Ti sbarcano su un pianeta sconosciuto e
devi spiegare agli autoctoni cos’è la lussuria. Cosa dici?
Dico che la lussuria è la fame dei sensi. È il bisogno di accoppiarsi, di
possedere il corpo di un altro - e di un altro e di un altro… - senza mai
saziarsi (“Fame fame fame, sempre fame” direi e, visto che gli autoctoni
avrebbero un vocabolario molto limitato, mi aiuterei con la mimica), perché,
nel momento stesso in cui ci si placa, ecco che la fame rimonta, aizzata dal desiderio
in apparenza soddisfatto. In apparenza,
appunto, perché, nel mentre ci si soddisfa, ecco che un’uguale, se non maggiore
fame, sorge.
Nella vita hai esercitato la lussuria: raccontaci.
Sì, quando scrivo. Un piacere sensuale di carta, corpi di carta, ma
soprattutto parole: da corteggiare, inseguire, catturare, obbligare al mio
piacere, molto pretenzioso, di ubbidienza; dunque sottometterle, piegarle ai
miei desideri di senso e di sostanza, alla mia insoddisfazione per cui da una
passo all’altra e poi a un’altra, sfinendomi sopra di loro per giornate intere,
per settimane e mesi, puntando, cacciando, carezzando, insidiando e facendo
capitolare; placandomi per subito tornare a bruciare: di febbre, di desiderio.
Affamata sempre, e sempre alla ricerca, consapevole che mai quella ricerca avrà
fine, dunque sempre a caccia, sempre infebbrata e ostile a ogni farmaco, ché di
questa fame e di questa febbre io ci voglio campare fino alla morte.
Consiglia un romanzo che parla di lussuria e spiegaci la scelta.
Tra i tanti che potrei citare, scelgo “Il diavolo in corpo” di Radiguet, perché la bramosia del
protagonista mi pare abbia quei requisiti di fame insaziabile di cui ho detto,
e una dose di egoismo - ed egocentrismo - così forte da spingere alla morte.
Facci leggere un tuo brano attinente.
“Sentisse, Madre, fu colpa vostra se quella carne giovane mi fece perdere
la saldezza. Fu lei, la tentatora, che mi chiamò nello stanzino, e quando fui
lì, davanti al crocefisso che tante mie preghiere aveva esaudito, quella
demonia m’infilò la mano in mezzo alle gambe e mi disse: “Padre, santificatemi”.
E io: “Figlia che vuoi dire?” E lei: “Le vostre mani consacrano ogni giorno
l’ostia, passate queste sante mani addosso a me. Mi prese le mani e se le mise
sulle gran minne che aveva e intanto prese a sfregarmisi contro. Una diavola
pareva. Io ci provai a resistere, a invocare il Santissimo, ma quella era una
strega che aveva in corpo la forza di cento demoni e uno di questi mi sollevò
la tonaca e un altro mi sbottonò la patta, e un altro si pigliò nelle mani il
mio membro che mai aveva conosciuto femmina, e un altro lo guidò dentro di lei
e la ingravidò”.
Si fermò. Era tutto sudato, e mano a mano che parlava una grande
eccitazione aveva preso a girargli per il corpo e a fargli più rosse e turgide
le labbra.
“E ora vi supplico, Madre”, riprese, “aiutatemi, ditemi voi come possiamo
fare a liberare il convento dall’onta di un bastardo concepito tra queste
mura”.
“Queste parole lui mi disse, e intanto io mi sentivo il sangue che mi
sbatteva veloce nelle tempie e mi sentivo nel corpo un gran calore e mi sentivo
in mezzo alle gambe un desiderio che voleva essere saziato. E lui lo capì e
capì pure quello che doveva fare. E non ci furono demoni che gli sollevarono la
veste e demoni che gli aprirono la patta e demoni che indirizzarono il suo
membro dentro di me, che già avevo conosciuto uomini e sapevo quello che mi
aspettava.
Quando finimmo lui disse: “Mi devi aiutare con quella sciagurata”.
“E io gli risposi: “Non ti preoccupare. Lo so io quello che bisogna
fare”.
Sentimi, pag. 27 - 28
Meglio sperimentare vizi o esercitare
virtù? Sii sincera.
Meglio
sperimentare i vizi. Che offrono il più ampio ventaglio di emozioni e spingono
la fantasia a ogni più vario esercizio anche di redenzione, e fuga, e azzardo,
e libertà. E anche perché si può essere viziosamente virtuosi.
Inventa un titolo accattivante che contenga
il vizio che ti è toccato.
“Swing, cozze e
lussuria”
Pubblicizza una tua creatura
“L’amurusanza” mio romanzo appena uscito.
È una storia sfacciata, erotica, sensuale, terragna, solare e allegra, in
cui si può ridere fino alle lacrime e fino alle lacrime commuoversi.
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