venerdì 20 maggio 2011

Soffro ergo scrivo?

Piccola riflessione suggerita da una discussione sorta durante una cena. Si parlava di scrittura e di scrittori e ci si e' divisi (senza per questo prenderci a capelli) in due opposte fazioni: da una parte coloro che riconoscono la qualifica di "scrittore" a chi vive per scrivere (notare, non scrive per vivere che' in Italia e' privilegio di pochi) con la postilla che per costoro la scrittura e' sinonimo di sofferenza, di creazione strappata dalle viscere, di "partorirai con dolore"; dall'altra coloro (compresa me) che nella scrittura trovano e provano gioia, entusiasmo, sensazione di elevarsi al di sopra della quotidianita', ebbrezza da "potere". Lo ammetto pubblicamente: non appartengo alla genia del "tormento ed estasi" e questo mi colloca d'ufficio nel novero dei "non-geni". Scrivere e' la cosa che mi riesce meglio. E' una capacita', un talento che mi e' stato dato in dono non so bene da chi, ma lo ringrazio a prescindere. Questo, ovviamente, non vuol dire che la mia scrittura possa stare al pari di quella di coloro che si struggono di dolore e scrivono intingendo la penna direttamente nelle piaghe della creazione. Non pretendo ne' pretendero' mai di scrivere "il libro della vita" mia o di altri. Io racconto storie, da dove scorghino non saprei dire, ma sgorgano come acqua dalla sorgente. Non e' un parto, il mio. E' un atto naturale, facile, gioioso. Ammetto che alle volte mi sento in colpa per questo e mi interrogo sul reale valore di una creazione senza sofferenza. Ma poi mi dico che scontare il piacere con il dolore, perche' di questo si tratta, e' dogma derivato da due millenni di cristianesimo. Proprio come il sentirsi in colpa. E decido che son felice di scrivere come scrivo. E di continuare a raccontare storie. Belle o brutte lo decidano i lettori, se vogliono.

5 commenti:

  1. per me chi scrive lo fa per esprimere pensieri difficili da raccontare "a voce"...
    che poi scriva per avere un riscontro dal lettore o un riscontro economico o di fama non aumento nè sminuisce la sua essenza di scrittore...

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  2. Si trattasse "solo" di "due millenni di cristianesimo", resterebbe da capire come possano scrivere (sempre da paio un millenni)autori di cultura ebraica, islamica, protestante, calvinista, ect ect...
    E pure questa storia di dividere sempre ogni cosa in due distinti opposti partiti, un po' mi sta sulle scatole come metodo.
    Esistono autori meravigliosi e indimenticabili che hanno scritto (e scrivono) senza attingere dalle loro viscere altro che i loro pensieri, i loro divertimenti o le loro fantasie; esistono autori esilaranti nei cui libri il dolore non compare nemmeno di striscio e, se compare, è per ricavarne motivo di intelligente ironia. Esistono molte scritture come esistono molte tipologie di lettori.
    Ognuno infatti sceglie di leggere ciò che gli piace schifando ora un genere ora l'altro a seconda del momento in cui legge.
    Insomma, trovo che queste discussioni apparentemente "dotte", finiscano per essere alla fine solo fuffa da salotto. O da cene. Va bene eh? Purché si sia consapevoli che si sta praticando solo l'arte della buona conversazione senza voler per forza trovare qualche base di verità scientifca in una semplificazione che non rispecchia (e non l'ha mai fatto, nemmeno in passato) tutta la realtà dello scrivere.
    Che poi, sull'eredità del cristianesimo sofferente: sarà per quello che mi è più affine il buddhismo che fa della felicità l'obiettivo alto da raggiungere?
    In questo caso, la tua felicità nello scrivere è molto vicina all'Illuminazione. Insisti!

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  3. @Sqwerez: non sono totalmente d'accordo. Scrivere non è solo esprimere pensieri che non si riesce ad esprimere a parole. E' molto di più.

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  4. @Ross: ovviamente i duemila anni di cristianesimo non sono universalmente validi. Non conosco gli eventuali sensi di colpa degli ebrei o degli islamici. Non ce n'erano quella sera al tavolo. Riguardo alla fuffa da salotto... beh, capita di interrogarsi sul valore della propria scrittura, sulle motivazioni profonde e quant'altro. Di sicuro ci sono cose più importanti di cui disquisire, ma chi scrive spesso si mette in discussione. E magari lo facessero molte altre categorie di persone. In quanto all'insistere... a me per farmi smettere di scrivere mi dovranno sparare :)

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  5. Laura:
    capita eccome, di interrogarsi sul valore della propria scrittura (capita anche scrivendo qualche innocuo post su un blog da quattro visite al mese come il mio, per dire).
    Non intendevo, con "fuffa", sminuire il sacro valore della fuffa: adoro le chiacchierate sui massimi sistemi che a volte escono a tavola con gli amici, solo riposizionare la discussione togliendola dal contesto dolore/genio - felicità/mediocrità.

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