Al di qua del
muro
Irreale, come il
grido di un fantasma, attraversa il cielo, irrompe nella mia stanza. Il suono
rauco inarticolato emesso con forza sfonda i muri come fossero di carta velina
e si infrange sulla nuda corteccia del mio cervello. Al di là del confine,
l'urlo replicato ad intervalli frequenti ha un solo intento: distruggere la mia
pace. Nel silenzio che precede il grido stridente riesco a sentire la sua
presenza nella notte e non riesco più a dormire.
Lavoro duro tutto
il giorno e dopo 10 lunghe ore ho il diritto di riposare. Sono venuto a vivere
qui nella pianura dove la quiete non è
disturbata dalla pioggia che batte forte sul soffitto, dalle mosche che ronzano
in cucina o dall'umidità appesa nell'aria come una tenda.
Lui ha rotto i
miei silenzi. Comincia alle due di notte e continua fino alle sette di mattino
a intervalli di un quarto d'ora.
Sto perdendo il
controllo, lo stress ha il sopravvento su me, mi risucchia nel suo vortice. Ho
una morsa sullo stomaco e non riesco più a mangiare. Sono diventato leggero
come la paglia e fragile come un passero, peso meno di un’ombra sul muro. Mi
meraviglio di essere ancora vivo.
Il mio lamento è
il sussurro di una voce inascoltata, nessuno presta attenzione alle mie
lamentele
Non riesco a
vedere una via d'uscita. Non so più cosa fare.
La follia
privandomi del giudizio su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, sta
minacciando la purezza del mio pensiero. Sento inclinazioni diaboliche.
Bloccato in un
silenzioso monologo, cerco a tentoni una risposta guardando la mia immagine
riflessa nello specchio.
Gli occhi sono la
testimonianza delle notti insonni.
Sono proprio io?
O sono qualcun
altro?
Non so più chi
sono. Chi vive dentro di me!
L'odio si nutre
di me come un vampiro, infetta le ferite che ho cesellate nella noce del mio
cervello. Non riesco a liberarmi di lui.
L'assassino che
vive dentro di me, non dorme più nell'armatura del mio corpo, lo sento
muoversi,
La sua presenza
graffia e agita la tempesta nella mia mente.
I suoi occhi
osservano lo specchio attraverso i miei, mi guarda mentre sto per cedere.
Fuori controllo.
Sono fuori controllo. Come posso ricevere aiuto ?
La mia faccia è
svuotata di colore e il mio cervello di sangue, le mie facoltà complete sono compromesse.
Il libero arbitrio giustifica il mio bisogno di indecisione. Lancio in aria una
moneta, testa vita, croce morte. croce.
Istinto e brama
di uccidere. Chino il capo in segno di sottomissione.
Non ci sono altre
vie per oliare l'ingranaggio dell'odio che ho accumulato: il sacrificio offre
speranze. Non c'è tempo per il ripensamento. È troppo tardi per fermarsi. Se il
cielo è seminato di morte, che senso ha fermarsi a prendere fiato?
Nessuna tregua
finché il nemico sarà morto. Il re deve morire. Non avrò pace finché la causa
sarà combattuta e vinta.
Il giustiziere
della notte ha volontà di uccidere per sopravvivere.
La vendetta sta
per cominciare.
Tutto tranquillo
sul fronte occidentale.
Mi arrampico sul
muro, lo scavalco. Strisciando navigo sull'erba, attraverso lo spazio che
contiene la notte e raggiungo il suo alloggio.
Non è solo.
Dormono tutti. Ognuno nel proprio giaciglio. Non riesco a distinguerlo.
Non posso
sbagliare. Li ucciderò tutti. Spargerò sangue, un'inarrestabile inondazione
rossa.
Le mie dita
stringono l'impugnatura della scure affilata. Accarezzo la lama dopo aver
deciso quelli che devono morire per primi. Nel buio distinguo un ceppo di
legno: sarà il patibolo, il boia sono io.
Le stelle non
brillano né per me né per il nemico.
Colpisco con
rabbia, con una forza che non ho saputo dominare.
Adesso è tutto
finito e questo è il risultato.
Nella strage
tutti i cadaveri hanno lo stesso odore.
Barcollando
insensatamente, fuggo dal luogo della strage. Prima di precipitare oltre il
muro mi volto, guardo indietro, quello che ho fatto sembra che mi abbia fatto
ritrovare la calma, sono vicino alla luce, comincio a vedere bene, riconosco il
mostro che mi ha posseduto e me ne libero.
Ritroverò la pace e la serenità che avevo nei giorni e nelle notti prima
che arrivasse il trombettiere stonato.
Al di là del muro
Lauri seduta sul
bordo del letto comincia la giornata con le orazioni mattutine che durano il
tempo di infilarsi le calze. La sciatica
e gli acciacchi alle ossa rallentano i
movimenti quanto basta per recitare pater ave gloria per i vivi, requiem per i
morti e un angelo di Dio per le anime più disperate. Si sveglia sempre al canto
del gallo anche se ora non lo sente più a causa dell'età o come dice lei, per
il rumore dell'autostrada che diventa insopportabile quando il vento del nord
soffia sulla cascina.
La cucina è
illuminata dalle fiamme del focolare; suo fratello Nocente come ogni mattina ha
buttato sul fuoco una fascina per riscaldare l'ambiente. L'ottantenne sta facendo colazione con la scodella di
latte tra le mani.
« Non ho sentito
il canto del gallo stamattina ».
« Stiamo
diventando sordi mio caro ».
La contadina
afferra il lembo inferiore del grembiule, versa nel marsupio improvvisato una
manciata di granoturco e raggiunge il fondo del portico. Il sole fa balenare
riflessi argentati nella sua chioma.
« Pio,
piopiopiopio, piiiio.».
Di solito al
primo richiamo le galline si precipitano zampettando sull'aia.
La donna
continuando il suo richiamo si avvia verso il serraglio. La porta è spalancata.
Lauri si mette le mani nella permanente tinta color antracite e lancia urlo.
« Vigliacchi
vigliacchi ».
Il fratello
allarmato, balza in piedi, la raggiunge.
Accucciati in
terra contano accantonando una dopo l'altro quindici corpi con le teste mozzate.
« Tutte e
quindici le hanno decapitate le nostre galline ».
« Ladri, bastardi
».
« Manca il gallo
».
Guardano attorno.
In alto tra i rami del gelso spunta il pennuto impaurito.
« Eccolo lì,
l'incapace, non ha saputo difendere le sue femmine, vieni qua, ecco una
manciata di grano ».
Il gallo discende la scaletta zampettando. Si
ferma e prima di beccare tende il collo.
– CRIGHUCCUBRAGA TRRBDGARRINADUUUUU!–
« Ussignur, che rospi hai in gola. Sembra che
tu stia raschiando il fondo di una pignatta. È quasi una fortuna avere i
timpani fuori uso. Il tuo schiamazzo farebbe risuscitare anche i morti. Dovevi
cantare prima. Qui non servi più .».
Nocente afferra il volatile per il collo e
glielo tira con tutta la forza finché il gallo smette di battere le ali. Si
rivolge alla sorella: « Carne magra, saporita e compatta. Io lo spenno e lo
sventro. Domani gallo alla cacciatora. Mi raccomando cucinalo nella pentola di
coccio, con cipolle , carote, pomodoro e olive.
« Invitiamo a
pranzo il nuovo vicino e gli chiederò se ha sentito qualcosa di strano questa
notte ».
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