiliata dalla pace negoziata alla fine della Prima Guerra Mondiale, il nemico furono gli ebrei, all’interno, e il resto del mondo fuori. I tedeschi si riscoprirono nazionalisti, impugnarono la bandiera e scatenarono la Seconda Guerra Mondiale. È l’esempio più calzante, ma non è il solo. Proprio in questi giorni assistiamo sbigottiti alle manifestazioni serbe a sostegno di Radko Mladic, il boia di Srebrenica. Ha massacrato un’intera città, ha ucciso ottomila persone, è stato finalmente consegnato alla Corte Internazionale dell’Aja per rispondere al mondo delle sue colpe. Ma ci sono serbi che lo osannano come un eroe per aver difeso la patria dall’orda musulmana. Un’orda fatta di uomini, donne, bambini che la lente distorta di un nazionalismo demagogico trasformò in nemici. Da annientare. E a chi protesta che noi siamo diversi, l’invito è a frequentare la Rete e leggere le esplosioni di giubilo davanti a notizie come 270 migranti dispersi in mare per il rovesciamento di un barcone al largo della Tunisia. Uomini, donne, bambini che diventano nemici, ladri di spazio vitale, di posti di lavoro, di alloggi. Non siamo ancora arrivati ad annientarli con le nostre mani, forse non ci arriveremo mai. Ma il contagio nazionalistico è più pericoloso e virulento di quello del misterioso batterio killer che fa litigare sui cetrioli Germania, Spagna e Olanda mentre la Russia chiude i confini, oggi agli ortaggi, domani chissà. E la Francia, a pochi mesi dalle elezioni presidenziali, vede avanzare una bella signora bionda, Marine Le Pen, che con argomenti pacati e ragionevoli, invita tutti a uscire dall’Unione Europea per ritornare padroni in casa propria. Non sono ancora barricate, ma ci somigliano parecchio.

Laura Costantini

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