Ne parliamo
male. Forse solo dei politici riusciamo a dire di peggio. Eppure la televisione è
assurta, insieme a chi la fa, al ruolo di deus ex machina. A fronte di
ingiustizie patenti e di situazioni disperate, nella totale e ingiustificata
assenza delle istituzioni preposte, l'ultima spiaggia è
chiamare una telecamera, un microfono e denunciare dal piccolo schermo il male
che ci è stato fatto o l'aiuto che non
ci è
stato dato. Raggiungere milioni di persone, sentirsi dar ragione dall'opinionista
di turno, gongolare dell'indignazione dell'ospite in studio. Poi, aspettare.
Spesso e dolorosamente invano. Due casi che valgano d'esempio per quelli che
giornalmente ci vengono sottoposti. Il primo. Si chiama Luigina, è
una madre. Nelle categorie che piacciono alla tv, è
una madre coraggio. Ha tre figli, due grandi e indipendenti, una no. Si chiama
Michela, ha diciotto anni, è affetta
dalla nascita da tetraparesi spastica. Un corpicino contorto, una mente forse
inconsapevole, una totale incapacità
cui solo una madre può sopperire.
Per questo Luigina e Michela vivono in camper, in riva al mare. Solo lì
Michela riesce a respirare e sopravvivere. Ma un camper, ancorché
attrezzato, non è una casa. Luigina ha perso il
lavoro, Michela percepisce solo 250 euro mensili di pensione di invalidità.
Una storia atroce, di quelle che alla tv piacciono. Va in onda due volte nel
giro di due mesi col corollario di indignazione per quella casa che non si
trova. Ma nessuna soluzione è arrivata.
Il secondo. Si chiama Gilda, è una madre
disoccupata e disperata. Non è sola,
accanto a lei c'è Eduardo, anche lui
disoccupato e disperato. Insieme, dopo anni di lotta e di speranza, se ne
stanno chiusi in una casa spogliata di mobili e suppellettili e posta sotto
sequestro giudiziario, cercando di mettere insieme pane e frutta per il loro
figlio undicenne. Di più non si può.
Il gas e la luce stanno per essere staccati per morosità.
Tutto ciò che potevano vendere l'hanno
venduto. Tutto ciò che potevano tentare per
trovare lavoro, l'hanno tentato. Lui era maître
d'hotel, parla quattro lingue. Lei era assistente cuoca. Si sono ingegnati:
turni di notte da operai, lavapiatti, addetti alle pulizie. Soffocati dai
debiti e dall'impotenza, non possono neanche tornare nella natia Napoli. Finché
la casa che non sono riusciti a pagare non passa all'asta, un tetto, là
nella provincia senese, ce l'hanno. Dopo? Non lo sanno. Per questo hanno
chiamato la tv. Per questo attendono con ansia che il servizio vada in onda.
Sono incappati nella buriana delle elezioni presidenziali, il servizio è
slittato. E forse è un bene. Il ritardo mantiene
intatta la speranza che la tv risolva, che la tv faccia il miracolo. Salvo poi,
se il miracolo non dovesse arrivare, chiamare ogni tanto il giornalista. E implorare
aiuto. Continua a farlo Luigina, lo farà
anche Gilda. Ottenendo in cambio il profondo e insanabile senso di colpa di
chi telecamera e microfono li ha portati
fin lì.
Laura Costantini
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