lunedì 14 maggio 2012

Francesco e Antonella: due giovani a confronto

Francesco non è un nome di fantasia. Antonella sì. Francesco, nel suo piccolo, è un personaggio pubblico. Classe 1992, ha quindi 20 anni e già da 5 si occupa di editoria. Ormai è difficile star dietro a tutte le volte che è stato intervistato da quando i media hanno scoperto che è l'editore più giovane d'Italia. L'ultima intervista in ordine di tempo la trovate QUI. Ed è da qui che voglio partire per una riflessione amara. I giovani sono bamboccioni, si dice. Se ne stanno comodi nel nido familiare, non si rimboccano le maniche. Poi arriva un esempio come Francesco: a 13 anni pubblica un libro come autore, a 15 fonda una rivista letteraria e una casa editrice, a 20 ha già un catalogo di oltre 50 titoli e un bel parterre di autori. Una storia da raccontare, un esempio? Macché. Sul sito del Corriere arrivano complimenti ma anche stroncature. Perché Francesco è figlio di due medici, perché è di sicuro un privilegiato, perché è un figlio di papà. Così, sulla fiducia. Senza conoscerlo. Ovvio che non posso sapere chi siano i detrattori, ma dai commenti si evince che, almeno uno/a, sia un giovane attanagliato dalla crisi. Che ha tutto il mio rispetto, perché capisco la rabbia, capisco la stanchezza. Capisco molte cose. Ma non il voler vedere nel successo degli altri sempre il privilegio, la raccomandazione, la pappa pronta. Eppure è lo sport nazionale italico. Fateci caso: mai una volta che si sia disposti di riconoscere agli altri dei meriti. Soprattutto se questi altri hanno raggiunto degli obiettivi. E' fin troppo facile trarne un sillogismo: se chi ha successo in realtà non se l'è meritato, io che successo non ce l'ho non ho colpe. Posso continuare a crogiolarmi nel mio bozzolo di lamentele e livore senza chiedermi se ho veramente fatto tutto il possibile che raggiungere i miei obiettivi. Posto di averli, gli obiettivi. E qui entra in ballo Antonella. Il nome è di fantasia, la persona esiste realmente. La signorina in questione ha una trentina d'anni, è laureata (una laurea breve) in ingegneria edile. E' figlia di due vigili urbani i quali le hanno trovato un posto di lavoro: segretaria in una ditta edile. Uno si aspetterebbe che la scelta sia dovuta a una volontà di crescita professionale. Tra una telefonata e un'e-mail magari Antonella spera di mettere a frutto gli studi fatti. Invece no. Antonella percepisce uno stipendio di circa mille euro al mese. In nero. Antonella sa che il suo datore di lavoro deve della riconoscenza ai suoi genitori, quindi è consapevole di trovarsi in un ventre di vacca. La sua giornata lavorativa è scandita dalle telefonate col moroso, dal manicure, dalla frequentazione di social network, di (rare) risposte alle frequenti telefonate che riguardano la ditta. I suoi orari sono regolati in base ai corsi di cucito, cucina, ricamo cui si è iscritta. Poi c'è la palestra, ça va sans dir, e la passione per il tennis. Antonella, da grande, vuol fare la maestra di tennis. E quando ci sono gare importanti in tv, non si presenta a lavoro per seguirle. Nessuno le fa notare la profonda disonestà di tutto questo. Eppure Antonella non è felice. Non lo è perché i suoi solleciti genitori non le hanno ancora trovato un contratto a tempo indeterminato nell'amministrazione pubblica. Lo faranno, sia chiaro. Ne hanno i mezzi. Ma per il momento le tocca andare a lavoro senza avere una targa col titolo di dottoressa sulla scrivania. E senza un contratto che le permetta di prendere tutti i permessi che vuole per andarsene a giocare a tennis. Antonella non legge libri, a malapena sfoglia riviste. Quindi la storia di Francesco bisogna proprio mettergliela sotto il naso. Scorre le righe, storce il naso e non concede spazio ai dubbi: capirai, editore a 20 anni. Quello è un raccomandato. Mica come me...

Laura

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