venerdì 3 aprile 2020

Il peso delle parole (di Olimpia Petruzzella - Dark Zone) #mèpiaciuto


Mi è piaciuto. Buona scrittura. Grande caratterizzazione dei personaggi. Introspezione il giusto. Una vicenda umanissima, semplice, un intreccio di storie di persone qualunque, pur essendo, alcuni, personaggi calati nel mondo dello spettacolo, della musica. Di solito i trentenni irrisolti mi fanno venire l'orticaria, ma qui le trentenni abbastanza irrisolte sono donne e sono vere. Non riuscirò mai e poi mai ad apprezzare Vanessa (non potrei mai esserle amica), mentre trovo adorabile Diana. Finale dolce-amaro, ma giusto perché la vita non è un romanzo e questo è un romanzo che racconta la vita. Anche se lo fa con una tecnica di continui flashback che mi ha messo a dura prova, fin quando non ho deciso che avrei smesso di guardare location e data a inizio capitolo e avrei seguito la storia lasciandomi guidare dalle parole. Che hanno un peso specifico forte e tutta questa storia, tutti questi personaggi, ce lo dimostrano. Consigliato.


1) Partiamo dalla struttura del romanzo: hai utilizzato un continuo ping pong tra il presente, che ci viene presentato nel prologo e nell'epilogo, e una serie di flashback ambientati in anni e luoghi diversi. Perché questa scelta?

Ciao Laura e grazie per questo spazio! Personalmente amo molto i salti temporali nei romanzi, forse perché mi attirano le strutture meno semplici e lineari. Ma soprattutto mi affascina il modo in cui il passato possa influire sul presente così come sul futuro e il modo migliore per far vedere questa connessione è proprio attraverso i salti temporali. Ho deciso che ci sarebbe stato un capitolo ambientato al presente (2014) alternato a uno al passato (2012) per rendere il tutto ordinato e per permettere al lettore di ricostruire la storia. Come ci si è arrivati dal punto A (2012) al punto B (2014)? Perché i personaggi sono cambiati? Perché le loro relazioni sono cambiate? Cosa è successo loro? Sono queste le domande che spero che il lettore si ponga e che lo invoglino a proseguire la lettura.

2) la prima domanda porta la seconda: le location. Roma, Molfetta, Londra. In tutti e tre i casi è evidente una familiarità con i luoghi che sconfessa tutti coloro che impongono agli autori la necessità di ambientare le storie nel cortile di casa. Come scegli le location?

Onestamente penso che al giorno d’oggi si possa conoscere una città anche senza averci necessariamente vissuto. Gli strumenti ci sono e sono anche tanti: non solo guide e Google Maps per i luoghi e le strade, quanto anche leggere libri di autori italiani o stranieri ambientati in quelle città, avere amici che vivono o che hanno vissuto in quelle città, magari anche visitarle se si può, e così via. Io ho scelto tre città a cui sono particolarmente legata: Molfetta è la città in cui sono nata e in cui ho passato ventiquattro anni della mia vita; Roma è la mia città d’adozione, in cui vivo ormai da cinque anni e in cui spero di rimanere a lungo; e Londra è la città dei miei sogni, quella in cui vorrei vivere, anche se probabilmente non succederà mai, da quando a undici anni ho letto Sherlock Holmes. Il mio legame con Londra è molto complicato e profondo, anche se sono riuscita a visitarla finalmente più di un anno dopo aver finito di scrivere questo libro.

3) Uno dei protagonisti, oltre a essere uno gnocco spaziale ben noto a chi sa leggere tra le righe, è un violinista. La musica è una delle protagoniste e la tecnica del violino sembra non abbia segreti per te. Spiegaci come mai.

