“Ragazzi,
attenti a non calpestare le… fresie, sbaglio?”
“Iris”,
corresse con un sorriso Cristina, la padrona di casa. “Faccio strada.”
La
porta si schiuse su un lungo corridoio le cui pareti erano tappezzate di tele.
“Sono
opera sua?”, chiese la giornalista fermandosi ad ammirare una natura morta dai
toni allegri.
“La
mia seconda passione, dopo le rose ovviamente.”
Di
nuovo quel sorriso, aperto, gioviale. Il sorriso di una donna che ha trovato la
propria ragion d’essere negli hobby che la famiglia non le aveva permesso da
giovane.
Laura
Costa, punta di diamante della rubrica “Donne in fiore” la seguì con la troupe
in salotto.
“Va
bene qui?”, chiese Cristina indicando il divano in rattan.
“Benissimo,
anche la luce mi pare buona. Vero Giovanni?”
L’operatore
diede l’okay con il pollice e cominciò a sistemarsi.
“Allora”,
esordì la giornalista sedendo compunta sui cuscini ricamati a mano, “come ci si
sente ad essere nominata Regina delle rose 2009?”
“Non
me lo aspettavo. Il mio è solo un piccolo hobby, non sono certo una
professionista.”
“Adesso
non faccia la modesta. La tonalità delle sue Violet Red fino a oggi sembrava
irraggiungibile dalla floricoltura. Lo sa che io sono qui anche per carpirle il segreto, vero?”
“Per
intanto che ne direste di una tazza di tè al gelsomino?”, si schermì tirando
dietro l’orecchio una ciocca dei lunghi capelli color della luna.
Laura
prevenne il rifiuto dei due ragazzi.
“Una
tazza di tè è proprio quello che ci vuole.”
“Con
permesso.”
Attese
che la sua ospite sparisse in cucina per inquadrare la troupe.
“Mi
raccomando, attenti a dove mettete i piedi, evitate il turpiloquio e
soprattutto niente fumo, siamo intesi?”
“Sì”,
rispose Giovanni agganciando la telecamera sul cavalletto, “però il tè ce lo
potevi risparmiare.”
“Evitare
un caffè non può farti che bene. E poi il gelsomino è distensivo.”
“Esatto”,
le diede manforte Cristina. “Il tè al gelsomino ha virtù rigeneranti,
depurative e rilassanti. Ho portato anche dei biscotti e delle tartine con
marmellata di pomodori verdi, una mia ricetta.”
Posò
il vassoio sul tavolino di rattan e andò a sedersi accanto a Laura.
“Che
ne direbbe se cominciassimo subito? Così il vassoio ci fa da scenografia. Se
poi fosse possibile avere anche le rose della vittoria…”
“Sono
proprio lì, dietro ai giovanotti. Vado a prenderle.”
“Lasci,
ci pensa Paolo.”
Memore
delle raccomandazioni della giornalista, Paolo trattò il vaso di cristallo come
una reliquia. Le rose, di un punto di rosso tanto scuro da sfiorare il nero,
contrastavano con l’ambiente solare di quel salotto e Laura pensò che
sembravano… carnose.
“Le
piacciono?”, chiese Cristina con manifesto orgoglio.
“Moltissimo”,
mentì chinandosi ad odorarne i petali.
“Non
hanno profumo”, la prevenne. “La natura non fa sconti. A tanta bellezza non si
poteva aggiungere il piacere di un buon odore.”
Laura
pensò che la donna era stata benevola con la propria creazione. Le Violet Red
puzzavano. Il loro effluvio era un misto di ferro e rame.
“Okay,
cominciamo?”
Impugnò
il microfono e attese il via di Giovanni.
“Siamo
qui a Lanuvio, nei pressi di Roma, a casa della signora Cristina Boe che si è
aggiudicata l’ambitissimo titolo di Regina delle Rose 2009 con le sue Violet
Red. Ovviamente l’abbiamo raggiunta per carpirle il segreto di tanta bellezza…”
Cristina
non avrebbe mai pensato che potesse essere divertente sottoporsi alla curiosità
dei media. L’intervista era scivolata via insieme al tè, ai biscotti e anche
alle tartine con la marmellata di pomodori verdi, rigorosamente del suo orto.
Perfino i ragazzi della troupe avevano preso confidenza e, accettando di darle
del tu, avevano implorato un caffè. Le dispiacque quando li vide smontare il
cavalletto e accingersi a riprendere la strada per Roma.
“Volete
vedere il giardino prima di andare?”, chiese speranzosa indicando il retro
della casa.
“Volentieri.
Ti dispiace se facciamo qualche copertura?”
“Prendete
tutte le immagini che volete.”
Il
giardino era rigoglioso. Protetto da una bassa siepe di bosso aveva una sua
armonia di colori nella totale assenza di un ordine prestabilito. Un tipico
giardino inglese che faceva corona al roseto straripante di petali rosso
sangue.
“Pensi
di mettere in vendita la talea?”, chiese Laura.
Cristina
scosse la testa.
“Vedi,
i fiori sono degli esseri viventi e ripagano chi si prende cura di loro. Tra me
e le mie rose c’è un rapporto particolare. Escludo che possano crescere così
belle nel giardino di qualcun altro.”
“Eppure
non posso credere che amore e dedizione siano gli unici ingredienti. Alla fine
sei stata molto abile a schivare le mie domande. Insomma, in tutta confidenza,
cos’è che fa crescere così le tue rose?”
Cristina
le offrì il suo tenero sorriso.
“Te
lo dirò se tornerai a trovarmi. Da sola. Mi è piaciuto tanto chiacchierare con
te.”
Li
accompagnò al vialetto d’ingresso e sventolò la mano fino a quando la station
vagon non ebbe svoltato l’angolo. Era orgogliosa per l’attenzione che le sue
rose avevano meritato. E anche per la curiosità che, ne era sicura, avrebbe
riportato Laura a casa sua.
Tornando
sui propri passi si accorse che uno dei cespugli delle Violet Red meno esposto
ai raggi del sole stava producendo dei boccioli leggermente più chiari degli
altri.
“Occorre
un rinforzo, bambine mie”, sussurrò prendendo le chiavi della cantina.
Nel
piccolo frigorifero in fondo alle scale, le bottiglie erano ordinatamente
disposte ed etichettate.
“Pasquale…
Enrico…Carlo… Lory… Il sangue di una donna generosa. Proprio quello che ci
vuole per le mie piccole.”
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