lunedì 30 gennaio 2012

I racconti del lunedi': Evoluzione

Ho deciso di postare questo racconto del 2008 (scritto a cinque mani, con Antonio Consoli che ce ne ha messa una sola, a dirla tutta) mentre ho negli occhi un'immagine: centro commerciale, una panchina davanti a un negozio di elettrodomestici. In vetrina un plasma da 60 pollici, costo 3999,99 euro, davanti alla vetrina un gruppetto di anziani. Il plasma trasmette un cartone dei Simpson, senza audio. I vecchietti guardano ipnotizzati un oggetto che vale 8 volte la pensione di ciascuno di loro. Io ci vedo qualcosa di profondamente sbagliato e quindi...

Evoluzione
Resta poco di me al termine di una giornata di lavoro.
Trovare parcheggio è un’insperata botta di culo. Un po' stretto vabbè, ma è proprio sotto casa, di fronte al portone. Due manovre, una toccatina alla berlina parcheggiata dietro, poi raccatto la valigetta dal sedile e scendo. Sono le sette di sera, il sole è basso e se Dio vuole i 42 gradi di oggi a pranzo sono solo un brutto ricordo. Finirà che dovremo girare con dei condizionatori d'aria incorporati nei vestiti. Forse ci sono già, magari in America o in Giappone. Inventano di tutto da quelle parti.
Mazzo di chiavi: chiavetta elettronica del conto in banca, chiavi del box, cantina, posta. Portone d'ingresso. Apro.
Il condominio è immerso nel silenzio. Grazie, sono tutti in vacanza. Non io.
Mi piace il mio lavoro e poi, se questo progetto andrà in porto, ci scappa pure un aumento di stipendio.  A settembre ne riparliamo, ok? Ha detto il boss.
Ok, certo. Non c'è mica fretta.
Sono dieci anni che vivo attaccato a un computer e non m'importa se quando torno a casa  continuo a lavorare. Non ho una moglie da portare fuori a cena, non ho figli, tanto meno una compagna. Ma sta bene così, per ora. 
Con un abile gioco di dita, afferro la chiave di casa. Appena apro la porta, Bernie mi viene incontro con tutti i suoi sette chili di felino peloso. C'è puzza di orina. Come al solito l’avrà mollata contro la tenda della cucina. Lo lascio solo tutto il giorno e questo è il suo modo di vendicarsi. Provvedo a rifornire le sue ciotole di acqua e croccantini, faccio una doccia e mi trasferisco nello  studio.
Accendo il notebook e penso che più tardi, forse, mangerò qualcosa. 
“Ma non dovreste mangiare tre volte al giorno?”
Schizzo su dalla sedia e mi guardo intorno. La stanza sembra vuota ma la tachicardia non vuole saperne.
“Sono qui.”
Mi giro. Davanti a me il divano. Vuoto.
Scuoto la testa. Colpa mia, tutte quelle ore davanti a un monitor mi hanno mandato in pappa il cervello.
“Mi vedi?”
No, non lo vedo. Accendo la luce. Sul divano una chiazza d’ombra. Niente altro. Perfino Bernie si è dileguato.
“Sono io.”
Io chi, cazzo? Mi faccio avanti con le mani tese. Sembro un cieco ma tutto intorno a me è chiaro, svelato dall’alogena. Anche l’ombra che adesso sembra più morbida, rilassata.
“Sì, immaginavo che una civiltà come la vostra si rivelasse nelle comodità. Di sicuro non fate molto movimento.”
Per fortuna trovo la poltrona dietro di me.
“Non credevo che ti saresti spaventato. Da quel poco che ho visto di questo mondo, siete abituati a parlare con voci prive di corpo.”
Sì, grazie. Ma quelle voci escono da un apparecchio, non dai cuscini del mio divano.
“Capisco. Forse avrei fatto meglio a telefonare.”
Poteva essere un’idea, sì… coso.
“Coso?”
Sto impazzendo. E’ il caldo.
“Ho notato che il problema della temperatura è molto sentito qui da voi. Forse perché ve ne fate una colpa.”
Sta’ a vedere che adesso mi metto a disquisire dell’effetto serra con il mio divano.
“Disquisire? Forse è questa la chiave. Voi metabolizzate i vostri errori con le parole. Anche se tu non sei molto loquace.”
Mi arrendo.
“E che ti dovrei dire?”, chiedo.
“Tutto. Sono qui per imparare.”
“Ti sei scelto un ottimo maestro, coso.”
“C’è stata una lunga selezione.”
Da un’ombra sul divano non mi aspetto il senso dell’umorismo. E l’idea della selezione, a questo punto, mi terrorizza.
“Eppure non sembri spaventato dalle responsabilità. Sei ciò che voi definite una persona affidabile.”
Mi viene da ridere.
“Se fosse vero avrei corso il rischio di legarmi a una donna. Avrei messo su famiglia.”
“Ma a te basta il tuo lavoro.”
Sarà un’impressione, ma la voce sembra preoccupata.
“Mi prendo per il culo, coso”, rispondo. “E’ quello che facciamo tutti da queste parti.”
Lo capirà il concetto di presa per il culo?
“Sì, lo capisco: siete così evoluti da confezionarvi le vostre illusioni.”
“Non so da dove vieni, ma chiamarla evoluzione mi pare un grosso errore.”
“Stai cercando di scoraggiarmi. Eppure lo so che avete molto da insegnare.”
“Hai sbagliato persona. Io posso solo insegnarti a essere uno schifoso egoista.”
“Il concetto di egoismo è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno.”
Devo bere. Tiro fuori la bottiglia di Cointreau avanzato a Natale. E’ caldo e sciropposo, ma serve allo scopo. Sono solo, in una stanza vuota, a colloquio con un’ombra. Che altro posso fare se non scoppiare a ridere?
“Quando fate così siete felici.”
“Ti sbagli”, rispondo tracannando un’altra sorsata all’aroma di arancia. “Sei preparato ma ti sfuggono le sfumature.”
“Insegnami.”
“E da dove dovrei cominciare? Questo pianeta va a rotoli.”
“Perché?”
“Perché ognuno di noi pensa solo ai pochi centimetri quadrati di terra che riesce a calpestare.”
“E non è questa la vostra forza?”
“E’ che alla fine è difficile stabilire dove debba finire il proprio egoismo per lasciar spazio a quello degli altri.”
Un sospiro, ma non è il mio.
“Non vi rendete conto di quanto siete fortunati.”
Mi viene da pensare che c’è qualcosa di sbagliato in uno che è qui per imparare e vuole dare lezioni. Poi capisco. Ma non è merito mio. Nel caldo afoso del mio salotto percepisco un’alienazione che non è quella delle mie giornate di lavoro tutte uguali.
“Ma questa è una società perfetta.”
Suona consolatorio, ma lo penso davvero. Ciò che mi ha mostrato è la realizzazione di un’utopia.
“Nella perfezione non c’è evoluzione. Per questo sono qui.”
Aiutami. Non lo dice, ma è nell’aria.
Mi attacco alla bottiglia, di nuovo. Il prossimo Natale faccio scorta di Chivas. Ma intanto penso che voglio provarci. Chissà che da qualche altra parte, pianeta o quel che diavolo sia, non si riesca a fare le cose per bene. 

Lauraetlory

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