Magari la tecnica del violino non avesse segreti per me, ho dovuto per anni combattere con le doppie corde e non ho mai saputo davvero padroneggiarle. Comunque il motivo per cui ne so parecchio di violino, è che l’ho studiato per sedici anni. Ho iniziato a quattro anni in una scuola di musica di Molfetta e poi mi sono diplomata in conservatorio a vent’anni. Dopodiché ho smesso completamente e oggi il mio violino lascia davvero raramente la sua custodia. Non mi sono mai pentita di questa scelta, ma amo ancora molto questo strumento perché è stata una parte davvero importante della mia vita. Peraltro è stata una mia scelta quella di suonare (sì, avevo quattro anni, ma già le idee molto chiare, mi hanno raccontato che ho insistito per sei mesi per avere il mio violino e, conoscendomi, è molto da me) e sono felice di averlo potuto fare finché la cosa mi ha divertito.

4) Ci presenti sostanzialmente due protagoniste femminili, vero fulcro della storia, che rappresentano tipologie agli antipodi: la bellona truccatissima, maliarda e insicura e la "nerd" graziosa, spumeggiante e apparentemente salda come una roccia. Dico subito che la prima, Vanessa, l'avrei presa a schiaffi ogni due righe. Ci parli di loro?

Io invece prenderei a schiaffi ogni due righe Diana perché scrivere di lei è stato un po’ un incubo (peraltro, originariamente doveva essere un personaggio secondario, la storia doveva essere incentrata sul rapporto tra Sean e Vanessa, ma Diana è una primadonna e quindi…), mentre a Vanessa sono molto legata per tanti motivi, prima di tutto perché è molto liberamente ispirata a una persona che ha un posto speciale nella mia vita.
Certo Diana è quella che automaticamente viene identificata come, forse, il tipo di donna che si vorrebbe essere (concentrata sulla carriera, autonoma in tutto, ecc.), ma anche lei ha i suoi scheletri nell’armadio (e, nonostante tutto, la amo proprio per questo). Mentre Vanessa deve fare i conti con un’incertezza nei confronti del futuro che è tipica della mia generazione.
In ogni caso, sono due donne molto diverse, ma sono entrambe forti e indipendenti, ognuna a modo suo. Anche se il loro rapporto di codipendenza non le aiuta.

5) "Il peso delle parole" è, almeno ai miei occhi, una perfetta sceneggiatura per uno di quei film che ti acchiappano e non ti mollano più, alla "Notthing Hill" per intenderci. E una delle protagoniste è una sceneggiatrice... Uhm, qui ci vedo lo zampino autobiografico o sbaglio?

Innanzitutto grazie per il complimento, “Notthing Hill” è uno dei miei film preferiti! Io ho studiato sceneggiatura, anche se credo di preferire, alla fine dei giochi, la narrativa. Però sì, essendo molto affascinata dal mondo della sceneggiatura e del cinema e delle serie tv, mi interessava scrivere di personaggi che facessero questo mestiere, spesso sottovalutato e comunque non molto conosciuto (se pensiamo a un film, di solito citiamo il regista e/o gli attori, difficilmente lo sceneggiatore, mentre io sono sempre andata a vedere il nome di chi scriveva la storia, anche quando ero poco più che una bambina). E questo forse perché amo la scrittura e le storie in qualunque forma mi si presentino.

6 - Immancabile la domanda: cosa bolle in pentola? Possiamo aspettarci altre storie da te?

Non penso smetterò mai di scrivere, onestamente. Al momento sono in ballo con una dilogia, di cui è già scritto il primo volume, e una trilogia, di cui sto scrivendo il primo volume (anche se ora sono “ferma”, perché mi sto occupando di un ghostwriting).
La dilogia rientrerà sempre nella narrativa generale ed è di nuovo una storia corale (anche se i personaggi principali qui sono tre), con protagonisti due sceneggiatori di mezza età e una ragazzina di vent’anni, che stravolge completamente la loro vita.
La trilogia, invece, sarà un romance mm, i cui protagonisti hanno una differenza d’età di più di vent’anni.
Inoltre sto lavorando con un’amica a una text!story, ovvero una storia tutta di messaggi, anche questa un romance mm. Poi ci sono i lavori di sceneggiatura con la mia socia (ma questi per ora sono top secret!).
Concludo ringraziandoti ancora per questo spazio e per queste splendide domande! A presto ;)

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