Questo racconto venne scritto per il sito http://www.horrorwebsite.com/ su invito di Marco Candida. Devo dire che ci piace oggi quanto ci piacque allora scriverlo. Buona lettura.
Era la quinta sera di seguito che Rodolfo che rientrava tardi. Oddio, tardi per i canoni di Giovanna, Giò come la chiamava quando voleva farsi perdonare qualcosa. In realtà il suo Lorentz segnava a mala pena le due del mattino. Un orario plausibile per chi, come lui, era a capo di ben tre società di leasing.
L’appartamento di via delle Medaglie d’Oro era al buio, fatta eccezione per il debole chiarore che proveniva dalla lampada a stelo del salotto, quella vicina al computer il cui ronzio era percepibile nel silenzio ovattato della notte.
Rodolfo accompagnò lentamente la porta d’ingresso e, con tutta la delicatezza di cui era capace, lasciò cadere soprabito e ventiquattrore sulla poltrona in anticamera.
Avrebbe volentieri fatto una doccia, si sentiva addosso i vapori di cucina dell’Osteria dell’Angelo dove, alla faccia del suo 180 di colesterolo, aveva ingurgitato un’intera porzione di coda alla vaccinara. Ma Giò aveva il sonno leggero così si spogliò in fretta e si infilò in bagno per lavarsi almeno i denti. Le fibre del sedano gli erano rimaste incastrate negli interstizi. Si accorse subito che nel bicchiere di porcellana mancava il suo vecchio spazzolino. Sostituito a ben guardare da un rozzo manufatto in legno e setole di… cinghiale? pensò saggiandone la durezza. La solita mania di sua moglie di portare alle estreme conseguenze il rispetto dell’ambiente. Mettersi in bocca quell’affare non doveva essere diverso dall’usare lo spazzolino del cesso, o’ stuppolo avrebbe detto nonna Grazia.
Per fortuna il dentifricio era un classico, Pasta del Capitano, lo stesso da quando ricordava di aver fatto del lavarsi i denti prima di andare a letto una pratica da non dimenticare.
Il sapore di menta piperita offuscò l’allappamento da cena pesante mentre lo spazzolino gli invadeva il palato. Era scomodo, affatto ergonomico, ingombrante e la vibrazione era esagerata al punto da fargli tremare i denti nelle gengive... La vibrazione? Riflettere ed estrarselo dalla bocca fu un tutt’uno. Lo fissò, impastato di schiuma di dentifricio. Non aveva tasti, l’impugnatura in legno ruvido non avrebbe potuto in alcun modo contenere una batteria. E poi Giò era contraria a quel genere di piccoli elettrodomestici. Si faceva un culo così per montare la maionese a mano. Lo spazzolino ricambiava ottusamente il suo sguardo senza muovere una setola. Rodolfo si convinse che doveva essere stato il cocktail tra il vinello dell’osteria e la stanchezza di quell’eterna giornata a procurargli quella specie di stupida allucinazione. Che non fosse del tutto convinto lo evinse dalla cautela con cui riposizionò lo strumento tra i denti. La vibrazione riprese al primo leggero sfioramento degli incisivi. Ma era più delicata, tutto sommato piacevole ed efficace nel rimuovere quell’ostinata fibra di sedano tra premolare e canino. Troppo stanco per procedere a una seconda ispezione, lasciò che lo spazzolino facesse il suo vibrante lavoro. E cominciò anche a goderselo quel momento, di più, cominciò a muovere il bacino come se alla vibrazione corrispondesse una musica che solo lui riusciva a sentire. Sputò nel lavandino schiuma, residui di cibo e una grossa, grossa dose di stanchezza. Respirò a bocca aperta per gustare la freschezza della menta poi, senza neanche accorgersene, rinfilò lo spazzolino in bocca per un’ultima passata.
A svegliarlo fu il profumo del caffè che gli riempì le narici. Scacciò l’idea di essere al bar e aprì gli occhi sul volto stranamente sorridente di Giò.
“Buongiorno, stallone”, lo accolse sedendo sul bordo del letto.
Bastò quella parola a riportargli alla mente la performance di poche ore prima. In vent’anni di matrimonio non era mai successo che sentisse il bisogno di svegliare Giovanna nel cuore della notte per fare sesso. Che lei avesse gradito era evidente non solo per il caffè ma anche per l’espressione soddisfatta che le toglieva dieci anni.
