lunedì 9 aprile 2018

FalconeCostantini: il primo incontro delle socie


“Che fai?”
“Scrivo.”
“Si, questo lo vedo.”
Hanno quattordici anni. Sono compagne di banco ma si conoscono ancora poco. La mora è schiva, chiusa in un mondo tutto suo. La bionda è socievole, è merito suo se quel primo banco in terza fila le vede unite dal primo giorno di scuola.
“Sto scrivendo un romanzo.”
“Fico.” 
La mora non è disposta a darle corda. Ma la bionda è tenace. “Di che parla?”
Due occhi seri bordati di lunghe ciglia scure agganciano lo sguardo solare chiazzato di verde.
“Di un ragazzo inglese che va col padre a vivere in India.”
La bionda dà un’occhiata alla porta. La campanella è suonata e i suoi compagni stanno sciamando come un torrente fuori dall’aula. È un attimo prima di decidere che per una volta può fare a meno della sigaretta e degli sguardi interessati della fauna maschile. Della sua età ovviamente. Quelli più grandi non la degnano ancora di attenzioni. Si siede.
“Posso leggere?”
Dovrebbe capire che è no, che quel braccio che scivola sul ripiano verde di formica e si chiude intorno alle pagine fitte fitte è già una risposta sufficiente. Ma ve l’ho detto, ha la testa dura e un sorriso che vuole dire ti puoi fidare.
Occhi dolci arriccia le labbra e si concede un po’ di tempo per pensarci. Il sorriso della bionda è sempre lì, un po’ obliquo perché la testa è leggermente piegata verso la spalla. Come incoraggiamento. Ma ancora non basta. Sta per scuotere la testa quando arriva quella frase.
“Scrivo anch’io. Poesie.” La testa bionda si muove trascinandosi dietro le onde screziate di arancio. “Giuro. Cioè, non lo so se sono poesie perché non c’è la rima. Forse sono solo pensieri che metto su un quadernone a quadretti. Però mi piace.”
È su quel mi piace che le difese cadono. Perché può voler dire che l’interesse è sincero. Può voler dire che non riderà di lei e della strana storia che ha costruito intorno a un ragazzino di tredici anni, orfano di madre che in un paese lontano e ostile incontra un’anima affine alla sua.
“Hai letto Salgari?”, chiede mentre senza accorgersene la mano preme sulla pagina e il quaderno si sposta impercettibilmente verso la nuova amica.
“Ho letto l’Isola del tesoro.”
“Quello non è di Salgari, è di Stevenson.”
“Però è fico lo stesso.”
“Salgari è un’altra cosa.”
Intanto il quaderno è giunto alla portata di quegli occhi macchiati di bosco che ora si muovono rapidi e curiosi sulle parole. È facile leggere le prime due righe. Poi però, per quanto il collo si allunghi, diventa complicato decifrare la calligrafia stretta dai tratti ancora infantili.
“Scusa eh…”, dice la bionda sfilandole il quaderno da sotto il naso. 
Poi si sistema comoda comoda lasciandola un po’ attonita...

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