I libri non muoiono. Ne siamo convinte, nonostante tutto nel mondo editoriale italiano dica il contrario. I libri non muoiono. Fiume pagano, il nostro giallo romano è ancora acquistabile con pochi click, non solo, da qualche settimana è anche un e-book disponibile sul sito di Bookrepublic al comodo prezzo di 3,90 euro. Soprattutto, alla veneranda età di due anni (un'enormità per un libro di oggi), piace ancora. Quella che segue è la recensione che Michele di Marco (che l'ha pubblicata anche su Thrillerpages ci ha dedicato con un voto di 4 su 5. Mica male, no?
Quando, anche noi che la viviamo – e, personalmente, la
amiamo – da lontano, pensiamo a Roma, difficilmente riusciamo a separare il
presente dai ricordi della sua fantastica e ingombrante storia, anzi credo che
poche città come Roma intreccino così strettamente il proprio presente e
passato.
Ma credo che sia molto meno comune, probabilmente per l’incombente, e spesso
bellissima, presenza della Chiesa cattolica, dei suoi luoghi di potere e di
culto, il ricordo della religione pagana pre-cristiana, dei suoi riti e dei
suoi simboli, se non in quanto, ormai morti e confinati nel passato
remoto, sono all’origine di vestigia e
reperti archeologici e artistici.
Invece, Laura Costantini e Loredana Falcone (d’ora in poi
LauraetLory, come nel loro blog), scelgono di contrapporre alla modernità –
che, inopinatamente rispetto ai luoghi comuni, in questa prospettiva include
anche il cattolicesimo – un’improbabile, ma non del tutto inverosimile,
movimento neopagano a noi contemporaneo. E pongono questo scontro, con
originalità, come sfondo del loro intrigante giallo, una complessa vicenda in
cui l’inchiesta su una successione di assassinii seriali obbliga a ricercare e
riannodare le connessioni tra credenze, addirittura ideologie, e pratiche
religiose, che si perdono nel tempo remoto della romanità dei secoli passati, e
che riverberano i propri riflessi, e le proprie ombre, fino all’oggi.
Non basta essere “originali” o “creativi” per destreggiarsi,
come sanno fare più che bene le autrici, nell’intricato labirinto di storie, di
riti e simboli apparentemente incomprensibili, di drammi personali e familiari,
che diventa l’inchiesta condotta con diligenza, poi con crescente
partecipazione, dal luogotenente Vergassola.
Serve una profonda cultura, nel senso della competenza e non della pura erudizione, che permetta di riconoscere i riferimenti, di comprenderli e di collegarli per favorire la soluzione del rompicapo: e LauraetLory, che questa competenza mostrano di possederla, l’affidano al vero protagonista dell’indagine, Nemo Rossini , un romanissimo “redattore anziano di un giornaletto da diecimila copie”.
Serve una profonda cultura, nel senso della competenza e non della pura erudizione, che permetta di riconoscere i riferimenti, di comprenderli e di collegarli per favorire la soluzione del rompicapo: e LauraetLory, che questa competenza mostrano di possederla, l’affidano al vero protagonista dell’indagine, Nemo Rossini , un romanissimo “redattore anziano di un giornaletto da diecimila copie”.
A lui, che sa muoversi con la stessa efficacia e la stessa
simpatia (condivisa da chi legge) nel commissariato di Polizia e nei bassifondi
popolati dai barboni del letto del Tevere, spetterà l’incarico di condurci,
grazie al suo intuito e alle sue conoscenze, all’uscita di quel labirinto,
sapendo anche cogliere, con molta maggiore prontezza del poliziotto, gli indizi
che gli vengono offerti dall’evoluzione della storia che costituisce il secondo
filone del romanzo.
Ne è protagonista Monica, con la sua disperata ricerca del
padre perduto, il tentennare tra i due rivali che si contendono il suo amore,
la (quasi eccessiva, è forse un difetto del libro) capacità di calamitare
coincidenze, di essere occasionalmente presente in tutti i momenti in cui si
dipana una parte della matassa: intorno a lei, le autrici si divertono a
costruire una vivace corte di personaggi, alcuni poco più che comprimari, altri
più delineati (menzione speciale per la zia Nerina, che a me ricorda, con la
stessa simpatia e, se possibile, ancora maggiore bonomia, la Sora Lella dei
film di Verdone), tutti o quasi perfettamente funzionali all’economia della
trama, fino al suo finale ricco di effetti speciali drammatici (e non del tutto
sorprendenti, altro difetto), che però si stempera nell’esito contrastato delle
vicende di Monica, perché alla fine l’umanità del presente diventa più
importante delle conseguenze, gloriose o criminali, del passato.
Insomma, un bel giallo, che sfida le capacità di congettura
del lettore, portandolo alla soluzione, almeno parziale, ben prima del finale,
nel quale le autrici sanno delineare, senza confusione, due storie principali
convergenti, oltre a qualche rivolo minore.
Sullo sfondo di tutto questo, Roma, spesso ripresa nei suoi
angoli oscuri, ma anche pronta ad offrire i vivaci spaccati dei dialoghi in cui
Nemo sfrutta la propria vena popolaresca: una Roma mai prevedibile, che non si
limita a far da scenario alla velocità, quasi alla frenesia con cui tutti si
muovono nella parte del labirinto che è loro assegnata, anche se, nel solco
della sua millenaria esperienza, mantiene fermo il proprio fulcro, perché, alla
fine, si sa che “a Roma tutto cambia e solo il Tevere resta”.
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