domenica 27 gennaio 2013

Rete quotidiana


Rete quotidiana

Mi hanno invitato ad entrare a far parte di una rete. Una rete diversa da quella che più o meno tutti frequentiamo quotidianamente. Una rete che unisca persone che hanno a cuore il mestiere che io faccio da 18 anni: giornalista. E non perché sia un mestiere prestigioso, non lo é. Non perché si faccia parte di un ordine professionale o si possa sbandierare un tesserino come il distintivo dei poliziotti da film. Quello del giornalista è un mestiere, artigianato, apprendistato continuo. Si impara sulla strada, si impara nel contatto costante con la realtà del mondo che ci circonda. Lo possono fare tutti? No. Perché intanto è un mestiere faticoso, che nulla ha a che vedere con la casta di cui ci si riempie la bocca sugli stessi media che del giornalista sono lo strumento. Ci vuole costanza, pazienza, ostinazione, talento anche. E, prima ancora, ci vuole chiarezza di intenti. Tutti i ragazzi e le ragazze che affermano di voler fare i giornalisti, che affollano le aule dei vari corsi di scienze della comunicazione, cosa vogliono? Cosa si aspettano? Quale risultato si prefiggono? Io non so dirlo. Posso parlare di quello che volevo e voglio io. Non dal fare ma dall'essere giornalista. La differenza non è da poco. Se scegli questo mestiere, giornalista lo sei h24 e non puoi chiudere gli occhi su quello che vedi. Non fai il giornalista dalle otto del mattino alle cinque del pomeriggio. Sei giornalista anche la domenica, anche in vacanza, anche quando stai male e vorresti ignorare il resto del consesso umano. Un giornalista, diceva Montanelli, ha un solo padrone: il lettore. Il suo scopo è raccontare i fatti a coloro che non hanno potuto essere presenti. Un giornalista è un testimone. Non obiettivo, non credeteci all'obiettività. Non siamo macchine, siamo esseri umani e come tali dotati di idee e convinzioni. Un giornalista non può astrarsi da se stesso, ma l'importante è che dia voce ai fatti e che la dia intellegibile, chiara, mai prezzolata, mai prona a questo o quell'ordine di scuderia. Un giornalista non dovrebbe averla una scuderia, una squadra. E allora, vi starete chiedendo, che altro è questa Rete Quotidiana? Io credo sia un tentativo di fare giornalismo diverso. Di essere giornalisti diversi. Sia la volontà di rendere evidente che puoi, per contratto di lavoro, far parte di una compagine senza per questo condividerne pedissequamente le scelte. Che puoi continuare a pensare con la tua testa e svolgere il tuo mestiere onestamente, cercando di portare a conoscenza dei lettori i fatti. Tutti i fatti. Che puoi batterti perché la cultura non venga messa da parte o perché non passi il messaggio che "tanto non cambia niente". Cambia, può cambiare. L'importante è cominciare a lavorarci. Da artigiani, con pazienza e costanza, perché così si è giornalista.

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