Andrebbero superati. Lo sappiamo tutti. Ma i luoghi comuni
non mentono. Anzi. Fotografano ciò che siamo e la direzione che stiamo
prendendo. Partiamo dalla televisione. Ormai da qualche anno Aldo, Giovanni e
Giacomo, il noto trio di comici, ha legato il proprio nome a un gestore
telefonico mettendo in scena spot che rimandano alla tradizione di Carosello.
Piccoli film, spesso a puntate, che raccontano e ci raccontano. L’ultimo in
ordine di tempo vede Giacomo nei panni di un cittadino rampante che arriva in
un agriturismo gestito da Giovanni e Aldo, rispettivamente nonno e nipote. I
due vestono camicione a scacchi e cappelli di paglia. Hanno le espressioni
argute e la parlata grezza che rimandano direttamente al vecchio detto: contadino,
scarpe grosse e cervello fino. Giacomo, invece, è il classico cumenda milanese
che, smartphone alla mano, si aggira tra animali e pozze di letame senza avere
alcuna consapevolezza della natura che lo circonda. Con le comiche conseguenze
che tutti sappiamo. La settimana scorsa un imprenditore agricolo ha scritto una
piccata lettera di protesta a un quotidiano nazionale, lamentandosi del modo
superficiale con cui viene presentata la figura del contadino. Un luogo comune,
appunto, che il lettore voleva sfatato citando il suo stesso esempio di persona
di cultura, anche tecnica, e perfettamente in grado di accedere a internet e
alla tecnologia degli smartphone. Si è guadagnato la risposta dello stesso
Giacomo che, invece, difendeva la scelta autorale, affermando che vittima del
luogo comune sarebbe stato il cittadino (cioè il suo personaggio), presentato
come incapace di rapportarsi alla campagna e preoccupato della presenza di
connessione wi-fi. Inutile chiedersi chi abbia ragione, perché ce l’hanno tutti
e due. La pubblicità è il regno incontrastato del luogo comune perché gioca su
meccanismi di identificazione. Passiamo alla radio. Se in tv si può giocare con
la suggestione delle immagini, in radio sono le parole le contano. Così gli
spot di questa o quella macchina sportiva, che sul piccolo schermo campano di
desolati nastri d’asfalto da percorrere a manetta nella campagna islandese, in
radio puntano sul sesso. Il motore è performante. La personalità (stiamo
parlando di un’auto) è scolpita. La città (che ha una suadente voce femminile)
chiede di essere posseduta. La strada (che sempre femmina è) vuole essere
dominata. L’immagine che ne deriva è quella dell’auto come propaggine della
virilità del conducente. Maschio, ovviamente. Così come per forza maschio deve
essere l’acquirente dei biglietti di una compagnia di traghetti (la cui pubblicità ha attirato giustamente le ire del Codacons) che collega
Napoli, messa in cartellone come una biondona in abitino bianco, a Catania,
un’erotica vedovella in gramaglie e cosce a vista. In mezzo, a confermare il
luogo comune imperante, un popeye in carne, baffi e pipa che le abbranca tutte
e due alla vita. Perché i marinai, si sa, ne hanno una in ogni porto.
Laura Costantini
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