Non dobbiamo avercene a male, noi che
abbiamo addosso la maturità dei decenni. Tanti decenni. Ma l'eroismo appartiene a chi
vede la vita quasi esclusivamente come prospettiva futura, non a chi abbia
accumulato passato. E chissà se riusciamo a renderci conto di aver assistito a un
momento storico. Frase banale questa. La usiamo spesso a sproposito, a volte
con ironia, in contesti che nulla hanno a che vedere con la possibilità di lasciare un
segno. Ma stavolta è vero. Abbiamo guardato in faccia un eroe. Ne abbiamo
ascoltato la voce. Ne abbiamo toccato con mano il coraggio. Ne abbiamo
assaporato il nome, dolce come una filastrocca per bambini. Malala. Ci dicono
significhi "colei che conosce il dolore" e viene da chiedersi quale
genitore oserebbe segnare il destino di una figlia con questo anatema. I
genitori di Malala lo hanno fatto, in un inconscio slancio di premonizione.
Perché Malala il dolore lo
ha conosciuto. Il dolore in tutte le sue crudeli declinazioni. Perché, pur all'interno di
una famiglia illuminata, è nata femmina in un paese (ma si potrebbe dire in un mondo)
dove questa è colpa che non si perdona. È nata femmina, musulmana, pakistana,
intelligente e consapevole di se stessa, dei propri diritti e di quelli delle
altre come lei. Era una bimba quando si è resa conto che studiare è un'arma infallibile
e che una persona istruita fa paura. Lei la paura, seppure ne ha avuta, l'ha
ignorata. Ha sfidato un mondo chiuso e violento. Ha studiato, ha scritto, si è connessa al mondo
della Rete e ha gridato forte le proprie aspettative, di più, le proprie pretese
per il futuro. Lo ha fatto con un blog, dimostrando ai suoi nemici, perché Malala ne ha tanti,
che il coraggio alberga nelle menti aperte e avide di conoscenza. Menti che non
si curano del corpo avuto in sorte, corpo maschile, corpo femminile, corpo
forte oppure gracile. Malala è alta meno di un metro e mezzo ancora oggi che ha sedici
anni. Ne aveva solo 14 il giorno in cui il suo guanto di sfida ha colpito duro
maschi barbuti, armati fino ai denti, forti e vigliacchi. Ottusi. Il maschio
che è salito sull'autobus
scolastico carico di "femmine oscene" appena adolescenti, le ha
puntato un'arma in faccia e ha fatto fuoco con la certezza di cancellarne lo
sguardo, i pensieri, il coraggio. La pallottola le ha attraversato il cranio,
il collo, la spalla. Impossibile sopravvivere. Eppure Malala ce l'ha fatta. Ha
conosciuto il dolore del colpo, il dolore della consapevolezza di morire, il
dolore delle operazioni necessarie a salvarle la vita, il dolore di capire fino
a che punto quel maschio, quei maschi, la odiano. Dolori che ha affrontato
senza recedere di un passo. Da oggi se proveremo a immaginare che faccia abbia
un eroe, vedremo lei. Malala. In piedi davanti all'assemblea delle Nazioni Unite.
Piccola, velata, immensa. Con il dito alzato ad ammonire i potenti della Terra
con la saggezza di chi sa. Sa che per cambiare tutto servono i libri. E occhi
come i suoi a carpirne il sapere.
Laura Costantini
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