domenica 3 giugno 2012

Una nuova recensione per FIUME PAGANO a più di due anni dall'uscita


I libri non muoiono. Ne siamo convinte, nonostante tutto nel mondo editoriale italiano dica il contrario. I libri non muoiono. Fiume pagano, il nostro giallo romano è ancora acquistabile con pochi click, non solo, da qualche settimana è anche un e-book disponibile sul sito di Bookrepublic al comodo prezzo di 3,90 euro. Soprattutto, alla veneranda età di due anni (un'enormità per un libro di oggi), piace ancora. Quella che segue è la recensione che Michele di Marco (che l'ha pubblicata anche su Thrillerpages ci ha dedicato con un voto di 4 su 5. Mica male, no?


Quando, anche noi che la viviamo – e, personalmente, la amiamo – da lontano, pensiamo a Roma, difficilmente riusciamo a separare il presente dai ricordi della sua fantastica e ingombrante storia, anzi credo che poche città come Roma intreccino così strettamente il proprio presente e passato. 
Ma credo che sia molto meno comune, probabilmente per l’incombente, e spesso bellissima, presenza della Chiesa cattolica, dei suoi luoghi di potere e di culto, il ricordo della religione pagana pre-cristiana, dei suoi riti e dei suoi simboli, se non in quanto, ormai morti e confinati nel passato remoto,  sono all’origine di vestigia e reperti archeologici e artistici.
Invece, Laura Costantini e Loredana Falcone (d’ora in poi LauraetLory, come nel loro blog), scelgono di contrapporre alla modernità – che, inopinatamente rispetto ai luoghi comuni, in questa prospettiva include anche il cattolicesimo – un’improbabile, ma non del tutto inverosimile, movimento neopagano a noi contemporaneo. E pongono questo scontro, con originalità, come sfondo del loro intrigante giallo, una complessa vicenda in cui l’inchiesta su una successione di assassinii seriali obbliga a ricercare e riannodare le connessioni tra credenze, addirittura ideologie, e pratiche religiose, che si perdono nel tempo remoto della romanità dei secoli passati, e che riverberano i propri riflessi, e le proprie ombre, fino all’oggi.
Non basta essere “originali” o “creativi” per destreggiarsi, come sanno fare più che bene le autrici, nell’intricato labirinto di storie, di riti e simboli apparentemente incomprensibili, di drammi personali e familiari, che diventa l’inchiesta condotta con diligenza, poi con crescente partecipazione, dal luogotenente Vergassola.
Serve una profonda cultura, nel senso della competenza e non della pura erudizione, che permetta di riconoscere i riferimenti, di comprenderli e di collegarli per favorire la soluzione del rompicapo: e LauraetLory, che questa competenza mostrano di possederla, l’affidano al vero protagonista dell’indagine, Nemo Rossini , un romanissimo “redattore anziano di un giornaletto da diecimila copie”.
A lui, che sa muoversi con la stessa efficacia e la stessa simpatia (condivisa da chi legge) nel commissariato di Polizia e nei bassifondi popolati dai barboni del letto del Tevere, spetterà l’incarico di condurci, grazie al suo intuito e alle sue conoscenze, all’uscita di quel labirinto, sapendo anche cogliere, con molta maggiore prontezza del poliziotto, gli indizi che gli vengono offerti dall’evoluzione della storia che costituisce il secondo filone del romanzo. 
Ne è protagonista Monica, con la sua disperata ricerca del padre perduto, il tentennare tra i due rivali che si contendono il suo amore, la (quasi eccessiva, è forse un difetto del libro) capacità di calamitare coincidenze, di essere occasionalmente presente in tutti i momenti in cui si dipana una parte della matassa: intorno a lei, le autrici si divertono a costruire una vivace corte di personaggi, alcuni poco più che comprimari, altri più delineati (menzione speciale per la zia Nerina, che a me ricorda, con la stessa simpatia e, se possibile, ancora maggiore bonomia, la Sora Lella dei film di Verdone), tutti o quasi perfettamente funzionali all’economia della trama, fino al suo finale ricco di effetti speciali drammatici (e non del tutto sorprendenti, altro difetto), che però si stempera nell’esito contrastato delle vicende di Monica, perché alla fine l’umanità del presente diventa più importante delle conseguenze, gloriose o criminali, del passato.
Insomma, un bel giallo, che sfida le capacità di congettura del lettore, portandolo alla soluzione, almeno parziale, ben prima del finale, nel quale le autrici sanno delineare, senza confusione, due storie principali convergenti, oltre a qualche rivolo minore. 
Sullo sfondo di tutto questo, Roma, spesso ripresa nei suoi angoli oscuri, ma anche pronta ad offrire i vivaci spaccati dei dialoghi in cui Nemo sfrutta la propria vena popolaresca: una Roma mai prevedibile, che non si limita a far da scenario alla velocità, quasi alla frenesia con cui tutti si muovono nella parte del labirinto che è loro assegnata, anche se, nel solco della sua millenaria esperienza, mantiene fermo il proprio fulcro, perché, alla fine, si sa che “a Roma tutto cambia e solo il Tevere resta”.

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