Introduzione:
il miglior corso è leggere.
Partiamo dal presupposto che nessuno nasce con l’intenzione
di essere uno scrittore. O, almeno, così dovrebbe essere. La via per la
scrittura passa dalla lettura. Non tutti i lettori diventano scrittori, per
fortuna (nostra). Ma tutti gli scrittori, prima di impugnare la penna o
sospendere le dita su una tastiera, sono stati (e devono rimanere) lettori.
Odio i decaloghi. Se è questo che state cercando, potete smettere di leggere
fin da adesso. Ma se una regola, una sola, esiste è che non è possibile
scrivere se non si è letto e se non si continua a leggere. Non verrà mai
ripetuto abbastanza perché la tendenza attuale di coloro che, favoriti dall’enorme
e indiscriminata facilità di accesso alla pubblicazione, decidono di fregiarsi
del titolo di scrittori è racchiusa in una frase che ho sentito pronunciare
durante un’edizione di Più libri più liberi, la fiera della piccola e media
editoria di Roma. In quel contesto molti di coloro che si aggirano tra gli
stand sono aspiranti scrittori carichi di manoscritti da sfoderare al momento
opportuno. L’idea in sé non è sbagliata. Ma spesso sbagliato è l’approccio. Vi
descrivo la scena.
Giovane donna si avvicina allo stand di Historica Edizioni.
Chiede di parlare con l’editore. Il giovanotto in questione, Francesco
Giubilei, si presenta. La giovane donna spiega di essere un’autrice e di
volergli sottoporre un manoscritto. Lui le spiega le modalità di presentazione.
Lei prende nota. L’editore le illustra il catalogo della casa editrice. Ce n’è
per tutti i gusti. Le chiede che genere predilige. Lei risponde. Allora lui le
indica alcuni volumi che potrebbero interessarle. La giovane autrice scuote la
testa.
“Io non leggo”, dichiara. “Io scrivo.”
Una netta antitesi tra due attività che sono più che
correlate. L’idea di avere delle storie da raccontare, e di essere in grado di
farlo, non può prescindere dall’essersi confrontati con la magia della pagina
scritta. Il problema è che scrivere è
un verbo che indica un’azione ben precisa, ovvero tracciare simboli codificati
per trasmettere un messaggio comprensibile. Ma c’è una differenza abissale tra
scrivere l’elenco della spesa e redigere un articolo di giornale. Tra scrivere
un post-it da appiccicare sul frigorifero ed esporre un argomento. Tra scrivere
un sms o un messaggio whatsapp e raccontare una storia.
Si tratta sempre di scrivere
ed è questo l’equivoco di base.
Nessuno mai si sognerebbe di mettere sullo stesso piano i
ghirigori che traccia mentre è al telefono con una tela di Picasso. Nessuno,
pur avendo un talento nel modellare la mollica di pane in forme assortite, si
definirebbe ipso facto scultore.
Nessuno, essendo dotato di orecchio musicale e sapendo fischiare, parlerebbe di
se stesso come di un musicista.
Ma chiunque abbia la capacità di estendere frasi di senso
più o meno compiuto ha la convinzione di poter scrivere nel senso più alto del termine. Che, per me, equivale a raccontare.
Poiché questo NON è un corso di scrittura, dichiaro
apertamente che non credo sia possibile insegnare a raccontare. È qualcosa di
innato. E no, non mi sto contraddicendo. Nessuno nasce con l’intenzione di
essere uno scrittore. Ma, nel momento in cui comincia a frequentare le storie,
potrebbe rendersi conto di tre cose: averne di proprie, volerle raccontare ed
esserne istintivamente capace.
Che non vuol dire, ancora, saper scrivere.
Significa avere la propensione a farlo.
Ed è a questo punto che è importante leggere. Leggere per
il piacere di farlo. Leggere lasciandosi portare dalle parole e dalla storia.
Leggere con voracità e interesse. Senza star lì ad analizzare la costruzione
delle frasi, i dialoghi, la tecnica usata. Esiste un sapere in grado di attecchire
spontaneamente in una mente avida di storie. Il ritmo, le metafore, le
descrizioni, i flashback, il punto di vista, le scelte stilistiche, il
linguaggio, la scelta dei vocaboli, la credibilità delle situazioni, dei
personaggi, dei dialoghi. Ogni tecnica di narrazione passa per osmosi dalla
pagina al lettore. Attecchisce. Fidatevi. Non ne sarete consapevoli, ma ogni
singola pagina equivarrà a un allenamento per la vostra capacità. Se quella
capacità esiste.
Maurizio de Giovanni, lo conoscete? Se avete risposto no,
ecco, cominciate a leggerlo e scoprirlo. Se invece lo avete già incontrato,
lasciate che vi parli di lui. È un amico, lo conosco bene. Scala classifiche, è
tradotto nel mondo, firma sceneggiature tratte dai suoi romanzi, spazia tra polizieschi,
gialli, noir, tra passato e presente con un talento che rende la sua narrativa
appassionante. Ebbene Maurizio è un lettore, prima di ogni altra cosa. Se
glielo chiedete, vi confesserà che potrebbe smettere di scrivere adesso. Ma non
accetterebbe mai di smettere di leggere. E di lettura si è nutrito per i primi
cinquant’anni della sua vita. L’approdo alla scrittura è arrivato nella
maturità, ed è stato folgorante per lui e per noi che amiamo le sue storie.
