“Che fai?”
“Scrivo.”
“Si, questo lo vedo.”
Hanno quattordici anni.
Sono compagne di banco ma si conoscono ancora poco. La mora è schiva, chiusa in
un mondo tutto suo. La bionda è socievole, è merito suo se quel primo banco in
terza fila le vede unite dal primo giorno di scuola.
“Sto scrivendo un
romanzo.”
“Fico.”
La mora non è
disposta a darle corda. Ma la bionda è tenace. “Di che parla?”
Due occhi seri bordati
di lunghe ciglia scure agganciano lo sguardo solare chiazzato di verde.
“Di un ragazzo inglese
che va col padre a vivere in India.”
La bionda dà
un’occhiata alla porta. La campanella è suonata e i suoi compagni stanno
sciamando come un torrente fuori dall’aula. È un attimo prima di decidere che
per una volta può fare a meno della sigaretta e degli sguardi interessati della
fauna maschile. Della sua età ovviamente. Quelli più grandi non la degnano
ancora di attenzioni. Si siede.
“Posso leggere?”
Dovrebbe capire che è
no, che quel braccio che scivola sul ripiano verde di formica e si chiude
intorno alle pagine fitte fitte è già una risposta sufficiente. Ma ve l’ho
detto, ha la testa dura e un sorriso che vuole dire ti puoi fidare.
Occhi dolci arriccia le
labbra e si concede un po’ di tempo per pensarci. Il sorriso della bionda è
sempre lì, un po’ obliquo perché la testa è leggermente piegata verso la
spalla. Come incoraggiamento. Ma ancora non basta. Sta per scuotere la testa
quando arriva quella frase.
“Scrivo anch’io.
Poesie.” La testa bionda si muove trascinandosi dietro le onde screziate di
arancio. “Giuro. Cioè, non lo so se sono poesie perché non c’è la rima. Forse
sono solo pensieri che metto su un quadernone a quadretti. Però mi piace.”
È su quel mi piace che le difese cadono. Perché può
voler dire che l’interesse è sincero. Può voler dire che non riderà di lei e
della strana storia che ha costruito intorno a un ragazzino di tredici anni,
orfano di madre che in un paese lontano e ostile incontra un’anima affine alla
sua.
“Hai letto Salgari?”,
chiede mentre senza accorgersene la mano preme sulla pagina e il quaderno si
sposta impercettibilmente verso la nuova amica.
“Ho letto l’Isola del
tesoro.”
“Quello non è di
Salgari, è di Stevenson.”
“Però è fico lo
stesso.”
“Salgari è un’altra
cosa.”
Intanto il quaderno è
giunto alla portata di quegli occhi macchiati di bosco che ora si muovono
rapidi e curiosi sulle parole. È facile leggere le prime due righe. Poi però,
per quanto il collo si allunghi, diventa complicato decifrare la calligrafia
stretta dai tratti ancora infantili.
“Scusa eh…”, dice la
bionda sfilandole il quaderno da sotto il naso.
Poi si sistema comoda comoda
lasciandola un po’ attonita...
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