“…Marcello era un
bambino come tanti. E dovete considerare che questo concetto, alla fine degli
anni ’60, aveva un significato letterale. Avete presente quanti erano i bambini
nell’epoca del baby-boom?”
Lisa non sta veramente
ascoltando le parole di Cristina, la relatrice incaricata di presentare il suo
romanzo d’esordio. I suoi occhi e i suoi pensieri sono tutti rivolti alle
persone che occupano le quattro file di sedie approntate nella piccola libreria
nel corso principale di Rieti. Le conta. Sono 23. Non ha neanche un dubbio che
a trascinarle tra le pareti di pietra di quell’antico magazzino trasformato sia
stata la pioggia mista a neve che da venti minuti sta preludiando l’inverno.
D’altronde lei non è
nessuno. Partecipare a quel concorso letterario è stata un’idea della sua amica
Lidia. Vincerlo l’ha lasciata incredula. Ma il vero miracolo è stata la
pubblicazione con una casa editrice importante. “Marcello da oggi non viene
più” è uscito a settembre e l’ufficio stampa della casa editrice ha
organizzato, senza neanche consultarla, un giro di presentazioni nel Lazio.
Lisa ha dovuto utilizzare i giorni di ferie residui per poter essere presente.
Il fatto che gli appuntamenti siano tutti all’interno della regione le consente
di rientrare a Roma per non abbandonare del tutto i suoi gatti.
“… ma adesso lasciamo
la parola a Lisa: dicci cara, come hai iniziato a scrivere?”
Lei sbatte le palpebre
dietro gli occhiali da miope. Ha bisogno di qualche istante per raccogliere le
idee o per ripetersi la domanda.
Quando ha iniziato a
scrivere? Quando ha realizzato di aver investito dieci anni di vita in una
relazione sbagliata. Oppure quando ha perso le speranze di ottenere il posto
fisso in banca, promesso da un vecchio zio, e ha ripiegato su un banale posto
di commessa alla Upim.
“Ho sempre avuto la
passione per le storie. Fin da bambina. Ho sempre tenuto in borsa un taccuino…”
“Una moleskine? Tipico
degli scrittori.”
No, vorrebbe dire. Era
proprio un semplice taccuino della Pigna, a quadretti, ma annuisce e si prepara
alla prossima domanda.
E ne arrivano di
domande. Sempre le stesse, anche se le relatrici cambiano.
Avresti mai pensato di
vincere il concorso?
Quanto c’è di te in
Giuseppina, la protagonista della tua storia?
Poi, immancabile, la
domanda che la prostra: progetti futuri?
No. Sarebbe l’unica
risposta sincera. Non ci sono altre storie nella mente di Lisa. C’è sempre e
solo stata quella. La storia.
Marcello, che non si chiamava Marcello, era suo compagno di banco. L’unico che
non si facesse beffe degli occhiali dalle lenti spesse e della benda che
occludeva alternativamente l’occhio destro e il sinistro. Lui era un bel
bambino, biondo, capelli lisci, occhi nocciola e ciglia lunghissime. Lisa ne
era innamorata, come solo a quell’età ci si può innamorare. Passavano ore a
chiacchierare e a scambiarsi le figurine dell’album degli animali. Tutti e due
alla spasmodica ricerca dell’introvabile ornitorinco. Lisa sa che il tutto è
durato un solo, indimenticabile, anno scolastico. Ma il tempo ha un ritmo tutto
suo per i bambini. Ha il sapore dell’eternità. L’autunno delle foglie secche da
raccogliere e incollare sul quaderno li aveva fatti incontrare. I primi
papaveri nei prati, da cogliere per tatuarsi
di stelline l’avambraccio, li avevano divisi. Da un giorno all’altro, senza
alcun preavviso. Si erano detti ciao all’uscita da scuola. La mattina dopo la
maestra era entrata e, con un’espressione che Lisa non ha mai dimenticato,
aveva detto all’intera classe: “Luigi da oggi non viene più.” Nessuno aveva
capito le sue lacrime, ma tutti l’avevano additata e schernita e tormentata. “Lisa
ama Gigi”, “Lisa ama Gigi”, “Lisa ama Gigi”. Quella litania era andata avanti
fino alla fine della scuola. Poi l’estate aveva cancellato Luigi dalla memoria
di 28 bambini di prima elementare. Non dalla sua. Mai. Aveva continuato a
pensarci senza trovare il coraggio di chiedere. Ma quello di andarlo a cercare
sotto casa sì. Sapeva dove abitava, era andata una volta a fare i compiti a
casa sua. Ma le tapparelle erano chiuse e sul citofono il cognome non c’era
più. Ecco, questa è la storia che Luisa ha voluto raccontare. Questa e
nessun’altra. La storia della prima vera delusione. Della prima lezione che la
vita ha voluto impartirle: le cose belle non durano.
Il problema è che la
casa editrice è soddisfatta delle vendite e vuole un altro titolo e lo vuole
per le uscite estive. Ma cosa potrebbe mai scrivere una donna sola che passa
ore nell’atmosfera artificiale di un megastore. Che torna in una casa vuota in
compagnia di un vecchio giradischi e di due soriani tigrati che non fanno altro
che litigare tutto il giorno. Già, cosa potrebbe scrivere?
La campanella vintage
sulla porta della libreria squilla argentina e Lisa pensa che sia un altro
viandante infreddolito in cerca di riparo. E’ un uomo, uno dei pochi, perché,
lo ha imparato, alle presentazioni di romanzi vanno quasi solo donne. Si toglie
il cappotto, forse non è così infreddolito. Muove qualche passo laterale per
non disturbare la piccola platea. Punta la sedia vuota in prima fila. Il posto
è per l’assessore comunale alla cultura che, come da copione, si è guardato
bene dall’intervenire. Prende il foglio con la scritta riservato, lo appallottola e lo mette nella tasca della giacca. Poi
si siede. Nella luce del faretto che gli spiove addosso, i capelli sono folti e
quasi completamente bianchi. Lisa non sa perché lo sta fissando mentre il
pubblico aspetta di essere informato sui prossimi libri che non scriverà. Ma lo
vede infilare la mano nella tasca interna della giacca ed estrarne qualcosa di
piccolo e rettangolare. Una tessera? E’ forse un poliziotto? Lui le sorride e
protende l’oggetto. Lei strizza gli occhi dietro le lenti. Ci mette un po’ a
riconoscerlo.
“L’ornitorinco!”
esclama, superando la voce della relatrice imbarazzata dal suo lungo silenzio.
L’uomo getta la testa all’indietro e ride coprendosi la bocca con le mani. E
allora lo riconosce. Riconosce quel gesto che, tanti anni prima, serviva a
coprire il moncone dell’incisivo sinistro.
“Luigi è tornato”,
dichiara spostando lo sguardo sui presenti piuttosto confusi. Poi si corregge:
“Marcello è tornato. Questo, questo è il titolo del prossimo romanzo.”
FalconeCostantini
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