Non vi sto dicendo che dovete aspettare la mezza età prima
di azzardarvi a mettere giù una storia. La maggior parte di chi ama raccontare,
comincia a farlo in tenera età. E lo fa in contemporanea con la lettura.
Leggere accresce l’entusiasmo, la volontà di mettersi alla prova, la sfida all’ignaro
autore che si ha tra le mani.
“Sì, okay, sei stato bravo, mi hai emozionato. Ma vogliamo
scommettere che io so fare di meglio?”
È giusto pensarlo. È giusto provarci. È giusto credere in
se stessi.
Ma è anche giusto essere consapevoli della (lunga) strada
da percorrere. E dei margini di miglioramento. La scrittura cresce. La
scrittura evolve. Datele questa possibilità. Ogni singola pagina scritta
potrebbe essere resa in modo migliore. Non consideratevi mai arrivati al vostro
meglio, spostate sempre l’assicella più avanti. Sperimentate, tentate,
sfidatevi prima ancora di sfidare gli altri. E leggete. Leggete, come dice
Stephen King, con somma ammirazione o con sommo disprezzo. Riconoscete il valore,
quando lo trovate. Abbandonate la mediocrità, quando ve la trovate davanti.
Inizialmente avevo pensato di intitolare questa
introduzione “il miglior corso è leggere. Sì, ma cosa?”. Poi ho cambiato idea.
Perché la lettura è personale e ogni percorso ha un suo valore. Se dovessi dare
un consiglio, proporrei di leggere i classici nell’età dell’adolescenza. Quando
dobbiamo ancora elaborare un gusto preciso, quando siamo permeabili alle
suggestioni anche se espresse con linguaggi che sono ormai distanti da noi.
“Moby Dick” (Melville), “Orgoglio e pregiudizio” (Austen), “Il
giovane Holden” (Salinger), “Cime tempestose” (Brontë), “Frankenstein” (Mary Shelley), “Dracula” (Stoker), “I
promessi sposi” (Manzoni), “Guerra e pace” (Tolstoj), “I fratelli Karamazov”
(Dostoevskij), “Il maestro e Margherita” (Bulgakov), “Il gattopardo” (Tomasi di
Lampedusa), “Il ritratto di Dorian Gray” (Wilde), “Il piacere” (D’Annunzio), “Il
lungo addio” (Chandler), “E Johnny prese il fucile” (Trumbo)…
L’elenco può essere infinito. Aggiungerei Dickens, Salgari,
Rice Burroghs, Verga, Moravia, Malaparte.
Non potrete mai esaurirli tutti. Ma arriverà il momento in
cui saranno linguaggi e storie più moderni ad attrarvi. Seguite l’istinto,
seguite il piacere della lettura. Non deve mai essere uno sforzo, un compito,
un dovere. Una sfida sì. Se trovare una scrittura ostica, non arrendetevi al
primo colpo. Potrebbe darvi uno spunto, potrebbe svelarvi un tassello ancora
nascosto.
Siate lettori onnivori. Anche i best seller possono andar
bene, non siate snob preventivi. Se ha successo, non è detto che non lo meriti.
E se non lo merita potete scoprirlo solo leggendolo.
Chi scrive non può dire di non aver tempo di leggere.
Chi scrive non può girare alla larga dai libri degli altri.
Chi scrive non smette mai di imparare. E i suoi insegnanti
sono di carta o digitali, sono ricchi di pagine oppure stringati, sono in cima
alle classifiche oppure avvolti in un triste anonimato. I suoi insegnanti, i
nostri insegnanti, sono i libri.
Condivido ogni parola.
RispondiEliminaLa cosa che mi lascia basita è che, nonostante certe persone leggano parecchio, sembrano impermeabili a stile, grammatica, sintassi, ricchezza di linguaggio. Non discuto sulla capacità di narrare, di riprodurre le scene che ti si materializzano davanti agli occhi giocando con quelle cose meravigliose che sono le parole. Anche io penso che quella sia una cosa innata che, attraverso la lettura e la pratica, si affina e migliora, a patto di sforzarsi. Ma le basi, cribbio! Hai appena finito di leggere il mio libro. 500 pagine di italiano decente. E prima ti sei sparato tutta la dannata serie. Allora come diavolo fai, nel gentilissimo post in cui ti congratuli con me a scrivermi "Fantastico! LO letto tutto dun fiato. E una bomba!" Proprio non hai imparato niente?! Proprio non ti sono servita a nulla?!
Misteri dell'universo sono questi, per me.
Beh, ma per lo meno questo è un lettore... E non ha la pretesa di scrivere. Spero.
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