“Anche tu non te la cavi male, avevo dimenticato cosa significasse.”
“Tutto questo per farti perdonare i tuoi orari impossibili?”
“A proposito di cose da farsi perdonare: che ti è saltato in mente di sostituire il mio spazzolino con quel manufatto da terzo mondo?”
“Non è adorabile? L’Ecobottega ne ha importati una decina dalla Costa d’Avorio e Allegra me ne ha tenuti due da parte.”
“Che culo!”
“Lo sai che se tutti adottassimo degli spazzolini in fibra naturale ridurremmo significativamente la quantità di diossina presente sul pianeta?”
“Sicuro, e abbatteremmo il doppio degli alberi.”
“Non essere disfattista e datti una mossa o farai tardi a lavoro… stallone!”
Rodolfo non aveva fatto tardi a lavoro, anzi. Si era presentato in ufficio prima del solito e più dinamico che mai. Il suo entusiasmo aveva contagiato i collaboratori e dato una svolta decisamente positiva alla giornata. La stanchezza aveva cominciato a mordergli la base del collo quando era già davanti all’ascensore di casa. Aveva promesso a Giovanna di rientrare per cena e quando aprì la porta fu investito dall’aroma del mitico risotto alla crema di scampi che era, da sempre, la sua specialità. Ma erano anni che non lo preparava.
“Tesoro, metto in tavola tra cinque minuti.”
“Arrivo, il tempo di darmi una rinfrescata.”
Entrò in bagno e si concesse una doccia veloce, tre minuti esatti. Gliene restavano due per lavarsi i denti. Fu mentre le setole cominciavano a prendere vita contro i suoi molari che si rese conto di aver aspettato quel momento per gran parte della giornata. Solo per una conferma del benessere che quel massaggio alle gengive gli procurava. Non ne restò deluso e raggiunse Giò pronto a godere a pieno di quella ritrovata intimità familiare.
“Non sono stati i crostacei, vero?”
Rodolfo rotolò via da lei e si concesse un sospiro.
“E’ la seconda giovinezza”, rispose carezzandole un fianco lasciato scoperto dal lenzuolo. “Avresti il coraggio di lamentarti?”
Lo sguardo di Giovanna si fece serio mentre lo fissava appoggiata su un gomito.
“Tutt’altro. Cominciavo a convincermi che tu avessi un’altra. Erano mesi che non facevamo l’amore.”
“E sono bastate due notti a cancellare tutti i tuoi dubbi?”
Stavolta lei sorrise.
“Beh, alla tua età è un po’ difficile pensare che tu riesca a soddisfarci entrambe.”
“E se mi sottovalutassi?”
“Lo vedremo nel proseguo del campionato.”
La pulizia dei denti diventò la priorità di Rodolfo. Trascorse un intero pomeriggio alla ricerca di una custodia in cui riporre lo spazzolino. E una volta che l’ebbe trovata non si separò più dall’oggetto che aveva cambiato il corso della sua vita.
Era nella toilette dell’ufficio a spazzolarsi per la quarta volta nel corso di quella giornata quando la consapevolezza che le setole cominciavano ad aprirsi lo gettò nel panico.
Afferrò il cellulare e chiamò Giò. Doveva assolutamente avere l’indirizzo dell’Ecobottega. Facile che Allegra avesse ancora qualche esemplare di spazzolino invenduto e, nella malaugurata ipotesi che li avesse smerciati tutti, le avrebbe chiesto, ordinato, di procurarsene ancora.
“… mi sta dicendo che quei fottuti spazzolini erano pezzi unici? Che glieli ha portati qui, per sbaglio, un fottuto sconosciuto e che averne ancora è praticamente impossibile?”
Allegra, la proprietaria dell’Ecobottega ebbe prima un moto di compassione per la signora Giovanna al pensiero che l’invasato che le vomitava in faccia parole e schizzi di saliva fosse suo marito, poi, esaurito il self-control che faceva di lei una professionista del rapporto con il pubblico, si lasciò invadere dalla collera.
