Il male esiste. Fa parte della natura
umana. Ne abbiamo le prove tutti i giorni. Prove di cui faremmo volentieri a
meno. Il male sono le centinaia di persone che perdono la vita in un esodo
senza sosta e senza speranza. Il male sono i racconti delle violenze cui esseri
umani inermi vengono sottoposti da altri esseri umani che speculano sulla loro
disperazione. Il male è l'ostinazione di un vecchio che è sopravvissuto per
settanta anni agli orrori di cui è stato artefice. Il male è un destino beffardo
che gli ha concesso di arrivare al secolo di vita, lui che di vite ne ha
stroncate troppe, senza un briciolo di ripensamento, pentimento, presa di
coscienza. Ha negato fino alla fine Eric Priebke. Continua a negare attraverso
un testamento che racconta l'arroganza di un uomo che ha torturato un'intera
città, Roma, e ne è sempre andato
fiero. È morto nella sua casa romana, verrebbe da dire in pace. In
ogni caso senza un frammento della sofferenza che ha saputo e voluto
infliggere. È morto omaggiato dalla genia dei cretini che mai mancano in
questi casi, quelli che portano fiori e imbrattano muri stuprando superfici e
parole incolpevoli. Onore, hanno scritto, al capitano. Onore all'assassino, al
boia, al male. Per quanto ci si sforzi, non capiremo mai cosa si nascondesse
dietro quel volto, dietro quello sguardo, dietro quell'obbedienza a ordini
disumani. Forse è bene che sia così. Ma il male esiste e non è nato con Eric
Priebke, né con lui si è esaurito. Come ben raccontano i romani del ghetto "i
nazisti non se so inventati gnente". La stoffa gialla per contrassegnare i
giudei, il divieto di esercitare le professioni, la reclusione in un recinto
insalubre, l'impunità per chi volesse sfogare le proprie frustrazioni sul
"diverso", la licenza di uccidere. Tutto questo, ai danni degli
ebrei, esisteva ben prima della follia genocida di Hitler, ben prima
dell'Olocausto. Fu un papa, Paolo IV Carafa, a sancire con una bolla pontificia
il diritto alla persecuzione degli ebrei. Era il 1555 e la colpa era quella di
sempre: erano diversi. Per religione, per attitudini, per capacità anche. Paolo IV li
chiuse nel ghetto, lo stesso dove il 16 ottobre del 1943 i commilitoni di
Priebke li rastrellarono a migliaia. Ne sopravvissero solo 14, adulti, tredici
uomini e una donna. Bambini neanche uno. E chi era adulto settanta anni fa,
oggi è vecchio, troppo per
sperare di continuare a combattere con la forza della testimonianza le bugie di
gente come Priebke. Che anche da morto continua ad abiurare l'orrore, a negare
lo sterminio. Per questo è importante essere consapevoli che il male esiste. Possono
morire i carnefici, possono spegnersi le vittime. Ma il male esiste e non
merita perdono e tanto meno oblio. In un paese capace di dimenticare le vittime
di una settimana fa, di distogliere lo sguardo e restringere la compassione,
non possiamo permetterci distrazioni. Il male esiste e non si esaurisce con la
vita di un vecchio malvagio.
Laura Costantini
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