N.B. Come sappiamo la Nazionale ha, con una certa fatica, sconfitto l'Irlanda mentre la Spagna ha sconfitto la Croazia dandoci una bella lezione di correttezza. Questi i fatti. Ma gli sproloqui di Antonio Cassano restano agli atti, molto più del suo gol di ieri.
Mentre scriviamo son tutti lì a disquisire di biscotti
spagnoli o croati e di tattiche contro l’Irlanda. Quando leggerete, tutti
sapremo se l’Italia del calcio in macerie sia riuscita a restare negli Europei.
Ché nessuno lo dice, ma sembrerebbe già buon auspicio per la malferma salute
dell’Europa e della sua moneta. Ma il discorso vuol sorpassare la stretta
attualità e riavvolgere il nastro verso un ragazzotto dai capelli e spazzola e
dalla faccia butterata che, seduto davanti a un plotone di cronisti sportivi in
vena di pettegolezzi, ha detto un’immensa verità: se penso quello che dico. Sì,
lo sappiamo che, forte di un’ignoranza inalberata come vezzo da chi con un
calcio guadagna quanto un’intera generazione di plurilaureati, quel ragazzotto
ha solo invertito i termini. Se dico quello che penso, intendeva con aria
sorniona. Ma mai lapsus fu più rivelatore. Perché se penso quello che dico
potrebbe essere tatuato indelebilmente su un’intera categoria di persone. Ci si
potrebbe contestare che il ragazzotto barese, noto per le sue intemperanze in
campo e fuori, fosse perfettamente consapevole di ciò che stava dicendo. Lo
abbiamo visto e sentito tutti. Qualche notiziario (Rai) ha purgato la
dichiarazione, qualche altro l’ha mandata in tutta la sua rustica, volgare,
arrogante completezza. Richiesto se nella Nazionale italiana ci siano due
calciatori omosessuali, come rivelato dal sempre prodigo di outing Alessandro
Cecchi Paone, il ragazzotto ha inanellato il termine froci tre volte in meno di
due concetti. Prendendo le distanze, sia mai che il machismo professato a piene
mani prima di convolare a giuste e pacificanti nozze fosse messo in dubbio, e
concludendo che, se froci sono, il problema è tutto loro. Niente di nuovo sotto
il sole. Soprattutto se è un sole che batte su un prato striato di bianco e
percorso da frotte di maschi muscolosi, sudati e in mutande. Ai quali si chiede
di essere efficaci con i calci certo, ma soprattutto di ostentare fiumi di
denaro, cumuli di donne, abissi di ignoranza. Possono dire qualsiasi cosa.
Possono evitare lo sforzo di usare il cervello a tutto vantaggio dei
quadricipiti. Ma non possono distruggere il transfert del tifoso medio che in
quei muscoli scolpiti, in quella pelle sudata, in quelle ninfette esibite e
cambiate come e più delle maglie vede tutto ciò che avrebbe voluto essere e
avere. Non sappiamo se quanto affermato da Cecchi Paone, con il suo elenco di
omosessuali, bisessuali e metrosexual in maglia azzurra, abbia o meno un fondo
di verità. E non è questo l’importante. Quello che importa è che Antonio
Cassano è uno dei ventitré atleti chiamati a rappresentarci davanti all’Europa
e che il massimo che ha saputo fare è reiterare lo stereotipo del maschio
italico dal sorriso ribaldo, dal testosterone imbizzarrito e dall’ignoranza
certificata. Mentre pensa quello che dice, qualcuno l’avverta che perfino il
Billionaire ormai ha chiuso.
Laura Costantini
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