“Ora mi ha davvero stancata. Abbiamo decine e decine di spazzolini da denti, di tutti i materiali, di tutte le fogge e persino a batteria. Ha due possibilità: sceglierne uno o uscire in strada e mettersi alla ricerca del fottuto sconosciuto che mi ha venduto il suo!”
I suoi, pensò Rodolfo, facendo mentalmente riferimento a quello di Giovanna che, ne era sicuro, riposava avvolto nel cellophane in uno dei cassetti del mobile da bagno.
Lasciò Allegra al proprio collerico stupore e, ignaro di ogni altro impegno, si precipitò a casa. Fu sollevato nel non trovare Giovanna, non avrebbe saputo spiegarle la necessità di profanare l’intimità del suo bagno. Tralasciò ogni precauzione e senza alcun rispetto per l’elaborata confezione, portò lo spazzolino allo scoperto. Lo specchio gli rimandò l’immagine di un’idiota dallo sguardo invasato. Non se ne curò. Aprì il getto dell’acqua, vi passò sotto le setole e attaccò i denti con l’accorata speranza di sentir partire la nota vibrazione.
Strofinò, strofinò e strofinò fino a quando il sapore del sangue fu qualcosa di più di un vago sentore. E fu sangue quello che sputò nel lavabo insieme all’ultima speranza che lo spazzolino di Giò possedesse le prodigiose virtù del suo.
Nella settimana che seguì lo spazzolino, il suo spazzolino, restò al sicuro della custodia, immobile e inusato come il suo sesso. Giò diede sfogo a tutta la sua fantasia in cucina ma le loro notti tornarono a essere un pacifico, duplice russare ai lati opposti del letto. Non poteva rischiare di rinunciare all’energia che lo strumento sapeva donargli, non poteva consumarlo fino al momento in cui, perse le setole, sarebbe diventato inutilizzabile. Ma l’astinenza lo rendeva nervoso, irritabile, depresso. Aveva bisogno di quella vibrazione, di quella silenziosa musica interna che lo riconciliava col mondo e lo faceva sentire più giovane, più forte, più uomo.
La decisione lo colse durante una notte insonne, mentre fissava il soffitto buio e rifletteva su quanto inutile poteva essere la vita senza quella marcia in più. Si alzò d’impeto, senza alcun riguardo per il sonno di Giovanna, che si mosse cambiando posizione. Tentoni raggiunse il bagno, accese la luce e si trovò faccia a faccia con il fisico bisogno di usare lo spazzolino. Ora. Subito. Lo cercò nel cassetto, lo trasse dalla custodia, lo spalmò di dentifricio poi rimase immobile, davanti allo specchio, pregustando quello che sarebbe seguito. La rinascita, la rinnovata energia, la sferzata di giovinezza. Stavolta la vibrazione, quasi avesse capito, cominciò prima ancora che le setole trovassero il contatto con i denti e lo spazzolino andò, sempre più veloce, sempre più potente mentre Rodolfo gli si abbandonava, tentando di sorridere a bocca aperta.
Allegra aveva appena aperto e stava allestendo il bancone dei dolci biologici quando la signora Contini, mattiniera come mai prima, irruppe nel negozio cantilenando ‘povera Giovanna, povera Giovanna’, poi davanti al suo sguardo interrogativo, diede fiato alle trombe: “Il marito di Giovanna. Un infarto, dicono, mentre si lavava i denti. La poverina lo ha trovato sulle piastrelle del bagno con ancora lo spazzolino in bocca.”
Allegra visualizzò la faccia congestionata del signor Bruni l’ultima volta che era venuto in negozio. Rabbioso e disperato, come se da uno stupido spazzolino da denti in legno e setole naturali dipendesse la sua stessa vita. Un brivido la percorse. Lo stesso brivido che l’aveva spinta a comprare quegli insoliti spazzolini. Lo aveva fatto d’impulso. Lo sconosciuto si era intrufolato in negozio quando la serranda era abbassata per metà. Era sabato sera e lei si era attardata per chiudere la cassa. Ma non era stato il timore di una rapina a convincerla che doveva liberarsi in fretta di quell’ambulante mai visto prima in zona. A farle scattare il campanello d’allarme era stato il contrasto ipnotico tra la pelle nerissima e lo sguardo. Uno sguardo che, alla luce di quello che era successo, non avrebbe mai dimenticato.
Lauraetlory
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