Per chi lavora nel mondo dell’informazione, niente di più odioso che veder spacciare disinformazione strumentale. Parliamo di televisione. Parliamo di Rai. Che il servizio pubblico nostrano faccia acqua da molti punti di vista è un fatto. Che il balzello del canone sia discutibile è un’opinione, rispettabilissima. Ma che l’esistenza del canone sia usata per sobillare l’opinione pubblica è, insieme, un fatto e una vergogna. Siamo nel campo del varietà. Quel varietà che, come ci siamo già detti, è l’uovo di Colombo per la tv prossima ventura. Il varietà è luci, colori, bei costumi, belle scenografie, ospiti illustri. Tutte cose che costano. Sappiamo in quale congiuntura economica ci troviamo e che per la Rai è stato elaborato un piano d’emergenza da 95 miliardi, una sorta di manovra nella manovra. Ovviamente si parla di tagli, di esuberi e di esternalizzazione. Termine orribile che equivale a usare appalti esterni per fare ciò che la Rai è in grado di svolgere da sé. Inutile chiedersi come questo possa risultare un risparmio di spesa. Crisi dunque. Crisi nera. Ed ecco associazioni di consumatori, opinionisti e quotidiani nazionali lanciare una campagna moralizzatrice contro i cachet troppo sostanziosi per i Vip di turno. Come funziona lo sappiamo bene, vi ricordate i 250 mila euro a Benigni nella scorsa edizione di Sanremo? Si gridò allo scandalo a fronte di un intervento che portò 18 milioni di telespettatori e relativi sostanziosissimi introiti pubblicitari. Si è cercato di scandalizzarsi davanti al costo del “Più grande spettacolo dopo il week-end” di Fiorello. Con scarsi risultati, va detto. Mentre sta funzionando alla grande con la partecipazione di Bobo Vieri e Gianni Rivera a “Ballando con le stelle”. Pare che il consiglio d’amministrazione Rai sia stato a un passo dal bloccare tutto perché le cifre proposte erano troppo alte. E si è avuto buon gioco nel porre all’opinione pubblica la retorica domanda: ma in tempi come questi, ha senso spendere denaro pubblico e strapagare due ex calciatori per sgambettare il sabato sera? Messa così non fa una piega. Ma analizziamo la questione. In tempi come questi la Rai ha bisogno di fare cassa. Accertato che il canone chi può lo evade. Accertato che il ministero del Tesoro i soldi del canone alla Rai li centellina, al punto che si è vociferato di sospendere lo stipendio ai dipendenti nel mese di dicembre. Accertato che la crisi esiste per tutti, ma non per decidere di aumentarsi di 250 mila euro lo stipendio come ha fatto il direttore generale Lei. L’errore sta tutto in quel “denaro pubblico”. Perché i cachet di Vieri (600 mila euro) e Rivera (400 mila) non vengono pagati con il canone. Sono solo un anticipo, in attesa delle entrate pubblicitarie che nomi come questi garantiscono. Con loro la Rai farà cassa e pagherà gli stipendi di tutti coloro che la compongono. Poi possiamo discutere sul perché Vieri e Rivera valgano tanto. Ma questa è un’altra storia.
Laura Costantini
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