domenica 8 luglio 2018

FalconeCostantini: Marcello da oggi non viene più





“…Marcello era un bambino come tanti. E dovete considerare che questo concetto, alla fine degli anni ’60, aveva un significato letterale. Avete presente quanti erano i bambini nell’epoca del baby-boom?”
Lisa non sta veramente ascoltando le parole di Cristina, la relatrice incaricata di presentare il suo romanzo d’esordio. I suoi occhi e i suoi pensieri sono tutti rivolti alle persone che occupano le quattro file di sedie approntate nella piccola libreria nel corso principale di Rieti. Le conta. Sono 23. Non ha neanche un dubbio che a trascinarle tra le pareti di pietra di quell’antico magazzino trasformato sia stata la pioggia mista a neve che da venti minuti sta preludiando l’inverno.
D’altronde lei non è nessuno. Partecipare a quel concorso letterario è stata un’idea della sua amica Lidia. Vincerlo l’ha lasciata incredula. Ma il vero miracolo è stata la pubblicazione con una casa editrice importante. “Marcello da oggi non viene più” è uscito a settembre e l’ufficio stampa della casa editrice ha organizzato, senza neanche consultarla, un giro di presentazioni nel Lazio. Lisa ha dovuto utilizzare i giorni di ferie residui per poter essere presente. Il fatto che gli appuntamenti siano tutti all’interno della regione le consente di rientrare a Roma per non abbandonare del tutto i suoi gatti.
“… ma adesso lasciamo la parola a Lisa: dicci cara, come hai iniziato a scrivere?”
Lei sbatte le palpebre dietro gli occhiali da miope. Ha bisogno di qualche istante per raccogliere le idee o per ripetersi la domanda.
Quando ha iniziato a scrivere? Quando ha realizzato di aver investito dieci anni di vita in una relazione sbagliata. Oppure quando ha perso le speranze di ottenere il posto fisso in banca, promesso da un vecchio zio, e ha ripiegato su un banale posto di commessa alla Upim.
“Ho sempre avuto la passione per le storie. Fin da bambina. Ho sempre tenuto in borsa un taccuino…”
“Una moleskine? Tipico degli scrittori.”
No, vorrebbe dire. Era proprio un semplice taccuino della Pigna, a quadretti, ma annuisce e si prepara alla prossima domanda.
E ne arrivano di domande. Sempre le stesse, anche se le relatrici cambiano.
Avresti mai pensato di vincere il concorso?
Quanto c’è di te in Giuseppina, la protagonista della tua storia?
Poi, immancabile, la domanda che la prostra: progetti futuri?
No. Sarebbe l’unica risposta sincera. Non ci sono altre storie nella mente di Lisa. C’è sempre e solo stata quella. La storia. Marcello, che non si chiamava Marcello, era suo compagno di banco. L’unico che non si facesse beffe degli occhiali dalle lenti spesse e della benda che occludeva alternativamente l’occhio destro e il sinistro. Lui era un bel bambino, biondo, capelli lisci, occhi nocciola e ciglia lunghissime. Lisa ne era innamorata, come solo a quell’età ci si può innamorare. Passavano ore a chiacchierare e a scambiarsi le figurine dell’album degli animali. Tutti e due alla spasmodica ricerca dell’introvabile ornitorinco. Lisa sa che il tutto è durato un solo, indimenticabile, anno scolastico. Ma il tempo ha un ritmo tutto suo per i bambini. Ha il sapore dell’eternità. L’autunno delle foglie secche da raccogliere e incollare sul quaderno li aveva fatti incontrare. I primi papaveri nei prati, da cogliere per tatuarsi di stelline l’avambraccio, li avevano divisi. Da un giorno all’altro, senza alcun preavviso. Si erano detti ciao all’uscita da scuola. La mattina dopo la maestra era entrata e, con un’espressione che Lisa non ha mai dimenticato, aveva detto all’intera classe: “Luigi da oggi non viene più.” Nessuno aveva capito le sue lacrime, ma tutti l’avevano additata e schernita e tormentata. “Lisa ama Gigi”, “Lisa ama Gigi”, “Lisa ama Gigi”. Quella litania era andata avanti fino alla fine della scuola. Poi l’estate aveva cancellato Luigi dalla memoria di 28 bambini di prima elementare. Non dalla sua. Mai. Aveva continuato a pensarci senza trovare il coraggio di chiedere. Ma quello di andarlo a cercare sotto casa sì. Sapeva dove abitava, era andata una volta a fare i compiti a casa sua. Ma le tapparelle erano chiuse e sul citofono il cognome non c’era più. Ecco, questa è la storia che Luisa ha voluto raccontare. Questa e nessun’altra. La storia della prima vera delusione. Della prima lezione che la vita ha voluto impartirle: le cose belle non durano.
Il problema è che la casa editrice è soddisfatta delle vendite e vuole un altro titolo e lo vuole per le uscite estive. Ma cosa potrebbe mai scrivere una donna sola che passa ore nell’atmosfera artificiale di un megastore. Che torna in una casa vuota in compagnia di un vecchio giradischi e di due soriani tigrati che non fanno altro che litigare tutto il giorno. Già, cosa potrebbe scrivere?
La campanella vintage sulla porta della libreria squilla argentina e Lisa pensa che sia un altro viandante infreddolito in cerca di riparo. E’ un uomo, uno dei pochi, perché, lo ha imparato, alle presentazioni di romanzi vanno quasi solo donne. Si toglie il cappotto, forse non è così infreddolito. Muove qualche passo laterale per non disturbare la piccola platea. Punta la sedia vuota in prima fila. Il posto è per l’assessore comunale alla cultura che, come da copione, si è guardato bene dall’intervenire. Prende il foglio con la scritta riservato, lo appallottola e lo mette nella tasca della giacca. Poi si siede. Nella luce del faretto che gli spiove addosso, i capelli sono folti e quasi completamente bianchi. Lisa non sa perché lo sta fissando mentre il pubblico aspetta di essere informato sui prossimi libri che non scriverà. Ma lo vede infilare la mano nella tasca interna della giacca ed estrarne qualcosa di piccolo e rettangolare. Una tessera? E’ forse un poliziotto? Lui le sorride e protende l’oggetto. Lei strizza gli occhi dietro le lenti. Ci mette un po’ a riconoscerlo.
“L’ornitorinco!” esclama, superando la voce della relatrice imbarazzata dal suo lungo silenzio. L’uomo getta la testa all’indietro e ride coprendosi la bocca con le mani. E allora lo riconosce. Riconosce quel gesto che, tanti anni prima, serviva a coprire il moncone dell’incisivo sinistro.
“Luigi è tornato”, dichiara spostando lo sguardo sui presenti piuttosto confusi. Poi si corregge: “Marcello è tornato. Questo, questo è il titolo del prossimo romanzo.”

FalconeCostantini

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